«Le nostre ferie? Ad aiutare l’Ucraina»

L’esperienza Da Maccio a Kharkiv, città nel mirino dei russi. Cibo, giochi, sorrisi e vestiti: «Tra accoglienza e fraternità»

«Abbiamo percorso un’autostrada a tre corsie, immensa e vuota. Ci siamo fermati a prendere un caffè e le persone ci chiedevano: “Perché state andando a Kharkiv?”». Recarsi nella grande città dell’Ucraina Nord Orientale, obiettivo primario della campagna d’aggressione russa, non è da tutti. Ma la spedizione, capitanata dalla parrocchia di Maccio, dopo diversi viaggi in Ucraina per portare cibo, medicinali, conforto e solidarietà, ha deciso di “osare” e ha raggiunto uno degli epicentri della guerra.

«Il primo viaggio solidale – racconta Giambattista Mosa – è stato organizzato a marzo. Ci siamo recati in Polonia: avevamo con noi generi alimentari e medicine. Poi, al ritorno, abbiamo portato cinque profughi, ospitati poi in parrocchia». In quel periodo, molte “tradotte” umanitarie lariane facevano tappa nei centri di accoglienza vicino al confine, per esempio Chelm o Przemlys.

Grazie ai canali social, Mosa è riuscito a mettersi in contatto con padre Ihor Boyko, rettore del seminario greco cattolico dello Spirito Santo: «Dopo la caduta del muro – aggiunge – è rimasto 16 anni a Roma, quindi parla perfettamente italiano. Abbiamo cominciato a costruire dei rapporti solidi con lui. Tanto che siamo stati i primi, con tre furgoni carichi di aiuti, a raggiungere Leopoli e a fermarci cinque giorni. Ospitava 80 profughi in arrivo da Kyiv e Kharkiv». Rientrati in Italia, la settimana successiva il gruppo è ripartito. Il legame non si è mai interrotto, anzi. Sono stati predisposti a maggio e giugno diversi viaggi. Però, l’idea era raggiungere Kharkiv, città e territorio al centro delle mire dello stato maggiore russo.

Così, il 19 agosto, Giambattista Mosa, Nicola Gini, Franco Cappelletti, Carmelo Pellicanò, Emanuele Roncoroni, Vito Cantore, Marco Turconi, provenienti da Olgiate Comasco a Villa Guardia e da Cantù a Como, hanno caricato tre furgoni con tre tonnellate e mezzo di cibo, prodotti per l’igiene e medicinali e sono partiti. La prima tappa è stata Leopoli: alla comitiva si sono aggiunti padre Boyko e Marco Rodari, detto anche “Il Pimpa”, il clown che fa dimenticare la guerra ai bambini.

«Ci siamo fermati una notte e la mattina siamo partiti per andare nella capitale – racconta Mosa – lì, una volta arrivati nel pomeriggio, abbiamo deciso di visitare piazza Maidan. Dopo aver dormito nel seminario cattolico, siamo partiti alla volta di Kharkiv. L’autostrada a tre corsie, immensa, era vuota. Ci siamo fermati a bere un caffè e le persone ci chiedevano cosa andassimo a fare lì. Nel tragitto, abbiamo incrociato diversi posti blocco e, ai lati delle carreggiate, si notavano le trincee».

Il gruppo, arrivato alla chiesa di San Nicola taumaturgo, ha incontrato il vescovo Vasyliy Tychapets e padre Onofrio. Un altro centro nevralgico per l’organizzazione degli aiuti è la chiesa di San Demetrio, grazie al vescovo Ihor Isichenko. «Mi è rimasto impresso un episodio – spiega Franco Cappelletti – quando siamo arrivati la mattina pioveva. Fuori, c’era già la fila per prendere il numero e ritirare in tarda serata il cibo. In mezza giornata, abbiamo distribuito il nostro carico a 1100 persone. Mi ha ricordato le immagini viste durante le due guerre mondiali. A così tanti anni di distanza, nulla sembra cambiato».

Il gruppo è stato ospite due notti a casa di una signora ucraina, Natalia: «Ha perso il marito due mesi prima in guerra – spiega Mosa - Con tanta dignità e sofferenza lei e i suoi due figli ci hanno preparato la cena. Alle 22.30 bisognava spegnere la luce e, in sottofondo, arrivavano i rumori dei bombardamenti. Prima si sentivano i latrati dei cani, poi arrivavano le esplosioni: alle 2.30 una fortissima ci ha svegliato». I boati sono incessanti: «Abbiamo visto i mercati bruciati, i ferri contorti, un intero quartiere di case popolari distrutto dai bombardamenti. Si tratta di obiettivi civili, non militari. Anche i volontari rischiano: una loro macchina era interamente crivellata di colpi».

La Caritas comasca ha contribuito con generose offerte alla missione umanitaria, partecipando all’acquisto di medicinali e alle spese del carburante, oltre a versare un contributo economico alla parrocchia di San Nicola taumaturgo. Ora, uno dei progetti del gruppo è finanziare la ricostruzione del tetto e della caldaia per due abitanti di Kharkiv, Alena ed Anatoli (in totale il costo è seimila euro). Per chi volesse dare una mano, oltre alla parrocchia di Maccio, capofila di questo progetto, il riferimento è Rebbio e la comunità di Don Giusto Della Valle, punto di coordinamento della solidarietà verso l’Ucraina. «Ci hanno accolto e raccontato le loro storie e la loro vita – conclude Mosa – e abbiamo respirato un grande clima di accoglienza, vicinanza e fraternità».

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