Il procuratore Nicola Piacente saluta Como: «Tante le indagini su corruzione e frodi fiscali, ma questa provincia ha buoni anticorpi»

L’intervista Ultimo giorno di lavoro in Procura a Como per il capo, Nicola Piacente, nominato procuratore a Genova: «Dai cittadini comaschi mi aspettavo più collaborazione»

Corruzione, frode fiscale, scarsa collaborazione dei cittadini a denunciare episodi di intimidazione. La Como su cui ha lavorato per 7 snni Nicola Piacente, che da domani lascerà la guida della Procura cittadina, non è un’oasi felice.

Ha qualche rammarico nel lasciare la Procura di Como?

Ricordo, quando mi sono insediato, che feci un intervento estremamente breve di saluto, dicendo che quello fosse il tempo delle domande perché avevo necessità di impadronirmi di informazioni e dinamiche. E avevo concluso dicendo che le risposte sarebbero arrivate. Ecco: ho ancora tante domande da pormi. Sono stati sette anni in cui la Procura è stata attiva ed efficace? I cambiamenti apportati all’organizzazione dell’ufficio sono stati efficaci? Forse vado via con più domande di quando non sia arrivato.

Questo perché la realtà di Como, che molti considerano forse a torto un’oasi felice, sia più complessa di quanto si aspettava?

Penso che questi quasi 7 anni forse non sono stati sufficienti per poter metabolizzare una serie di dati sia interni che esterni all’ufficio. Ad esempio non so se le inchieste sui fenomeni criminali legati alla corruzione o a gravi evasioni tributarie, siano stati un deterrente sufficiente per fare in modo che analoghi episodi non si verificassero. Lascio a terze persone, spero siano giudici severi e imparziali, il bilancio finale di questo periodo che per me è stato sicuramente formativo. Lascio comunque un ufficio e un territorio che sul piano professionale mi ha insegnato molto.

Ha citato le inchieste sulla corruzione. In questi anni sono finiti sotto inchiesta non meno di una cinquantina tra professionisti, pubblici funzionari e amministratori per questo reato. Se lo sarebbe mai aspettato, al suo insediamento, un numero così alto?

Non sono arrivato con preconcetti o aspettative o visioni precostituite. Sono convinto che, purtroppo, fenomeni diffusi come la corruzione così come l’evasione tributaria non risparmino nessuna parte del nostro Paese. Non ritengo, purtroppo, che vi sia un’area immune da questi fenomeni. È stato importante impostare l’ufficio in modo da poter effettivamente intercettare la sussistenza di fenomeni come questi. In questi anni abbiamo voluto approfondire una serie di dati economici, in particolare situazioni debitorie e di insolvenza da parte delle società, e questo ci ha permesso di individuare i fenomeni criminali legati all’economia. Questo tipo di monitoraggio aiuta a intercettare reati e fatti criminosi.

Lei ha avuto spesso incontri pubblici e non solo con associazioni di categoria o realtà produttive del nostro territorio, per parlare appunto dei fenomeni criminali riscontrati. In questi incontri secondo lei la reazione sociale e imprenditoriale di Como, di fronte a queste inchieste, fa ben sperare oppure preoccupa?

Se la domanda è se Como abbia o meno gli anticorpi necessari perché determinati fenomeni siano compresi come negativi, quegli incontri mi fanno ben sperare. C’è un tessuto sociale e produttivo sano e di questo, in realtà, non ho mai avuto dubbi. Anche il riscontro positivo che la stampa locale ha dato di determinate inchieste, se effettivamente la stampa è un po’ l’espressione di una realtà territoriale, allora il feedback è sicuramente positivo. Non ho mai avvertito segni palesi di malumore né dalle pubbliche amministrazioni né tantomeno, ad esempio, dai consigli dell’ordine in cui qualche componente sia stato coinvolto in indagini penali. Sia nelle istituzioni che negli ordini professionali ho notato una voglia di essere maggiormente vigilanti su certi fenomeni.

Parliamo del palazzo di giustizia. Negli ultimi anni ci sono stati grandi problemi di organico, più in Tribunale che in Procura. E la carenza di giudici inevitabilmente comporta una ricaduta anche sul vostro lavoro. Ritiene che questo problema sia davvero peggiorato e sia reale?

Io ho notato che, nonostante la scopertura di organico, per le situazioni di maggiore urgenza, ad esempio per i casi di codice rosso, la tempestività dell’ufficio gip a dare risposte circa le richieste della Procura c’è sempre stata. Segno di grandissimo senso di responsabilità e capacità di saper individuare le priorità. Ma anche per i processi più complessi, soprattutto quelli a carico di detenuti, ha comportato tempi veloci di celebrazione. Ora, è vero che la scopertura di organico, ed esclusivamente questa, può effettivamente comportare un allungamento della durata dei processi per tutto ciò che esula dai procedimenti che richiedono urgenza. È un problema, ovviamente, ma è un problema di cui si deve far carico chi di dovere.

Un consiglio a chi la sostituirà.

Sarà sicuramente una persona più valida di me, che non avrà bisogno dei miei consigli. In ogni caso il consiglio è sempre quello: cercare percorsi condivisi, nell’organizzazione dell’ufficio. Poi il Procuratore sarà sempre solo, nella decisione finale. Ma una decisione il più possibile condivisa è senz’ombra di dubbio più virtuosa.

Infine, tempo fa lei aveva sottolineato come da parte dei comaschi certi reati non venivano denunciati e raccontati. Si aspettava un aiuto maggiore da parte dei comaschi?

Sì, in particolare faccio riferimento a episodi di intimidazione e a danneggiamenti che, più che la città, hanno riguardato altre aree del circondario. Una maggiore sensibilità da parte della popolazione sarebbe stata auspicabile sia per intercettare fenomeni, che ci sono, di criminalità organizzata. Sia per ricondurre determinati episodi, che potevano far pensare a fatti riconducibili a vicende di criminalità organizzata, a situazioni differenti. L’aiuto dei cittadini è indispensabile. Sempre. La Procura, da sola, non basta.

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