Truffa da 15 milioni contro la società di mutuo soccorso: la Procura ha scagionato l’ex sindacalista di Sagnino

L’indagine Armando Messineo era stato indagato nell’ambito di una indagine milanese. Decade l’accusa di avere tentato di “piazzare” obbligazioni lussemburghesi ad alto rischio

Armando Messineo, 72 anni di Sagnino, ex sindacalista della Cgil, è da ritenersi «estraneo alla vicenda» che gli veniva contestata visto che il rapporto con il gruppo cui viene imputata la truffa da 15 milioni di euro «era tenuto da un altro soggetto in maniera esclusiva e “clandestina”». In sostanza, dunque, Messineo «prese solo la parola nella riunione del Cda della società nazionale di mutuo soccorso Cesare Pozzo – di cui era presidente dal 26 maggio 2017 – nelle riunioni in cui venivano illustrati i termini delle operazioni».

La ricostruzione

Con queste motivazioni, la procura di Milano ha chiesto al giudice l’archiviazione della pesante accusa che gravava anche sul capo del comasco oltre a chiedere la cancellazione delle accuse pure per l’ipotesi di reato di falso in bilancio. È questa la svolta (comasca) nella vicenda che aveva riguardato una inchiesta della guardia di finanza di Milano nell’ambito di una presunta maxi truffa ai danni della Cesare Pozzo, storica società di Mutuo Soccorso con oltre 140 anni di attività alle spalle.

Messineo rimane ancora indagato per il capo A del fascicolo, quello che riguarda il reato associativo (con altri soggetti), e anche per una presunta ulteriore distrazione di capitali su cui tuttavia l’avvocato Simone Gatto non si arrende: «Dimostreremo a processo (udienza a febbraio, ndr) che anche le altre accuse mosse verranno meno, perché il mio assistito è una persona per bene come tutti a Como ben sanno». È indubbio comunque, fin da ora, che una parte pesante delle accuse (almeno per Messineo, non per altri indagati per cui la vicenda prosegue) viene a cadere, quella per cui erano anche state chieste misure cautelari e che parlava di due operazioni di acquisto di obbligazioni lussemburghesi ad alto rischio per un ammontare totale da 15 milioni di euro. Una delle attività che avrebbero portato – secondo l’accusa – al depauperamento della liquidità dell’ente con spese per di più «estranee ai fini istituzionali». Vicende accadute tra il mese di settembre del 2017 e il gennaio del 2018. Secondo la guardia di finanza, il Cda della Cesare Pozzo era stato indotto in errore nel corso delle riunioni finite al centro dell’attenzione degli investigatori, in quanto era stato presentato un quadro d’insieme «totalmente disallineato con la realtà dei fatti» in modo da convincere i partecipanti in merito alla bontà dell’investimento e alla sua remuneratività che era stata garantita nel 4%.

Anni di indagini

Un racconto da cui tuttavia erano stati tolti i passaggi del rischio di perdita di capitale legati a quell’investimento.

Ora però, dopo anni di indagini, emerge l’estraneità almeno per quello che era il presidente del Cda, Messineo appunto, per cui la stessa procura ha chiesto l’archiviazione. «Fa piacere lavorare con pm come i dottori Carlo Scalas, Giordano Ernesto Baggio e Cristian Barilli che di fronte ad indagini difensive importanti riconoscono la validità degli argomenti portati – ha commentato l’avvocato Simone Gatto, che assiste Messineo – Ora dimostreremo l’infondatezza anche delle altre accuse».

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