Il lavoro sui terreni confiscati e la testimonianza di chi ha perso tutto a causa della mafia «Ecco il mio volontariato antimafia a Scampia»

La storia Diciottenne di Menaggio, Giulia fin dalle medie trascorre le sue vacanze nelle terre confiscate alla criminalità organizzata

Dai campi di Libera a quelli di Scampia, cuore a cuore con i familiari delle vittime innocenti delle mafie, perché la memoria di chi non c’è più non venga mai cancellata.

È un’esperienza tanto forte quanto arricchente quella vissuta da Giulia Capone, 18enne di Menaggio e studentessa al liceo linguistico “Paolo Giovio” che, da anni, vive con entusiasmo il mondo del volontariato, i rapporti umani che ne nascono, ma anche il tema della criminalità organizzata. Merito, in parte, anche della grande sensibilità che la famiglia ha sempre avuto verso la tematica e che, Giulia, ha saputo fare sua. «Già quando ero molto piccola, i miei genitori mi hanno portato con loro in luoghi e da persone legate a questo mondo – racconta – Sono stata nei quartieri di Peppino Impastato, per esempio, di cui i miei, in passato, hanno conosciuto la madre. Siamo stati anche alla Pizzeria Impastato di Cinisi. Abbiamo sempre acquistato e acquistiamo tutt’ora arance prodotte in terreni confiscati. In casa è sempre stato un tema sentito». Anche per questo motivo, fin dalla tenera età, la studentessa di Menaggio si è interessata alle opere letterarie e cinematografiche legate alla mafia. Ha letto “Bacio feroce” e “Gomorra” di Roberto Saviano e visto film come “La mafia uccide solo d’estate” e “I cento passi”.

Il primo campo in terza media

Così, quando alla fine della terza media si è presentata la possibilità di partecipare a uno dei campi organizzati dall’associazione “Libera”, non ha esitato a mettersi in gioco. «Sono andata con Lisa, una mia cara amica. I campi di Libera durano una settimana e si tengono su beni confiscati alla mafia, tra lavori manuali e incontri di formazione. Siamo state a Partinico, vicino a Palermo, ed è stata un’esperienza che non ci aspettavamo. Al di là della vita di comunità e della possibilità di conoscere il posto, abbiamo avuto modo di sentire la testimonianza dei familiari di un ragazzo ucciso per uno scambio di persona, che è stata molto toccante. Un altro incontro è stato con la moglie di un agente della scorta, morto in seguito a un attentato. Ciò che mi ha colpito del suo racconto è che spesso, poi, le persone si ricordano di chi veniva protetto, ma difficilmente di chi lo proteggeva. Trovo giusto, invece, che vengano messi sullo stesso piano».

Una settimana che ha fatto breccia nel cuore di Giulia e dell’amica Lisa. L’anno dopo, infatti, hanno deciso di intraprendere un secondo viaggio, sempre con “Libera”, ma questa volta a Ottaviano, in provincia di Napoli. «In quel caso è stato più un campo di lavoro – ricorda – Eravamo su un terreno confiscato da poco alla camorra, che necessitava di grande manutenzione. Abbiamo aiutato a coltivarlo e a raccogliere la frutta. Non sono mancate le testimonianze ma, a suo modo, anche questa parte è stata arricchente. È bello vedere la gioia e la soddisfazione delle persone del posto nell’essersi riappropriate di un appezzamento che è stato in mano alla mafia e aiutare a dargli nuova vita». È stato l’ultimo viaggio con Libera, ma non l’ultima forte esperienza di vita.

Passato il periodo della pandemia di Covid-19, che l’ha costretta a uno stop forzato, ha deciso di partire per Scampia, quartiere napoletano profondamente segnato dalla criminalità organizzata. Tutto è nato dalla frequentazione del Gruppo Legami di Como, di cui Giulia fa parte da diversi anni, e da una proposta di Padre Carlo Salvadori, saveriano e guida spirituale dei giovani volontari. «Mi ha chiesto di fare il Capodanno 2022 ad un campo nella Casa Arcobaleno, che si occupa di attività di sostegno ai bambini meno fortunati. Io non ero molto dell’idea, avrei preferito andare a una festa, ma i miei genitori mi hanno convinta, per fortuna. Non è stata un’esperienza strettamente legata alla mafia, ma ho potuto vedere le difficoltà affrontate da chi vive nel quartiere, anche a causa della criminalità. L’attività più toccante è stata la visita ad un campo rom: ho visto bambini che non sono mai usciti dal loro recinto, che non parlano italiano e non conoscono i giochi che tutti noi facciamo da piccoli. Per la prima volta, forse, mi sono sentita in dovere di fare qualcosa e in grado di poter dare loro una mano concreta».

Ritorno a Scampia

E così, a quello di Capodanno, sono seguiti altri due viaggi a Scampia: uno in estate e un altro a fine 2022. Durante i giorni trascorsi in Campania, Giulia ha avuto modo di fare attività di animazione con i bambini rom, ma anche di imparare cose nuove, attraverso le immancabili testimonianze e visite. Tra queste, anche quella all’Albero delle storie, spazio di gioco, studio e ascolto per bambine e bambini di Scampia, fondato da Davide Cerullo, scrittore, fotografo ed educatore fuggito all’esercito della Camorra per trasformare il suo passato nella criminalità in attività di supporto al proprio quartiere. Tutte pietre che, una dopo l’altra, hanno tracciato un sentiero che Giulia intende seguire.

«Grazie a questi campi ho maturato l’idea di fare un anno di servizio civile – conclude la giovane volontaria – L’università aspetterà. Io desidero fare qualcosa per chi ha bisogno di me. Ho il colloquio in questi giorni: speriamo in bene».

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