Chiasso, paradiso (fiscale) più amato dalle start up: «Mai tasse oltre il 25%»

La testimonianza Il sindaco Bruno Arrigoni spiega perché la sua città è meta prediletta delle piccole imprese che vogliono lanciare attività

Bruno Arrigoni è il sindaco di Chiasso che nel 2018 aveva fatto molto parlare della sua città grazie a un comunicato che aveva diffuso e che, in sintesi, diceva così: venite a Chiasso, qui le tasse si pagano in bitcoin.

«Fu una grande mossa per dimostrare che ci interessavamo alle grandi economie moderne che stavano arrivando – dice oggi lo stesso Arrigoni a distanza di quattro anni - ora lo fa anche Lugano e il Cantone apre una porta a questa possibilità, che in dialetto ticinese suona così: “eh, sem dre a guardag a dre”. Allora approfittarono un paio di persone, ma il comunicato arrivò fino in Corea del Sud, fece il giro del mondo, e quella mia idea, discussa in Municipio, funzionò per farci conoscere. Da noi ogni Comune può fare quello che vuole in termini di tasse, non c’è una restrizione, ma l’importante, dice la legge, è che il Comune non faccia speculazione e i bitcoin li cambi subito. Noi avevamo un accordo con un brocker che doveva subito cambiarli in franchi e il problema fu risolto».

Finanza hi-tech

Ironia e dialetto a parte, l’interesse che Chiasso dimostra per le attività legate alla finanza hi-tech è reale ed è uno dei modi che la città cerca per attrarre attività, dopo la scomparsa del segreto bancario «che – aggiunge i sindaco – qui a Chiasso era una “monocoltura”. Noi non abbiamo turismo o altri settori su cui poggiare la nostra economia, quindi dobbiamo essere molto attenti alle nuove realtà. Ora siamo molto interessati alle attività legate non tanto alla criptovaluta, ma a blockchain e mining». Chiasso ha visto mutare in modo importante l’afflusso di nuove realtà imprenditoriali nel periodo pandemico.

«Prima della pandemia avevamo parecchi arrivi di attività a Chiasso, poi si è fermato tutto ed ora è difficile fare una valutazione, perché la ripresa è recente e lenta. Ma se guardiamo al 2018-19 abbiamo visto molti giovani imprenditori aprire startup in Ticino – spiega a questo proposito il sindaco - perché la burocrazia è molto contenuta, per una sagl, società a garanzia limitata, basta un deposito di 20mila franchi. Si va da un avvocato, ci si iscrive al registro del commercio, avendo come garante una persona residente in Ticino o appoggiandosi a uno studio fiduciario, si versano quei 20mila franchi ed è fatta. Poi, questi 20mila franchi non restano fermi come garanzia, ma la società, che a quel punto è iscritta e legalizzata, li può usare per lavorare. Rivolgendosi poi a una fiduciaria si viene aiutati con i contratti di eventuali dipendenti».

Come funziona

Se in Ticino non ci sono aree a fiscalità agevolata come le Zes italiane, la fiscalità però cambia in relazione a dove si apre la propria attività. «Se apro la mia azienda a Chiasso o a Bellinzona è la stessa cosa, cambia però il Cantone e in quelli della Svizzera tedesca, soprattutto a Zugo, si pagano imposte molto più basse perché variano da Cantone a Cantone. In Svizzera c’è l’imposta federale, quella cantonale, quella comunale, ma chi viene ad aprire una startup da noi, soprattutto all’inizio quando non fa utili stratosferici, pagherà tasse non molto alte perché calcolate in base all’utile: se uno fa una perdita non paga imposte». Arrigoni attribuisce alla convenienza fiscale l’arrivo di nuove imprese in Ticino anche dalla vicina Italia.

«Ci siamo chiesti perché ad esempio i bocconiani vengono da noi ad aprire le proprie attività e la risposta è che da noi la pressione fiscale arriva, più o meno, a un massimo di 25% (in Italia oggi supera il 43%, nda). Dal 2015 in poi ci sono stati anni di boom di arrivi di imprese italiane a Chiasso e nel Mendrisiotto, soprattutto nel 2017-18; arrivi legati alle criptovalute e che vedevano nelle nostre aree zone comode per i propri clienti e lavoratori: meno traffico rispetto a Lugano, affitti più bassi, aeroporti di Malpensa e Linate più vicini. Stiamo cercando nuove vie di sviluppo e il settore del digitale e del fintech per noi ha molto interesse, quello che non vogliamo sono i call center; a noi interessano aziende che portano anche un valore aggiunto alla città».

© RIPRODUZIONE RISERVATA