Criptovalute, token, Nft: «Mancano linee chiare su tutti gli asset digitali»

Cripto-attività Maria Cristina Pierro, docente all’Insubria e presidente dei tributaristi: «È necessario un intervento normativo a livello sovranazionale»

Con prudenza la Banca d’Italia ha avvertito: «Le cripto-attività possono generare rischi di vario genere - riporta la nota di giugno - una rapida e ampia diffusione di questi strumenti potrebbe compromettere la stabilità del sistema finanziario. Il mondo delle cripto-attività è infatti ancora largamente deregolamentato».

I lavori sono in corso per disegnare un nuovo insieme di norme e di controlli per questi prodotti e per i relativi “ecosistemi”, ma la loro entrata a regime pare richiederà ancora tempo.

Maria Cristina Pierro, direttrice del Dipartimento di economia dell’Università degli Studi dell’Insubria dove insegna diritto tributario, come presidente dell’Associazione nazionale tributaristi italiani, sezione di Como, affronterà il tema dell’inquadramento giuridico dei crypto asset nell’assemblea in calendario a Como l’1 dicembre.

Far chiarezza non è un esercizio didascalico: serve a capire dove e come si fa profitto e attraverso quali norme può e deve essere sottoposto a tassazione.

Considerando che ci si muove in un contesto internazionale, che le variabili sono diverse e che nell’ultimo periodo è comparso anche il metaverso, ci si rende conto perché, e con qualche ragione, il legislatore non abbia ancora tracciato linee giuridiche certe. «Il termine crypto asset è generico – precisa Maria PIerro - è utilizzato per indicare entità che, pur avendo una comune matrice tecnologica, identificano fenomeni diversi del mondo virtuale». Criptovalute, token, Nft e in generale i documenti digitali crittografati possono avere un valore economico, ma non sono emessi né garantiti da una autorità centrale. Ugualmente sono accettati e riconosciuti dalla comunità di utenti perché, a loro garanzia, c’è la blockchain. Una tecnologia che sfrutta le caratteristiche di una rete informatica di nodi e consente di gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro contenente dati e informazioni, per esempio transazioni, in maniera aperta, condivisa e distribuita senza la necessità di un’entità centrale di controllo e verifica.

Oltretutto le transazioni avvengono a una velocità istantanea, non commisurabile ai tempi delle operazioni bancarie.

«Si tratta di entità virtuali suscettibili di esprimere un valore economico e che ritengo siano riconducibili nella categoria generale dei beni giuridici – è la conclusione della docente - nell’art. 810 del Codice civile si individua una nozione flessibile e non tradizionale di bene giuridico, sovrapponibile a quella propria dei sistemi di common low, e nella quale è possibile ricondurre qualunque entità, materiale e immateriale, che può costituire oggetto di diritto».

Per esempio, quando si noleggia un monopattino con una app, per un arco di tempo definito si stipula un vero contratto di utilizzo attraverso strumenti digitali. È una delle infinite applicazioni che già invadono la vita quotidiana destinante a intensificarsi. Da qui la necessità di trovare una cornice giuridica e, quindi, fiscale.

«Se questa indicazione dovesse essere recepita, l’individuazione della disciplina fiscale dei crypto asset sarebbe semplificata – suggerisce Maria Pierro - rimarrebbe tuttavia la necessità di localizzare gli utenti che accedono alla blockchain, per individuare la legislazione applicabile e accertare la “territorialità” dell’operazione».

Ed è questa l’altra difficoltà che si incontra nel tentativo di calare il mondo dei crypto asset in un sistema giuridico: hanno dimensione internazionale.

«La soluzione a questo problema non può che essere individuata normativamente a livello sovranazionale: l’Ue dovrà agire di concerto con l’Ocse – osserva Pierro - gli elementi che indicano creazione, conservazione e trasferimento dei crypto asset non sono decisivi né sufficienti a individuare la legislazione fiscale applicabile e l’autorità amministrativa competente».

Serve un intervento normativo che, formulata una nozione di crypto asset applicabile in ogni settore dell’ordinamento giuridico, disciplini per quello fiscale alcuni elementi essenziali: i criteri per localizzare gli utenti, i valori da considerare per la determinazione del reddito e il momento impositivo.

«È di questi ultimi mesi la proposta di disegno di legge presentato al Senato nella quale le crypto valute, in contrasto con il dato normativo nazionale ed europeo, sono considerate come valute straniere – conclude la studiosa - il che non costituisce una buona premessa per compiere una riflessione compiuta e sistematica sulle criptovalute e, più in generale, sulle cripto attività. Qualcosa però si muove e questo è già un segnale positivo. Anche se sembra che il fenomeno non sia stato ancora pienamente compreso e che l’individuazione di una nozione giuridica generale di crypto asset sia ancora lontana dall’essere individuata».

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