Costi alti e poco personale, ma il turismo non si ferma

L’analisi Andamento buono, nonostante le incertezze. Il commento di Massimo Perucchi, presidente di Hotellerie Sopraceneri: «Caos aeroporti e parità della valuta rappresentano altri elementi che ci preoccupano. Ecco come li affrontiamo»

Partenza con il botto, andamento abbastanza buono tra hotel e strutture extra alberghiere, è più il futuro che preoccupa il Sopraceneri. Tra incertezze e tendenza della valuta. Massimo Perucchi, presidente di HotellerieSuisse Sopraceneri, fa il punto evidenziando qualche analogia con l’Italia, ma anche alcune differenze. Per queste ultime, manco a dirlo, una riguarda il reperimento del personale. Ma andiamo per ordine.

Un 2022 con possibilità e anche piacere di viaggiare ritrovati dopo due anni oppressi dalla pandemia. Come state vivendo questa nuova situazione?

La stiamo vivendo abbastanza bene. I paragoni con il 2021 non li facciamo: tendiamo a pensare che siamo tornati in una “normalità” per quanto riguarda la parte turistica nella nostra zona. Se prendiamo il 2019, stiamo andando piuttosto bene. Siamo partiti con il botto perché avevamo un 2019 con un 15% in più, adesso guardando le prenotazioni per il futuro ci siamo assestando a quei livelli. Ma il futuro appunto… tutto è ancora da venire. Con il caos degli aeroporti, vediamo cosa accadrà, qualcosa riporterà sul territorio. La gente che non vorrà andare in aereo, prediligerà un mezzo pubblico che può essere lo spostamento in treno o l’auto.

In questi anni è stato dominante, nonché salvifico, il turismo interno. Che cosa prevedete per il futuro? Continuerà il trend o si ripresenterà quello straniero?

Per quello che riguarda il mercato interno, nel Locarnese abbiamo un 75%, arriviamo quasi al 70% in Ticino. Ciò che ci ha anche salvati durante la pandemia. Ci preoccupa però l’esplosione dei costi, che si ripercuoterà sicuramente sull’anno prossimo. Parliamo di costi energetici e di materie prime. Poi c’è la parità fra franco ed euro: sentiamo già adesso, non siamo più appetibili come lo eravamo quando il franco era più debole. D’altro canto abbiamo notato che i tedeschi stanno riprendendo: era il secondo mercato dopo la Svizzera nel 2015, con quote che si attestavano sul 12-13%. Ora siamo tornati quasi all’11%. Parlando con loro, ci hanno detto che hanno scelto soprattutto il Ticino per un tocco di italianità e la sicurezza. Altri ci hanno riferito che il costo dell’albergo in Italia, Spagna o Grecia era raddoppiato o triplicato. A questo punto hanno ritenuto che conveniva tornare qui. Anche se noi non siamo a buon mercato. Abbiamo il costo del lavoro, pensi ai nostri salari. Io ricevo ogni giorno dieci cv dall’Italia. La vostra storia del Briatore con la pizza la viviamo quotidianamente qua.

Facciamo i conti nel piatto e in tasca?

Una margherita siamo sui 20 euro. Noi abbiamo un contratto collettivo che ci regola sui salari e un salario minimo di un lavapiatti senza alcuna scuola è di 4mila euro. Come un direttore di banca da voi.

A questo punto trovare personale è un problema anche per voi?

Qualificato sì. È questo che non si riesce a trovare in Svizzera. Come da voi, ma in un altro modo. Da voi uno che prende 700-1000 euro nel campo della ristorazione o negli alberghi, preferisce magari contare sul reddito di cittadinanza. Qui, al contrario, è il mestiere che non viene ritenuto più interessante ed è snobbato.

Trovare uno svizzero che faccia il cameriere e lavori in albergo, se non è nei quadri, è difficile. Diverso il discorso della cucina dopo l’esplosione legata ai format in tv. Non si trova nessuno per il servizio, mentre si ritrova il cuoco. Il problema forse è trovare il buon cuoco.

Almeno non c’è stata la fuga in altri settori per paura di trovarsi ancora fermi con il lavoro?

Non per questa ragione, perché qui siamo stati supportati dalla Confederazione, per cui i lavoratori sono stati pagati per l’80% in un momento di crisi. Questo ha fatto sì che la maggior parte è rimasta a lavorare. Ma il 2021 ha visto un’occupazione quasi al 100% in un anno, cosa mai vista. I collaboratori sono usciti esausti e in tanti hanno cambiato. Di qui la difficoltà a trovare personale e le recensioni sui portali sono peggiorate.

Abbiamo parlato di turismo in generale, ma la pandemia ha accentuato l’attenzione alla voglia di godersi la natura.

L’amore per la natura è scoppiato nel 2020 ed è stato in forte aumento nel 2021, perché la gente voleva evadere, e non trovarsi in mezzo agli altri. Questo ha fatto sì che c’è stata un’esplosione delle biciclette, poi tutti vogliono nuovi sentieri o per andare a piedi o mountainbike. Ha avuto un effetto anche sulle case secondarie, il boom di Airbnb: perché la gente voleva allontanarsi dalla massa.

Quindi con impatto positivo anche sui campeggi e altre formule?

Sì, questo impatto c’è stato, però anche lì come in albergo si è a contatto con altra gente. Mentre si è notato molto di più la crescita di nuove tipologie, come il glamping o l’Airbnb. Tutto questo è esploso. A livello ticinese, ci siamo dovuti adattare ma questo lo stavamo studiando da un paio d’anni creando una nuova legge apposita per questo. Uno deve registrarsi su un portale qui in Canton Ticino, c’è anche la tassa di soggiorno eccetera… tra l’altro con questa tassa da un paio d’anni diamo il Ticino Ticket per spostarsi gratuitamente con tutti i mezzi di trasporto pubblico. Questo per cercare di diminuire il traffico. Uno che arriva al piano di Magadino da Bellinzona, ci mette anche un’ora, è colonna fissa. Un problema che dovremo risolvere per il futuro. L’ultimo pezzo verso Chiasso e il mancato raccordo su Milano da parte dell’Italia che avevano promesso ma non hanno fatto. Ora che è chiuso a Lugano l’aeroporto, l’hub di Malpensa è interessantissimo per noi. Ma senza collegamento…

La crescita di campeggi e delle altre tipologie secondo voi continuerà?

È un fenomeno che può restare, solo se va avanti al passo con i tempi. Deve evolversi, non fermandosi su se stesso, altrimenti diventa noioso. Succede anche con l’albergo. Dieci anni restando uguali non si può: bisogna rinnovare. Qualcosa di innovativo va bene.

Ciò stimola gli alberghi a nuove sfide, a nuovi interventi? Al recente forum sull’ospitalità in Italia si è visto un certo movimento sugli investimenti immobiliari.

I grossi gruppi non vogliono più costruire, vogliono affittare per poter essere liberi dopo 20-25 anni di dire: basta, adesso cambia. Una volta funzionava al contrario. Questo non vale logicamente per gli storici.

Ma considerando anche i trend che abbiamo esplorato, che cosa cerca il cliente oggi?

Ancora prima del Covid una statistica diceva che la prima cosa che cerca il cliente è il Wifi. Mi spaventa un po’… in vacanza uno vuole anche stare tranquillo. Certo, la tecnologia fa passi da giganti, portarla al cliente è però la parte difficile.

Un ultimo sguardo alla fascia d’età dei turisti?

Nel Sopraceneri il turismo è molto leisure, business a Lugano: lì non si nota la fascia d’età come noi. Ora noi notiamo molte famiglie con i bambini, gli anziani no, preferiscono settembre e ottobre, fa meno caldo e fanno belle passeggiate. Adesso è anche il momento dei giovani, dieci giorni di concerti ci riempiono gli alberghi. Gli eventi costano, ma convengono. Ci sono anche i grossi nomi di ditte internazionali. Ci stiamo muovendo con Red Bull per la scalata della diga della Verzasca a settembre. Stiamo lavorando all’anno prossimo per un evento di un mese legato allo yoga.

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