Ecco perché il trasporto pubblico rimane la sfida del futuro

Intervista La lunga ombra del Covid ci ha fatto tornare in auto (e in solitudine). Ma la strategia degli svizzeri non cambia. Ne è convinto Claudio Zali, direttore del Dipartimento territorio: «Abbiamo investito su salute e ambiente»

La lunga ombra del Covid, che ha fatto ritornare all’auto – e in solitudine - anche coloro che magari avevano optato per altre forme di viaggio raccogliendo gli input delle varie campagne.

Ma pure altri fattori, come quello economico, fra crisi energetica, inflazione, cambio valutario. Il Ticino ha analizzato la situazione del traffico, con diverse conferme e qualche sorpresa. Ne parliamo con il direttore del Dipartimento territorio, il consigliere Claudio Zali. Che si sofferma su fenomeni e cause, oltre che sulle prospettive degli spostamenti tra frontiere, con una certezza però: non si arretra in alcun modo sugli sforzi a favore del trasporto pubblico. Il governo cantonale vi ha investito e intende continuare a farlo, per il bene di salute e ambiente.

La finalità ultima del vostro rapporto sui movimenti transfrontalieri è quella di individuare le migliori soluzioni per contenere e ridurre il traffico veicolare alle frontiere con l’Italia e lungo i principali assi di penetrazione. Per il bene della viabilità, come pure della qualità della vita sempre?

Sì, l’obiettivo rimane il medesimo, quello di avere il polso su una situazione complessa in evoluzione. Se non si hanno dati, è difficile capire dove e come intervenire. Quindi una costanza nelle modalità di indagine su questo fenomeno è doverosa: ringraziamo per la collaborazione di chi si presta alla parte conoscitiva, la riscontriamo sempre buona.

Rispetto al 2018, durante le fasce orarie di rilevamento avete constatato una diminuzione del 5% dei veicoli in entrata al territorio cantonale. Questa diminuzione si concentra in particolar modo nel Luganese e nel Mendrisiotto, stabile invece il Locarnese sempre rispetto ai valori del 2018. Che conclusioni possiamo trarne?

È un elemento interessante, quel calo: applicato su numeri assoluti importanti, è di una certa consistenza. Fatico a trovare la risposta di cosa sia stato del 5% perché il numero degli operatori non è diminuito, semmai è aumentato. Posso pensare che il trasporto ferroviario, con tutte le difficoltà, riesca ad essere competitivo per le situazioni di un po’ di persone. Non vedo quale altro travaso possa essere avvenuto.

Il telelavoro può avere contribuito a smorzare il traffico, considerando appunto che secondo i dati i frontalieri sono aumentati?

Sì, ma entro certi limiti, perché tra l’altro da una certa soglia in poi diventa un problema fiscale non indifferente: si cessa di essere un operatore transfrontaliero, con tutte le conseguenze del caso. So che i governi hanno temporaneamente degli accordi in tal senso, e in effetti ciò può spiegare una quota alla base, ma non spiega tutto. E non lo spiega, soprattutto, nel medio e lungo termine.

L’occupazione delle automobili in entrata ai valichi ticinesi è diminuita rispetto ai rilevamenti del 2016 e del 2018, secondo il rapporto: l’82% delle automobili è occupato da una sola persona (78% nel 2018), il 16% da due persone e il 2% da tre o più persone, si dice. Ma poi: tra le auto immatricolate in Italia, la percentuale con occupazione singola aumenta fino all’87%. Questo è il dato nuovo, un po’ sconfortante, ma anche comprensibile per il Covid?

Sì, si viaggia pressoché da soli. Purtroppo, era una pista su cui avevamo lavorato tanto, la condivisione della vettura, c’era stato l’impegno delle aziende in questa direzione che va perso, verosimilmente a causa dei timori per il Covid. Infatti, anche da noi abbiamo riscontrato fenomeni analoghi. Umanamente posso comprenderlo.

È però un fenomeno transitorio secondo lei?

Preferisco non fare previsioni. Al contrario, con i primi freddi si cominciano a prevedere dinamiche non positive. Fortunatamente parrebbero di minore gravità, in termini di ospedalizzazione e decessi, però vedo scomparire le prime mascherine. Capisco, ha sofferto anche il trasporto pubblico di questa paura di condividere gli spazi. Come dice lei, temo si debba aspettare solo che sia passata. Non c’è molto altro da fare con questo timore.

Voi avete comunque lanciato in tempi non facili una campagna per promuovere il trasporto pubblico, mostrarne i vantaggi in tutti i sensi.

Sì, dal dicembre 2020 con l’inizio dell’orario del 2021. Abbiamo aperto la galleria di base del Monteceneri che ha avvicinato drammaticamente, in senso buono, Lugano, Bellinzona e Locarno con i tempi di percorrenza dimezzati. Ne abbiamo approfittato per potenziare, anche con un grande sforzo economico, tutta la rete di trasporto pubblico, anche su gomma. Abbiamo aumentato del cinquanta per cento il nostro impegno e purtroppo proprio per il Covid non siamo stati premiati. I passeggeri invece di aumentare in doppia cifra come sarebbe successo in tempi normali, sono diminuiti. C’è stata poi una risalita abbastanza marcata, raggiungendo poi in alcuni casi i livelli preCovid, ma i dati sono in parte falsati da un boom turistico interno che abbiamo vissuto sempre a a seguito del Covid, visto che il Ticino è una destinazione per eccellenza nel panorama svizzero. Molti hanno fatto capo così al trasporto pubblico.

Invece il ricorso al mezzo pubblico per andare a lavorare è in crisi ancora, dunque?

Siamo in ripresa anche con questo. Purtroppo quei timori fanno fatica e c’è anche da limare un po’ di telelavoro da noi. Certi datori di lavoro l’hanno codificato per una parte di tempo, due giorni alla settimana e questo incide sugli spostamenti in senso positivo.

Se guardiamo alla composizione delle targhe, quindi alla provenienza, invece, non ci sono molti cambiamenti? L’80% degli intervistati viene dall’Italia, l’8% ha un veicolo con targhe ticinesi, il 2% con targhe di altri cantoni o di altri paesi che non siano l’Italia. Come prima?

Sì, i dati sono in sintonia con il passato. La dinamica degli spostamenti è la stessa. Certo, adesso c’è solo meno pendolarismo del pieno e la situazione si è rovesciata per un momento storico in 50 anni…

Altro fenomeno temporaneo? Anche per le spese di italiani e ticinesi?

L’altro fattore è il cambio euro-franco e la sofferenza dell’euro negli ultimi mesi, si è infranta la barriera della parità ma ora il franco vale più dell’euro.

È difficile operare in un tempo così rapidamente cangiante, flessibile ma in senso negativo: tuttavia, si proseguirà in questa campagna per diminuire il traffico veicolare e aumentare quello pubblico?

La cosa principale, e che da noi incide per 100 milioni di franchi all’anno sul bilancio cantonale, è questo sforzo aumentato sul trasporto pubblico, dal quale non si deve desistere. Al di là della sola questione del traffico, del tempo perso o del fastidio, ci sono temi retrostanti come la sostenibilità, l’inquinamento, la salute, dell’evoluzione della situazione climatica, la salute. Temi che rimangono prioritari e non si può abbandonare e dire che il traffico si autogoverna.

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