La “maestra” comasca nella terra di Montalbano: «Ridiamo le parole ai bambini»

Dal Lario al Mediterraneo Simona Trombetta ha creato un’oasi per minorenni in difficoltà. La Casa gialla sul molo di Sampieri, in Sicilia, ha il sapore della tenacia con la forza dei sogni

«Se una persona non è padrona delle parole, non è padrona della propria vita». Dietro la montatura nera degli occhiali, Simona Trombetta porta sempre con sé l’immagine del suo Mediterraneo. Di quel mare che, alcuni anni fa, l’ha rapita e strappata al resto del mondo. Ed è in riva a quel mare, tra i pescherecci e il molo di Sampieri, che Simona ha incontrato la persona che le ha cambiato la vita, tanto da ideare un progetto, anzi un luogo, che aiuta gli altri a cambiare i loro destini: “La Casa Gialla sul Molo”. Un doposcuola. Di più: un punto di riferimento. Di più: un progetto di tenacia. Di più: un sogno, capace di farsi realtà.

L’incontro che cambia una vita

«Alle cinque e mezzo del mattino, a Sampieri (piccolo paesino del Ragusano ndr) l’unico posto in cui c’è un po’ di vita è il molo. E su quel molo, tutte le mattine, c’era questo bambino. Eravamo stranieri tutti e due - racconta Simona Trombetta, professoressa universitaria originaria di Como, cresciuta a Tavernerio - Io non capivo il dialetto siciliano. Lui non parlava italiano. Mi aiutava a scendere dal peschereccio, con cui uscivo ogni giorno, e poi ci mettevamo a smagliare il pesce» ovvero a toglierlo dalle reti. «E così abbiamo iniziato a parlarci: reti, mare, polpo, seppia, casa, barca...». Per quel bimbo, origini albanesi, il papà impiegato nelle serre dei pomodori di Pachino, quelle donate da Simona sono le prime parole che impara.

«Da lì i bambini sono aumentati. Prima due. Poi cinque. Fino a nove - ricorda Trombetta - A questo punto mi hanno chiesto se potevo aiutarli a fare i compiti al pomeriggio». E così è iniziato tutto. Ma prima di raccontare quel tutto, vale la pena spiegare la realtà in cui quest’angolo di sogno è nato. La terra di Montalbano non è solo sapori, colori, storia, barocco. È anche, e in certe zone soprattutto, sfruttamento, mafia, emarginazione. A Sampieri vivono moltissime famiglie di migranti, impegnati nelle serre dove si coltivano i pomodori che troviamo poi - tutto l’anno - sulle nostre tavole. Un lavoro duro. Lungo. Poco pagato. E così i figli si ritrovano soli per ore interminabili. In balia, spesso, dei criminali che provano a usarli soprattutto per lo spaccio di droga.

La Casa Gialla prende ispirazione dall’omonimo dipinto di Van Gogh: «Ciò che sognava il pittore - si legge nella presentazione dell’associazione - era che con il tempo la sua casa si trasformasse in una comunità di affetti, che divenisse un crocevia di individui e di storie diverse, capaci di crescere insieme, sostenersi, arricchirsi e imparare sempre cose nuove»

Ecco, dunque, che una realtà come La Casa Gialla sul Molo diventa un’oasi di speranza. Di tenacia. Di resistenza. «I bambini vengono da noi poco dopo le 14 e restano fino a tardo pomeriggio. Attualmente ce ne sono 35 dai sei anni fino alla seconda liceo» spiega Simona. La Casa Gialla, il cui nome prende ispirazione dall’omonimo dipinto di Van Gogh («ciò che sognava il pittore - si legge nella presentazione dell’associazione - era che con il tempo la sua casa si trasformasse in una comunità di affetti, che divenisse un crocevia di individui e di storie diverse, capaci di crescere insieme, sostenersi, arricchirsi e imparare sempre cose nuove»), è diventata così un rifugio sicuro. Un luogo del cuore.

Quei bambini difficili

«I bambini arrivano e si mettono a fare i compiti, con il nostro aiuto - prosegue Simona Trombetta - Ricordo di questo bambino che, rispetto a tutti gli altri, aveva tantissimi compiti da fare. Un giorno gli ho detto: “Ma perché le maestre ti danno tutto questo lavoro a casa?”. Allora lui mi ha confessato: “Mi invento i compiti, perché se finisco presto devo andare a casa... e a casa sono da solo e non voglio restarci”».

«Stiamo cercando di aiutare una famiglia nordafricana a far arrivare i due figli, minorenni, che ancora sono in Patria. Loro si trovano in Italia perché una bimba è malata e dev’essere operata a Bergamo. Ma la lontananza degli altri figli è un tormento, ovviamente. Quando si è aperta la possibilità di farne arrivare almeno uno, la mamma mi ha avvicinata e mi ha chiesto: “Maestra, aiutami a scegliere quale figlio portare qua...”»

Ci sono bambini italiani, bambini nordafricani, tantissimi bambini albanesi: «Arrivano tutti e ne sono felice. Temevo, inizialmente, che potesse essere vissuto un po’ con il sapore del ghetto, ma poi tutte le famiglia di Sampieri hanno iniziato a mandarci i figli». Bambini e ragazzi spesso con problematiche, spessissimo complicati: «I bimbi più difficili - rivela Simona - sono quelli che ti entrano di più nel cuore. Il grande lavoro da fare, qui, è smontare quei meccanismi ormai consolidati. Ad esempio pensare che se racconti quello che succede, sei per forza una spia». Le storie di riscatto aiutano ad andare avanti. Ma c’è anche tanto altro: «Stiamo cercando di aiutare una famiglia nordafricana a far arrivare i due figli, minorenni, che ancora sono in Patria. Loro si trovano in Italia perché una bimba è malata e dev’essere operata a Bergamo. Ma la lontananza degli altri figli è un tormento, ovviamente. Quando si è aperta la possibilità di farne arrivare almeno uno, la mamma mi ha avvicinata e mi ha chiesto: “Maestra, aiutami a scegliere quale figlio portare qua...”».

La brezza del mare non sceglie quali racconti portarti. Ma, almeno, sa consolarti quando la storia che sceglie per te suona dura come una mareggiata.

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