I ragazzi della Valle d’Intelvi, dove lo sport
(non) fa comunità

L’allarme Il caso degli studenti residenti nell’Intelvese costretti a rinunciare all’attività sportiva: ecco perché

«Penalizzati dalla logistica e poco valorizzati a scuola, i ragazzi delle valli comasche stanno abbandonando lo sport».

Un grido d’allarme arriva dalla Valle d’Intelvi, da un cosiddetto “addetto ai lavori”. Un papà prima di tutto, ma anche allenatore di due squadre femminili e responsabile del settore volley della Lariointelvi, società che abbraccia tutta la zona di San Fedele e dei Comuni limitrofi. Ma è un grido a 360 gradi, che rimbomba in uno dei territori più belli della provincia, ma anche così poco predisposto alla realizzazione di quegli impianti sportivi di cui, invece, ci sarebbe un gran bisogno.

Andrea Toretti da molti anni allena le ragazze – l’Under 18 e la prima squadra in Terza divisione - della Lariointelvi, società sportiva frequentatissima dai giovani della zona, punto di riferimento per il calcio e il volley: un club che ha il chiaro obiettivo di permettere la pratica sportiva ai giovani del territorio.

Una sconfitta per tutti

«Il problema – osserva Toretti – è che tanti ragazzi, quando cominciano a frequentare gli istituti superiori a Como, non riescono a conciliare sport e scuola, per via di orari impossibili e di carichi di studio poco compatibili con un’attività sportiva a livello agonistico. E si verifica, ormai da tempo, il fenomeno dell’abbandono dello sport: è una sconfitta per tutti».

Altra osservazione del dirigente è la poca considerazione che ha la scuola per il tema dello sport: «Vedo cosa succede alle ragazze che alleno. Chi fa sport non è valorizzato, nemmeno nei crediti formativi. Però per le ragazze del lago e della valle, andare a scuola e praticare uno sport comporta sacrifici notevoli: le nostre si alzano alle 5 del mattino e tornano alle 5 del pomeriggio a casa. Vengono in palestra e poi studiano fino a mezzanotte. Una pari età di Como e limitrofi invece ha più tempo per impegnarsi nei due ambiti».

Da allenatore, ha potuto registrare molti abbandoni per questi e altri motivi: «Vedo carichi di lavoro a casa sempre maggiori per le mie atlete-studentesse. Alcune magari non si allenano per un po’ e alla lunga abbandonano. Viene sempre prima la scuola, ma se si lascia lo sport si perde un’occasione di vita per crescere bene». Il quadro è reso ancor più complicato dalla pandemia. Che ha influenzato anche le scelte in ambito sportivo: «Solo io ho avuto un paio di casi di ragazze che hanno avuto conseguenze serie dal virus. Non appena ho potuto, ho allestito un campo all’aperto per poter riprendere l’attività. Che non è solo sportiva, perché abbiamo organizzato una tombolata per adottare a distanza due ragazzine in Kenya. Si cerca anche di andare oltre allenamenti e partite».

Il nodo delle strutture

Un altro problema sono le strutture. A San Fedele c’è una sola palestra che deve ospitare partite e allenamenti per tutte le squadre. Il paradosso è che le iscrizioni alla pallavolo sono state quasi da record e non ci sono abbastanza spazi per tutti: «Siamo addirittura riusciti ad allestire una Under 17 maschile, una rarità, che dovrà fare il campionato nel girone con squadre varesine e valtellinesi. Avremmo anche la possibilità di allestire un’altra squadra, ma non abbiamo lo spazio fisico e orario per farla allenare». Un boom che si spiega (anche) con un altro problema tutto intelvese, ossia la chiusura da tre anni della piscina di San Fedele: «Tanti giovani che praticavano nuoto, non potendo più farlo, si sono tesserati da noi».

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