Baglioni “gigione”: il Sociale è suo. Maratona di note dove vincono tutti

Como Il cantautore romano ha conquistato il pubblico nel suo “Dodici note solo bis”. Tre ore e mezza di concerto per ripercorrere una carriera lunga oltre cinquant’anni

A due terzi di un concerto durato tre ore e mezza abbondanti (l’ultima nota è riecheggiata quando mancavano dieci minuti all’una), elegantissimo nel completo nero, si siede al pianoforte acustico.

Suona i primi accordi e accenna l’inizio di “Mal d’amore”. Ma la voce non lo assiste. Si ferma. Prova a ripartire. Invano. Si scusa: «Non riesco a superare questa impasse». Chiede un po’ d’acqua. Beve un paio di sorsi da una bottiglietta. E ricomincia. Come prima. Più di prima.

Una piccola, anzi minima, defaillance in una performance altrimenti mostruosamente perfetta. Ma è stato proprio quel momento di debolezza a rendere Claudio Baglioni ancora più umano, e perciò più vicino al suo pubblico.

Ritorno sul lago

Baglioni lunedì è tornato al Sociale di Como con “Dodici note solo bis”, tournee lunga cinquantamila chilometri («Diecimila in più della circonferenza dell’equatore», ha precisato con un pizzico d’orgoglio) battendo lo Stivale da Nord a Sud, con qualche escursione persino oltre confine (il 6 marzo sarà a Lugano). Quella in riva al lago è stata la tappa numero 146 di un tour infinito che lo vede sui palcoscenici sei giorni su sette (malanni permettendo). Una sequela di date che, insieme all’esperienza di quasi 55 anni di carriera, gli ha via via permesso di affinare i meccanismi dello spettacolo: poco o nulla è lasciato al caso.

Incantatore

Baglioni è un incantatore e sa bene quali tasti pigiare per irretire il suo pubblico: lo affascina, lo stuzzica, lo blandisce e persino lo punge, se gli garba. Come quando, sornione, se la prende con chi invece di ascoltare il concerto passa il tempo a riprenderlo con il telefonino: «L’emozione va consumata fresca», ha ammonito i comaschi dallo smartphone facile. O come quando rimprovera (ma con un malcelato affetto, lo si vede) chi lo aspetta al varco fuori dai teatri in piena notte, con qualsiasi condizione meteo, per rampognarlo: «Bravo, bravo... Ma “quella” (canzone) non me l’hai fatta...».

Gioca tra passato, presente e futuro, tempi rappresentati dai tre pianoforti sul tavolaccio (uno acustico, uno elettrico e uno digitale). Gigioneggia con il pubblico ripetendo un canovaccio recitato chissà quante volte, eppure rendendolo sempre nuovo, quasi fosse frutto di improvvise intuizioni. Un po’ attore, e un po’ anche spettatore (quanto gli piace duettare con il pubblico a colpi di frizzi e lazzi?), Baglioni è un artista totale. Fa ridere, fa riflettere. Fa commuovere. E fa sognare.

La selezione

Trentuno i brani sciorinati, frutto di una selezione in stile Miss Italia («Scrivo i titoli delle mie 350 canzoni su dei foglietti, li metto per terra, passeggio, li guardo uno a uno e dico: “Per te il concerto... finisce qui”. Oppure: “Per te il concerto... continua»). Dà ai fan quello che chiedono, evitando di stravolgere parole e musiche che ormai sono patrimonio comune (curioso però l’arrangiamento di un classico come “Io me ne andrei”).

La voce, con l’orizzonte dei 72 anni che si avvicina, resta impressionante. Certo, è assai più grave rispetto a quella degli esordi (o di quella immortalata nei dischi). Ma l’intonazione è sempre la stessa. E chi sfida Baglioni sul terreno delle ottave, sa già che finirà surclassato.

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