Eccola la famiglia del mulino... di Asso

Il racconto I Mauri da 270 anni si tramandano un pezzo di storia lariana. Per non dimenticare il valore delle tradizioni

Oggi sono Antonio, la moglie Ivana e i figli Giorgio e Gloria. Prima di loro, insieme ad Antonio, i fratelli Cesare e Ugo e prima ancora il papà Luigi - detto Gino “il murnée”, l’ultimo mugnaio di Asso al lavoro fino al 1984 - con la moglie Caterina Rusconi in Mauri.

Dal 1750 a oggi

Il Mulino Mauri, che prende il nome dalla famiglia che dal 1750 lo ha posseduto e tenuto attivo attraverso le generazioni, grazie alla passione dei discendenti è ancora in funzione, ma viene aperto solo in alcune occasioni particolari, come spiega proprio Antonio: «Nel nostro mulino accogliamo scuole e associazioni - come ad esempio il FAI, durante le cui giornate siamo aperti al pubblico - per attività didattico-culturali, così da far conoscere l’arte molitoria. Non c’è viandante o visitatore che non lo apprezzi e ci ripaghi dunque - in senso morale e affettivo - degli sforzi fatti negli anni per mantenere la struttura e recuperarla». La passione che il padre Gino ha messo in tutta la sua vita è stata trasmessa in particolare al figlio Antonio: «Mio padre ha lavorato fino al 1984, quando ha deciso di consegnare le licenze, dopo un periodo in cui ha dovuto allontanarsi per lavorare altrove.

A quell’epoca il mugnaio spesso era una figura polivalente, perché chi aveva altri lavori - dal meccanico al ciabattino - utilizzava il tempo libero tra una macinatura e l’altra per ingegnarsi in altri ruoli. In quegli anni poi l’economia ha subito grandi trasformazioni e la nostra attività, come altre, ne ha pagato le conseguenze. Prima di allora, però, era stata una realtà molto importante per tutto il territorio. Ci sono diverse immagini e cartoline d’epoca che lo raffigurano ancora nel pieno dell’attività: il mulino ha lavorato senza interruzione fino a poco dopo la seconda guerra mondiale e poi con mio padre. Quando, anche grazie al supporto di mia moglie e dei miei figli - che a loro volta si sono appassionati a questo mondo - io ho voluto dedicarmi alla ristrutturazione del mulino, le condizioni in cui si trovava non erano certo quelle attuali, per cui sono stato spesso considerato un folle. Dal 1995 ho lavorato a questo scopo, anche per recuperare gli alloggiamenti; è stato fatto tutto con le nostre forze e per questo ne parlo con orgoglio».

La voce di Antonio è carica di soddisfazione e a ragione:«Io da giovane giocavo a calcio e ad un certo punto ho smesso la carriera; i miei compagni di squadra venivano a trovarmi in quello che allora era un cantiere e a loro raccontavo il mio progetto e la visione della struttura del mulino, nella cui parte interna volevo realizzare anche l’abitazione; notavo il loro scetticismo, che più avanti mi hanno confessato, ma ho voluto andare avanti. Quando, come me, si ama la famiglia e la realtà a cui si appartiene, si trova la forza per combattere contro le problematiche quotidiane. Sono felice di aver trasmesso ai miei figli l’amore per questo luogo, che è da anni amato e apprezzato anche da schiere di amici e conoscenti; quando ero giovane io - erano gli anni Sessanta - la situazione era molto diversa e molte comodità mancavano, per cui io vivevo con un pochino di vergogna alcuni disagi».

Da qualche anno la prospettiva si è ribaltata: «E ne sono felice - dice - perché “bello fa bello”: la nostra casa è sempre aperta e piena di persone che ci vogliono bene». Anche all’esterno la sensazione traspare netta: scuole, gruppi di adulti, appassionati e curiosi chiedono di poter visitare il Mulino e così Antonio Mauri e i suoi familiari ne spiegano il funzionamento e le strutture originali che servivano per la macinazione del grano: setacci, palmenti, tramoggia, buratto e cassette per la raccolta; ancora oggi può capitare di sentire il suono della campanella, un originale allarme inventato dal Mugnaio per sapere che il sacco è oramai vuoto. Per il territorio stesso il mestiere è stato fondamentale, tramandato da padre in figlio con i segreti di ciascuno per la macinatura dei cereali, soprattutto il mais. L’importanza era tale che i contadini della zona, quando portavano il mais o il raro frumento al mulino, non lo perdevano di vista un solo istante - e addirittura ci si addormentavano sopra - aspettando il loro turno per la macina.

Ancora in funzione

Oggi il Mulino , a dispetto dei suoi trecento anni di età - lavora ancora senza alcuna fatica perché tutti i Mugnai che lo hanno abitato lo hanno trattato con il rispetto dovuto, dedicandogli ogni cura necessaria, proprio come ha fatto la famiglia Mauri.

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