La filiera tessile si scopre vulnerabile. Tutta colpa delle materie prime carissime

Made in Como Stefano Vitali, presidente dell’Ufficio Italiano Seta: «I costi dei filati utilizzati nel nostro distretto sono ai massimi storici»

«Il 2022 per il tessile è stato un anno importante di ripartenza, è prevedibile quindi che il 2023 subisca un moderato calo – spiega Stefano Vitali, presidente dell’Ufficio Italiano Seta, nel tentativo di fare pronostici sul prossimo futuro – siamo reduci da un anno in cui il settore è ritornato sulle quote che aveva nel 2019. Si immagina che nel 2023 possano consolidarsi questi risultati, almeno in parte, ma ci si può aspettare una leggera contrazione della crescita».

«Oggi la Cina vale il 25% del mondo del lusso, ma le previsioni sul 2023 non sono positive»

Tutto dipende dai consumi e questi rappresentano una incognita, legati alla percezione delle crisi. Fondamentale per tutto il comparto moda è il comportamento della Cina, mercato di riferimento per il lusso nei prossimi anni. «Oggi la Cina vale il 25% del mondo del lusso e, superata la fase Covid, ci sono importanti aperture che potrebbero presto far ripartire il mercato – continua – anche se le previsioni sul 2023 non sono positive, i nostri dati relativi al tessile sono ottimi».

Oltre all’auspicata riapertura della Cina, le variabili che però possono intervenire sugli andamenti di mercato per quest’anno sono diverse: il cambio del dollaro, l’energia, l’inflazione. Tutti elementi che influiscono sulla tendenza agli acquisti. Si confida che il mercato tenga anche con l’aggravarsi della guerra in Europa ma difficilmente migliorerà i risultati, già in qualche modo sorprendenti, del 2022.

«Per il mondo della seta il distretto comasco dipende completamente dalla Cina. Le produzioni sono in quantità contenuta, in prospettiva globale, e i prezzi restano alti»

I fattori di vulnerabilità della catena di fornitura non sono infatti del tutto superati. Il costo delle materie prime per il tessile è ancora alto. «Ai massimi storici per la seta, le viscose e per tutti i filati utilizzati nel nostro distretto tessile – osserva Vitali - non si sono ancora manifestati dei rimbalzi verso il basso. Per il mondo della seta il distretto comasco dipende completamente dalla Cina. Le produzioni sono in quantità contenuta, in prospettiva globale, e i prezzi restano alti. Inoltre nel mercato cinese c’è stata una contrazione dei consumi, anche per i tessuti di seta. Se il mercato è fermo, il prezzo resta alto, quasi ai massimi». Non solo si sono registrati gli aumenti, ma per alcune tipologie di filati c’è ancora molta difficoltà per il loro reperimento.

La dipendenza dalla Cina

Fattore critico è la totale dipendenza dalla Cina per la fornitura della seta: produce il 95% del materiale grezzo. Il restante 5% è prodotto tra Brasile, India, Uzbekistan, Tailandia e Vietnam. Al momento non esistono le condizioni per spostare la produzione. Ci sono equilibri relativi al clima, oltre agli spazi, che lo rendono impossibile. Servono piantagioni di gelso e la possibilità di fare più raccolti nell’arco dell’anno. L’altro elemento sorvegliato speciale per le aziende della filera tessile è l’energia: i prezzi si sono stabilizzati, in parte calmierati e nuovi accordi con il nord Africa sono stati stipulati a garanzia di forniture anche nel futuro.

«La prima notizia positiva è che l’energia c’è, prima ancora di considerare i costi – continua – perché lo scorso anno si era arrivati a temere che le scorte non sarebbero state sufficienti. Garantita la continuità delle forniture, anche a prezzi non rientrati alle quote di prima della crisi ma meno volatili, si possono programmare le produzioni. Questo non deve fermare quel processo già in atto di sviluppo per le rinnovabili: penso ai termovalorizzatori, ai rigassificatori e al nucleare. Abbiamo fatto sforzi enormi per la decarbonizzazione e stiamo proseguendo in maniera importante, ma ci sono altri elementi che devono concorrere a questo sforzo, per esempio un alleggerimento dei tempi della burocrazia. Infine le imprese hanno fatto enormi sforzi per investire in innovazione, in nuovi macchinari ed è importante che prosegua la politica di contributi per sostenere questa trasformazione. Dovrebbe ripartire il progetto Industria 4.0 perché incide su un fattore determinante per lo sviluppo».

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