Savane, una famiglia per ricominciare

Storie di famiglie Dalla Guinea ai portici di San Francesco. Poi un incontro che cambia la vita: «Qui mi sento finalmente al sicuro»

Un’unica definizione di famiglia c’è? Ti guardi intorno e vedi che le famiglie sono il frutto delle più bizzarre combinazioni. Incroci casuali che diventano solidi come montagne, meteore di sbagli e di rimedi, abbozzi di cura che salvano dall’abisso, sacrifici e dedizioni con cui si fanno i conti sul limite della vita. Quel che è certo è che quando c’è autentico amore, per quanto varie e imperfette possano essere, non hanno bisogno di definizioni.

Dormiva per strada

I destini di Abdourahamane Savane, Maria Luisa Lo Gatto e Massimo Gabaglio si sono incrociati nei giorni che precedevano il Natale di quattro anni fa. È stato un colpo di fulmine. Savane, come viene chiamato in famiglia, è stato accolto e amato. Ed è rinato. Savane dormiva per strada. Ottobre, novembre, poi dicembre. Il freddo che si fa sempre più pungente. Poco più che ventenne, passa le notti sotto i portici di San Francesco, viene accolto da don Roberto, per trovare infine accoglienza dai Comboniani di Rebbio. Ed lì che il suo destino cambia.

Valeria, nipote di Massimo e avvocata, quel giorno di dicembre va a prendere Savane e gli dice che lo porterà a casa di Maria Luisa e Massimo. A tavola c’è una famiglia speciale, “allargata” come si dice, perché manca nel vocabolario la giusta definizione, ci sono i due figli di Massimo e c’è Elena la sua ex moglie. Savane è emozionato e un po’ frastornato. «Era la prima volta che cenavo con una famiglia italiana, in realtà era la prima volta da quando avevo lasciato la Guinea che cenavo con una famiglia».

«Dopo due giorni ho capito che di quel ragazzo avevo piena fiducia», ricorda Maria Luisa. Savane abbassa lo sguardo e sorride: «Quella sera ascoltavo, guardavo e vedevo intorno a me un giudice, Maria Luisa, e un avvocato che parlavano di cose che non comprendevo. Alla sera ci siamo organizzati per fare una passeggiata in montagna e il giorno dopo siamo saliti al Palanzone tutti insieme. Lì ho capito che a Maria Luisa potevo raccontare la mia storia, non avevo mai incontrato prima una persona a cui raccontare la mia storia».

Savane è nato 25 anni fa in Guinea. Suo padre, Mahamoud, è contadino. Quando Savane è ancora piccolo prende una decisione che gli cambierà la vita: lo manda a studiare in città da uno zio. Savane arriva fino al diploma di scuola superiore e ora può comprendere il coraggio di suo padre, perché vige una strana legge non scritta nel suo paese. Quando diventi troppo vecchio per lavorare i campi, la gente del villaggio ti aiuta, ma se allontani uno dei tuoi figli questo aiuto ti è negato. La mamma di Savane è contraria ma il padre ha deciso. Vuole per lui un destino non segnato.

«Ero colpita dalla passione di Savane per lo studio - ricorda Maria Luisa - di giorno non poteva stare nel dormitorio e allora andava in biblioteca a Como e leggeva. Ha studiato italiano ai corsi per gli stranieri, ha preso l’attestato di terza media, poi il diploma al “Caio Plinio” alle serali».

Una nuova casa

Gli occhi di Maria Luisa brillano di gioia per l’incredibile percorso di suo figlio. Sì, perché Savane ci tiene a dirlo, ha due mamme. Una qui e una in Guinea. E due padri, quello che lo ha reso libero con lo studio e un altro qui, a Como, che gli ha insegnato ad andare in bicicletta, così quando ha pensieri brutti vince l’ansia pedalando, e con cui può imparare a capire le battute e guardare le partire di calcio, lui milanista, interista Massimo. «Quando mamma mi ha invitato per il suo compleanno, mi sono sentito davvero parte della famiglia - ricorda Savane - La famiglia per me è la sicurezza di trovarsi in un posto sicuro, io so che loro ci sono sempre».

«Per me è stato naturale trovargli una casa - aggiunge Maria Luisa - all’inizio avevo paura che potesse sentirsi solo e invece era felice, e subito si è sentito in dovere di restituire ai suoi amici l’aiuto che ha ricevuto». La casa di Savane è diventata uno spazio aperto, un punto di riferimento, presto verrà a vivere vicino a lui l’amico più caro, quello con cui ha attraversato il deserto, ha sofferto la fame e la sete, è partito dalla Libia per approdare a Lampedusa nel 2016. È timido Savane, c’è il pudore di lunghi silenzi tra le sue parole, silenzi che lasciano intuire l’immensa solitudine che ha attraversato, la paura di non farcela.

«Non sono mai stata mamma e avevo tante paure - confida Maria Luisa - temevo di non fare la cosa giusta per Savane, volevo capire fino a che punto potevamo investire per una vita qui. Ma è andata come in qualsiasi famiglia, con i punti di vista diversi, le discussioni... Tutti insieme abbiamo imparato ad avere fiducia in un altro mondo possibile».

Savane quest’anno ha superato il test di ammissione a Scienze infermieristiche. All’Università si sente bene perché è uno studente come gli altri. Parla italiano, francese e inglese e non vuole dimenticare il malinké, il suo dialetto. Per mantenere il permesso di soggiorno lavora assistendo un ragazzo autistico. «In casa abbiamo appeso una cartina della Guinea - sorride Maria Luisa - un giorno ci ritroveremo tutti insieme là». L’immaginazione corre e visualizza un luogo sperduto nel cuore dell’Africa, dove ci sarà un’unica, grande, famiglia.

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