La laurea a 78 anni? Il sogno di una vita

La storia Maria Sombre ha discusso a metà ottobre all’Insubria una tesi sull’immigrazione italiana in Argentina

00:31

«Questo è il momento più felice della mia vita». Più di qualsiasi altro, davvero? «Sì, anche più della nascita dei miei figli, perché io sono stata molto fortunata: avere figli per me è stato naturale, così come innamorarsi e sposarsi - racconta Maria accarezzando la guancia del marito Roco, che è rimasto con lei dall’immatricolazione in università fino al momento della sua proclamazione a Dottoressa - la laurea invece è frutto di una grandissima forza di volontà e questa è stata tutta mia».

L’immigrazione italiana in Argentina: un’epopea

Non ha dubbi Maria Sombre sul fatto che questo momento, anche se vissuto con la sua numerosa famiglia al fianco, sia completamente suo. Lo sa mentre siede a testa alta nella platea di laureandi e laureande dell’Insubria, aspettando pazientemente il suo turno. «Ho scritto una tesi sull’immigrazione italiana in Argentina (il titolo è “L’immigrazione italiana in Argentina: un’epopea”) perché ho vissuto a Buenos Aires per metà della mia vita e sono stata testimone dell’arrivo di tanti immigrati italiani nel secondo dopo guerra. Ho visto con i miei occhi il sacrificio che hanno fatto per ricostruire la loro vita, la creatività che avevano. Ricordo anche alcuni dei loro nomi: Carmelina, Rosita, Maria. Questa tesi è un omaggio a loro».

E proprio con lo stesso orgoglio che trasuda da queste parole, Maria ha pronunciato il suo discorso di tesi davanti alla commissione riunita nell’aula magna della sede di Sant’Abbondio. «Credo di essermi emozionata mentre parlavo - si sminuisce ridendo - l’emozione era davvero tanta».

«Frequentare le lezioni in presenza è stato uno choc all’inizio, ma nelle aule ho scoperto una gioventù bellissima»

Che è poi il sentimento comune a tanti giovani studenti alle prese con il giorno più bello della loro vita universitaria, ma per Maria la lotta contro quel senso di inadeguatezza che talvolta si prova parlando di fronte a un professore ha radici ancora più profonde. «Frequentare le lezioni in presenza per me è stato uno choc, ma le altre studentesse mi hanno aiutata tantissimo - spiega dopo aver salutato qualcuna delle sue compagne di percorso universitario- Non era facile confrontarsi con tutti questi giovani, ma ho ricevuto molto più affetto di quanto mi aspettassi. Stando in queste aule ho scoperto una gioventù bellissima, che si sacrifica in nome dello studio».

«Il mio primo ricordo dell’università? Senza dubbio Alessandra, una ragazza che ho conosciuto durante il secondo giorno di lezioni: ero spaesata e lei giovanissima, poteva essere mia nipote - ricorda Maria - eppure appena si è accorta del mio stato d’animo mi ha dato il suo numero e mi ha detto “Se hai bisogno, chiamami” e così è stato. Non la dimenticherò mai».

Studentessa lavoratrice: Maria ripassava i verbi irregolari sbucciando patate nel suo ristorante argentino

Maria è stata per tutto il suo percorso universitario studentessa di Mediazione interlinguistica e interculturale per metà del tempo e per l’altra metà cuoca di un amatissimo ristorante argentino a Prestino, il “don Segundo Sombra”, aperto 22 anni fa. Come far conciliare studio e lavoro? L’eterno dilemma di tante generazioni di studenti-lavoratori, una tradizione in cui la protagonista di questa storia, nonostante la fatica, si è inserita con gioia e infatti ride mentre spiega le sue tecniche per far convivere le due Maria: «Attaccavo alla parete della cucina i verbi irregolari in inglese e mentre sbucciavo patate e cipolle li ripassavo. Quanta fatica che ho fatto, ma era il mio sogno più grande».

E i sogni per questa giovane settantottenne sono diventati finalmente realtà: glielo si legge negli occhi mentre sua figlia - che durante la discussione di tesi della si è emozionata fino alle lacrime - le posa sulla testa la corona d’alloro e lei, con le gambe ben salde, cammina verso la commissione d’esame, tra cui spicca il volto benevolo del professor Barriuso, docente di lingua spagnola 2 all’Università Insubria, che ha seguito Maria lungo tutto lo svolgimento di questa tesi, frutto di un’esperienza di vita vissuta a metà, tra Buenos Aires e Como.

«Volevo raccontare la storia di queste persone che sono arrivate in una terra nuova e hanno saputo amarla, coltivarla e trarne buoni frutti»

«Quando è venuto il momento di scegliere il tema della tesi avevo molto materiale in testa, tratto dalla mia esperienza diretta, ma poi ho dovuto consultare anche moltissimi libri. Volevo proprio raccontare la storia di queste persone che sono arrivate in una terra nuova, una terra di cui sapevano alla perfezione coltivare e amare i frutti, trasformandoli in cibo delizioso: gli immigrati italiani hanno insegnato a noi argentini che siamo carnivori a mangiare e apprezzare la verdura. Ma oltre alla mia esperienza personale, in questa tesi mi sono chiesta soprattutto quale sia stato il significato di questa immigrazione italiana anche in riferimento a quanto ci è stato raccontato dalla poesia etnica argentina».

E nonostante il timore di Maria non aver detto abbastanza, la commissione intera ha applaudito, perché non c’è una singola persona che il 18 ottobre, nell’aula magna dell’Insubria, non abbia provato ammirazione per questa donna che ha attraversato l’oceano per arrivare a Como e che qui ha coronato il sogno della sua vita, senza fermarsi di fronte a nessun ostacolo.

La laurea che Maria ha stretto tra le mani, dopo essere stata proclamata finalmente Dottoressa, è un traguardo raggiunto con le sue sole forze, ma senza mai essere sola: lo ha dimostrato la presenza della sua famiglia di figli e nipoti trepidanti per questa moglie, mamma, nonna incredibile. «Ora che la nonna si è laureata - confessa una delle nipoti - è un esempio anche per noi: non saremo da meno».

© RIPRODUZIONE RISERVATA