«Lavorare sugli adulti violenti, solo così si tutelano i più deboli»

Lo psicologo Positivo il bilancio del lavoro svolto in questi sette anni sui fondamentali delle relazioni affettive: «Riconoscere e gestire la rabbia»

Gruppi consolidati con un ricambio continuo, persone che si mettono in discussione, fiducia nel percorso fatto. È positivo il bilancio dello “Spazio per uomini che vogliono cambiare”, un servizio che da ormai sette anni, a Como, vede in prima linea lo psicologo e psicoterapeuta Luigi Castelli nella prevenzione dei comportamenti violenti da parte degli uomini nei confronti delle donne.

«Il primo obiettivo è la tutela delle donne e dei minori – precisa Luigi Castelli – un obiettivo che può essere conseguito anche con il lavoro sugli uomini che hanno agito comportamenti violenti».

Tutti i lunedì pomeriggio i gruppi si ritrovano per dialogare con Castelli e un’operatrice. Dopo un primo colloquio, chi decide di restare (la media è di sessanta su cento) per sei mesi lavora sui fondamentali delle relazioni affettive.

«L’esperienza ci dice che il rischio di recidiva è molto alto se chi ha agito la violenza non intraprende un percorso di consapevolezza di quello che è accaduto rispetto alla gestione della rabbia e alla relazione di coppia, se non si interviene si riprodurranno nelle nuove relazioni le stesse dinamiche che hanno portato alla violenza. Mesi dopo la conclusione del percorso, i monitoraggi e le valutazioni finali ci dicono che il rischio di recidiva della violenza fisica è pressoché azzerato. Il fatto che persone che hanno compiuto atti violenti, subìto un giudizio e una pena, abbiano la possibilità di condividere sei mesi della loro vita una volta alla settimana è unico, perché sono persone spesso sole, senza una rete sociale di riferimento, che non condividono emozioni e vissuti, arrivando ad assolutizzare certe posizioni. Per loro raccontarsi a degli specialisti può rappresentare una svolta».

Molti di questi uomini arrivano nello studio di Castelli perché obbligati da una sentenza, per poi capire che il percorso è importante e utile. «Noi non abbiamo una posizione giudicante – continua Castelli - ci portano i loro pezzi di storia e partendo da lì c’è condivisione e conoscenza, la svolta è mettere in pratica riflessioni e comportamenti diversi, riconoscere e gestire la rabbia anticipando l’accumulo, usando la strategia del “time out”: strumenti molto pratici che mettono in sicurezza situazioni a rischio. Questo ce lo raccontano, ci dicono che ha funzionato, che la tensione è svanita e che sono riusciti a parlare con le compagne in un contesto diverso. Si danno la possibilità di ricostruire un rapporto oppure prendono consapevolezza di essere dentro una relazione tossica e disfunzionale che porta sofferenza a entrambi. Quando comprendono quali sono le basi di un rapporto di coppia ci dicono “abbiamo capito che non c’erano le condizioni di proseguire e abbiamo deciso insieme di interrompere”. Sono passaggi che arrivano da una sollecitazione, una frase, un pensiero... c’è come uno switch improvviso, appare un nuovo scenario, è un cambiamento incredibilmente significativo».

L’altro tema delicato è il rapporto con i figli, molti padri hanno decreti di allontanamento, una condizione vissuta in termini persecutori: «Lavoriamo per far comprendere che non è così che anche in un contesto protetto può esserci una dimensione generativa in vista di un riavvicinamento e di un riappropriarsi delle competenze genitoriali» spiega Castelli.

Lo “Spazio per uomini che vogliono cambiare” ha dimostrato l’importanza di lavorare sulla relazione, non polarizzandosi su maschile e femminile, superando pregiudizi e posizioni rigide. Una dimensione che va alimentata e fatta crescere fin nelle scuole.

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