La nuova imprenditoria svizzera: «Il Ticino è una terra di innovatori, incentivati gli investimenti in startup»

Intervista Il fermento del cantone di confine testimoniato anche dal boom di Aiti Up!, nato proprio per sostenere le imprese. L’analisi del vice presidente Giorgia Pati: «Sempre più indispensabile un rapporto corretto tra istituzioni e privati»

Ticino, terra che favorisce un’innovazione in fermento più che mai dopo gli anni della pandemia. La sensibilità già c’era, determinante il rapporto tra pubblico e privato e anche oltre frontiera. Ne abbiamo discusso con Giorgia Pati, vicepresidente di Aiti Up! e managing partner di Match Strategies.

Che cos’è Aiti Up!? Come è nata e come è cresciuta nel Canton Ticino?

Aiti Up! è un gruppo interno ad Aiti (Associazione Industrie Ticinesi), nato per diffondere, sostenere e tutelare la cultura della creazione innovativa d’impresa e unire le competenze e le esperienze delle nuove aziende innovative industriali. Aiti Up! ha l’aspirazione, da una parte di rappresentare una casa accogliente, ma anche vivace per le nuove imprese innovative industriali, dall’altra di rappresentare una sorta di “vivaio” per la stessa Aiti. Aiti Up! nasce il 9 aprile del 2014 da un’esigenza reale di 5 start-up innovative di carattere industriale – Femtoprint SA di Muzzano, Industrie Biomediche Insubri SA di Mezzovico, Oculox Technology SA di Bioggio, Quickly Logistics House di Stabio e 99 Technologies SA di Lugano – desiderose di accorpare esperienze e competenze, ma anche di innestarsi e trarre giovamento da una realtà associativa industriale come Aiti.

Qual è stata la scintilla che ha portato a costituire questa realtà?

L’idea ispiratrice è che gli associati senior svolgano il ruolo di mentori, offrendo agli start-upper il loro supporto sotto forma di consigli e di condivisione di esperienze già vissute. Dall’altra parte, in una prospettiva di reciprocità, gli associati junior - attraverso i loro processi e prodotti innovativi - dovrebbero contaminare positivamente le imprese già mature e consolidate, dando loro l’opportunità di innovare e di rinnovarsi, mutuando nuovi contenuti tecnologici e di snellezza organizzativa. Negli ultimi due anni, sotto la Presidenza di Jaime Agramontt, l’Associazione ha accolto più di 20 nuovi associati, crescendo anche in termini di attività e collaborazioni sviluppate con gli altri attori, sia pubblici che privati, attivi nell’ecosistema di innovazione ticinese.

Qual è il fattore che sta favorendo una crescita dell’innovazione e delle startup nel Cantone in questi anni più che mai?

Difficile individuarne soltanto uno. Sicuramente il Canton Ticino ed, in generale, la Svizzera hanno adottato delle misure molto valide per promuovere l’innovazione, nonché condizioni che permettano agli imprenditori di sviluppare un’idea innovativa più in fretta ed incentivino gli investimenti in start-up (da sempre percepiti come business rischiosi). Inoltre, negli ultimi cinque anni si è vista una nascita e crescita esponenziale di attori privati e pubblici che favoriscono lo sviluppo di progetti innovativi in vari stadi e dalle molteplici industrie. Il capitale è, talvolta, più accessibile rispetto ad altri Paesi, i Poli Universitari e di Ricerca sono disponibili a contribuire allo sviluppo ed alle validazioni tecnologiche (idee che arrivano dall’esterno), Pmi e Corporate iniziano a maturare la consapevolezza di quanto sia importante favorire l’innovazione “aperta” (cercando soluzioni innovative fuori dalla propria attività di R&D ed inglobandole nelle loro strutture). Infine, non per importanza, il Canton Ticino coltiva menti di altissimo livello: non soltanto giovani, ma anche e soprattutto esperti in un determinato verticale dell’industria che, diverse età, accolgono con accolgono la sfida imprenditoriale.

Quanto è importante il rapporto corretto tra pubblico e privato in un percorso come quello dell’innovazione?

La ringrazio per la domanda, perché ritengo che un corretto rapporto tra pubblico e privato sia indispensabile per “fare impresa”. Il supporto del pubblico è fondamentale per una start-up, come complemento degli sforzi dei fondatori. Gli strumenti messi a disposizione dagli enti pubblici (agenzie per l’innovazione, incubatori, programma di finanziamento grant e altro) sono inevitabilmente necessari perché forniscono accesso ad infrastrutture, network di professionisti che agiscono da coach e mentori, nonché parte della “benzina” finanziaria necessaria per validare la tecnologia, completare studi di fattibilità, impostare le strategie di business e tanto altro ancora. Ne sono degli esempi rilevanti, in Svizzera, Innosuisse (Agenzia Svizzera per la promozione dell’innovazione) e Fondazione Agire (Agenzia per l’innovazione del Canton Ticino). D’altro canto, siamo consapevoli che prodotti e servizi innovativi possano essere portati il più velocemente possibile nel mercato grazie all’impegno delle entità private. Investitori, aziende che diventano partner di produzione/distribuzione della tecnologia della start-up, svolgono un ruolo determinante per “spingere” l’azienda sempre più in alto.

In questo senso, quanto è significativa l’esperienza di Match Strategies?

Noi di Match Strategies ci siamo sempre impegnati, fin da prima della nascita della società, per coltivare una sana collaborazione con gli attori pubblici. La nostra boutique si pone, infatti, come un intermediario tra le start-up e le iniziative promosse dal pubblico, nonché come “traduttore” dei reciproci linguaggi per facilitare l’accesso all’ecosistema di innovazione ed agli strumenti sopracitati.

Quanto l’innovazione è fondamentale più che mai dopo l’esperienza che abbiamo avuto della pandemia e dell’apporto della tecnologia, ma anche di un nuovo modo di pensare per affrontare i periodi problematici?

L’arte dell’”innovare” esiste praticamente da sempre, ma ritengo che negli ultimi anni ci sia stata una ”inflazione” del termine “start-up”. Da un lato, l’Europa ha assorbito le pratiche statunitensi nell’ambito dell’innovazione, dall’altro credo che questo processo abbia risvegliato la nostra cultura imprenditoriale. La pandemia lo ha sicuramente accelerato. Sono emerse sempre più tematiche ed esigenze che in parte esistevano già prima della grande crisi, ma erano offuscate. È proprio nel momento di bisogno che l’innovazione cresce: è sempre nata “nell’ombra”, nei garage, nei laboratori, nei corridoi di grandi aziende, da persone che affrontavano problematiche di varia natura. I prodotti ed i servizi innovativi non sono altro che soluzioni a questi problemi. L’impiego repentino di alcune di queste soluzioni durante la pandemia, soprattutto in ambito tecnologico, ha sicuramente cambiato il nostro modo di pensare e di vivere. È stata una preziosa occasione per stimolare diverse generazioni nell’aprire la propria mente e sviluppare un’attitudine di accettazione del cambiamento. L’innovazione continuerà quindi non soltanto ad essere fondamentale, ma soprattutto a spronare sempre più giovani ad intraprendere la carriera imprenditoriale.

Il caso di Gaia Turbine, come si è sviluppata, anche nel segno della collaborazione transfrontaliera?

Gaia Turbine è una realtà sbocciata dall’idea dell’inventore Franco Tommasini e dall’impegno di Match Strategies e professionisti locali con esperienza nel settore dei servizi ed industriale. La nostra start-up propone una microturbina idroelettrica plug-and-play, ideale per acquedotti e deflussi minimi vitali, con un’efficienza superiore al 90%. L’idea innovativa nacque diversi anni fa da una reale esigenza di Franco: viveva in Eritrea e aveva bisogno di alimentare la fabbrica nella quale lavorava. Considerando che sul territorio erano presenti dislivelli non molto pronunciati e quantità d’acqua moderate, le turbine tradizionali non rendevano a sufficienza. Da qui, l’esigenza di costruire una propria turbina con caratteristiche che la rendessero più efficiente e versatile. Grazie al supporto del nostro team e del primo investitore, la sua idea si è trasformata in un prototipo testato presso il Politecnico di Milano, il quale ne ha validato le performance. Oggi stiamo muovendo i primi passi nel mercato con un progetto pilota che sarà sviluppato in una centrale idroelettrica in Canton Ticino. Ritengo che sia un bellissimo esempio di collaborazione transfrontaliera: un’azienda nata in Svizzera e supportata da investitori e stakeholders ticinesi ha attinto al know-how di un’antica università italiana. Il Ticino e la Lombardia sono due regioni che si parlano e credo che abbiano tanto “da dirsi” in tema di innovazione: un connubio di menti, competenze e risorse d’eccellenza.

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