Tra i senzatetto di Casa Nazareth: la gioia di esserci per gli altri

Volti e storie Maria Rita, vent’anni come volontaria: «Ricevo tanto da persone che hanno molto da dare»

Riunirsi attorno a un tavolo con le persone care, al termine di una lunga giornata, è uno dei gesti che fa parte della nostra quotidianità. Ha il potere di distendere i nervi e, spesso, sa di caldo abbraccio.

C’è chi, però, una propria casa e un proprio tavolo a cui tornare non ce l’ha. Persone a cui la vita non ha sorriso, quelli che spesso vengono definiti gli ultimi, e che frequentano abitualmente la mensa di Casa Nazareth di via Don Luigi Guanella.

A dare loro cibo e calore umano ci pensa l’associazione “Incroci”, che gestisce la mensa serale, servendo circa un centinaio di pasti al giorno. Un attività che svolge con passione e disponibilità dal 2000, coinvolgendo quasi 200 volontari, 25 per serata.

Tra questi c’è Maria Rita Gooni, responsabile del proprio turno, quello del lunedì sera, e tra quelli con più anni di servizio alle spalle, in quanto ha iniziato già nel 2002. «La mensa è aperta dalle 19 alle 20 - racconta - Fondamentalmente, è un self service. Si entra con un tesserino che viene rilasciato da Porta Aperta, e poi si può scegliere un primo, un secondo e un contorno. I pasti sono donati, quindi variano spesso. Abbiamo a disposizione più sale, quindi ogni ospite può scegliere dove sedersi e con chi stare. C’è un gruppo di noi che aiuta nel servizio e un altro che ritira i vassoi. La parte più bella, però, è parlare con le persone. Non sempre ne hanno voglia, perché stare in strada tutto il giorno è pesante, ma nella maggior parte dei casi ci facciamo delle belle chiacchierate».

Un esserci per l’altro, senza chiedere nulla in cambio, che però, molto spesso, come per magia, restituisce molto più di quanto si possa immaginare. Attorno al semplice gesto di cura del dare del cibo, nascono rapporti umani veri e sinceri: una ricchezza di cui Gooni ha saputo fare tesoro. «Ho iniziato più di 20 anni fa - ricorda - Avevo del tempo libero, perché mia mamma era da poco mancata e mia figlia già diventata grande. Mi è stato detto che a Incroci avevano sempre bisogno di nuove forze, così mi sono informata e ho deciso di provare una nuova esperienza. La cosa che mi ha immediatamente colpito è che, pur andando a dare effettivamente qualcosa, ovvero cibo, tornavo a casa con la sensazione di aver avuto indietro più di quello che avevo donato. È un’attività in cui si riceve molto da persone che sembrano avere poco o nulla, ma sanno dare tanto, molto più di quanto ci si aspetti. Questo è ciò che mi ha convinto a proseguire per tutto questo tempo. Tanti volontari vanno e vengono, per impegni di lavoro e famiglia. Io, invece, sono rimasta».

Il segreto sta nell’andare oltre la barriera del pregiudizio, per creare un legame. «All’inizio si sta ognuno sulle proprie posizioni e nei propri ruoli - prosegue Gooni - Quando, però, si riesce a entrare in relazione e si inizia a conoscersi, cambia tutto. Durante la serata ci si preoccupa dell’altro, vicendevolmente. Noi volontari cerchiamo di essere un supporto, per qualsiasi cosa, ma anche gli ospiti si interessano a noi e sono molto attenti. Se mi capita di assentarmi un lunedì, alcuni se ne accorgono subito e, quando torno, mi chiedono il motivo dell’assenza. Si accertano che non sia stata male. Nascono davvero delle belle amicizie, che poi proseguono anche al di fuori di Casa Nazareth». Ogni sera, tra i tavoli della mensa, non ci si nutre solo di cibo, ma di umanità e affetto reciproco.

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