A Ossuccio la fabbrica sul lago di Abb. Innovazione e sostenibilità

A Ossuccio si conferma strategica la sede produttiva: 250 dipendenti e radicato legame con il territorio. «Nuovi investimenti nel digitale, noi come una piccola Silicon Valley. Green, progetti su risorse e materiali»

Nella bassa Val Perlana, tra montagna e lago, la nuova sede dell’Abb a Ossuccio è una fabbrica di alta tecnologia diretta da Mariafrancesca Madrigrano dove sono stati avviati processi di sostenibilità Esg.

Storica azienda locale e polo produttivo di una multinazionale, come si conciliano le due dimensioni?

A Ossuccio viviamo di innovazione e stiamo lavorando a interessanti progetti di digitalizzazione legati a Industria 4.0. La nostra azienda esporta il 90% della produzione e forniamo il componente di misura ad altre 4 fabbriche nel mondo: Cina, India e due negli Usa. Questo significa che siamo una realtà locale ma centrale rispetto a un network di siti produttivi, nei quali la nostra azienda gioca un ruolo fondamentale. Siamo locali ma globali: anche questo rappresenta un punto di forza. Lavoriamo in costante sinergia con altri stabilimenti, in Italia e all’estero, con i quali condividiamo diverse best practice, dai sistemi operativi per il Mes alla robotizzazione dei magazzini. Da un punto di vista strategico-tecnologico, Abb è pensata come un’azienda di ingegneria, elemento che si riflette in pieno nelle tecnologie all’avanguardia installate nei nostri processi. Siamo come una piccolissima Silicon Valley collocata sulle sponde del Lago di Como.

Perché proprio questa localizzazione?

Quella di Ossuccio è una fabbrica storica, è il luogo dove sono nate le “pressioni Abb”. È stata creata grazie a un’intuizione dell’ingegner Tieghi, che in un primo momento aprì la fabbrica a Milano per poi spostarla sul Lago di Como a Tremezzina, tra Ossuccio e Lenno, per proteggerla dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Negli anni 90 occupava più di 600 persone, oggi circa 250 ma rappresenta tuttora una realtà produttiva molto importante: in 70 anni si è creato un legame indissolubile con il territorio nel quale è collocata, non solo in termini di posti di lavoro ma anche per le relazioni con i fornitori locali e la popolazione. La fabbrica di Abb è un punto di riferimento per la produzione ma anche nel ruolo di azienda innovatrice, in rappresentanza della casa madre, con metodologie e pratiche legate alla sostenibilità che si riflettono nell’organizzazione aziendale e sul territorio. Come tutte le realtà Abb, dunque, perseguiamo la Sustainability Strategy che prevede di arrivare alla “Carbon Neutrality” entro il 2030.

A quali iniziative di sostenibilità state lavorando?

Nel corso degli anni il nostro stabilimento ha seguito un percorso di ottimizzazione di risorse, metodi e materiali. In un’ottica fortemente orientata alla promozione di una strategia eco-compatibile abbiamo cercato di capire come era possibile migliorarla ulteriormente. Ci siamo accorti che poteva essere perfezionato il nostro impatto nei confronti del cliente, dal punto di vista della sostenibilità e della riusabilità ma anche della customer satisfaction.

Che cosa significa?

Andiamo a lavorare sui processi per renderci sempre più autonomi. Per esempio il consumo di acqua dello stabilimento per il raffreddamento è stato ridotto di cento volte nell’arco di dieci anni. In generale sono stati ridotti dell’8% i consumi per unità di prodotto nell’arco degli ultimi 4 anni, pur aumentando i volumi prodotti. Sfruttando l’acqua abbiamo introdotto in azienda la produzione di azoto e quindi è stata eliminata una fornitura esterna che comportava problemi di approvvigionamento e un impatto sull’ambiente dovuto al trasporto delle bombole. In particolare è stato reso operativo il progetto per l’utilizzo di materiali eco compatibili negli imballaggi per proteggere i nostri apparecchi che dal Lago di Como devono poi viaggiare in tutto il mondo.

Quali sono le caratteristiche di questa nuova soluzione di imballaggio?

Siamo passati da una tecnologia un po’ datata, che prevedeva l’utilizzo di due sostanze chimiche per la generazione del poliuretano espanso, materiale inquinante e monouso, alla carta. Il poliuretano espanso si adatta bene intorno al nostro prodotto ma ha una caratteristica di resistenza all’impatto limitata a un primo urto, poi tende a sfaldarsi. Abbiamo condotto dei test e abbiamo rilevato che la carta riciclata ci permette di ottenere ottime performance: è un ottimo recuperatore di energia cinetica, l’imballo infatti può anche ricevere più di un urto perché la carta recupera nel tempo il suo volume permettendo di attutire altri impatti successivi. Rispetto al nostro packaging standard, la carta riciclata offre una resistenza quattro volte superiore e questo si traduce in un minor numero di reclami da parte dei clienti. Grazie a una proficua collaborazione con un nostro fornitore, siamo così passati dalla schiuma chimica da imballaggio all’uso di rotoli di carta 100% riciclata piegata a forma di chiocciola. La carta potrebbe essere addirittura recuperata dalle nostre attività quotidiane e all’interno del nostro processo produttivo.

Qual è il risultato in termini di riduzione dell’im?

Riuscire a passare, in un anno, dal chimico al cartaceo per i nostri imballaggi ha significato ridurre di circa 26.000 kg/anno di CO2 a partire dal 2021, oltre che a risparmiare parecchio.

In termini di consumi energetici quali interventi sono programmati?

Ci siamo assicurati una fornitura di energia da fonti rinnovabili, inoltre qui a Tremezzina abbiamo introdotto di sistemi di bilanciamento energetico per ridurre il consumo di energia ed è prevista entro luglio l’installazione di pannelli fotovoltaici, si tratta di un investimento che avrà un ritorno da qui a 10, 15 anni.

È un percorso connesso con il territorio che ci ospita, con l’azienda e con i dipendenti in una strategie di medio lungo periodo di un Gruppo che non lavora qui per un ritorno immediato, con modalità mordi e fuggi che si sono viste in altri contesti. Considerando la realtà storica dello stabilimento si opta per invesitmenti a medio lungo periodo nello spirito di una multinazionale che punta sulla stabilità e a dare un futuro alla realtà aziendale.

Quali sono le altre attività connesse alla sostenibilità che avete condotto in Tremezzina?

Da molti anni siamo partner di cooperative sociali che ci forniscono dei servizi e molti nostri dipendenti prestano servizio a loro volta in associazioni non profit come l’Azienda Sociale Centro Lario e Valli. Di recente abbiamo proseguito il nostro programma con gli studenti degli istituti tecnici superiori. Stiamo lavorando inoltre per riuscire a portare delle scolaresche delle scuole medie a visitare la nostra fabbrica e mostrare loro cosa significa lavorare in una struttura di alto livello come la nostra. Una realtà che può essere un esempio per molti ragazzi, ma anche fare da traino e da stimolo affinché possano desiderare di avere, un giorno, un ruolo attivo all’interno dell’industria italiana.

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