Marco Fortis a Como: «Primi della classe in Europa. Ora il pericolo inflazione»

L’economista Marco Fortis fiducioso sulla tenuta dell’economia italiana nonostante il contesto internazionale. «Il 2021 è stato un anno straordinario, adesso superare l’emergenza evitando una spirale tra prezzi e salari»

Tenuto conto del quadro congiunturale complessivamente negativo, caratterizzato da un conflitto in Europa e da pesanti rincari che investono i beni energetici e i trasporti, l’Italia sta vivendo ancora un periodo di ripresa che le permette di essere “prima della classe” in Europa. Marco Fortis, economista, direttore e vicepresidente della Fondazione Edison, docente di Economia industriale in Cattolica ed editorialista del quotidiano Il Sole 24 Ore, guarda con ottimismo anche ai prossimi mesi, fiducioso in una tenuta del nostro paese, nonostante le turbolenze interne ed esterne.

Fortis è intervenuto nei giorni scorsi nell’ambito dell’assemblea privata di Confindustria Como, con una relazione sul tema “L’economia italiana nello scenario post pandemico e della guerra russo-ucraina”.

Professore, da dove nasce il suo ottimismo sulla situazione generale del nostro paese?

In primo luogo dai numeri. Il 2021 è stato un anno eccezionale per l’Italia e la ripresa ha superato largamente le previsioni. Il Fondo monetario internazionale prevedeva per il nostro paese una crescita del 3%, mentre abbiamo raggiunto il 6,6%: l’Italia è quindi cresciuta più del doppio rispetto alle stime. Inoltre, il primo trimestre di quest’anno è in linea con i livelli del quarto trimestre del 2019: abbiamo quindi recuperato rispetto al periodo precedente la pandemia, a differenza di altri paesi europei come Germania e Spagna.

Per quali motivi stiamo ottenendo risultati più brillanti rispetto ad altri paesi?

La Germania sta ancora soffrendo per la crisi dell’auto, dovuta anche all’incertezza sul futuro. I consumatori rallentano gli acquisti non sapendo bene quale veicolo comprare perché sono stati introdotti i vincoli legati alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica, ma non è stata ancora sposata fino in fondo una determinata tecnologia. Poi ci sono le criticità legate alla crisi delle filiere di fornitura, ai problemi nei porti, all’incremento del costo dei trasporti. Se guardiamo alla Spagna, invece, il turismo non è ripreso in modo così marcato come è avvenuto in Italia, soprattutto per una carenza di inglesi, da sempre molto presenti nella penisola iberica. In Italia, invece, il netto recupero del turismo e la presenza di un sistema manifatturiero più diversificato e flessibile hanno consentito di raggiungere livelli di crescita elevati. Va inoltre sottolineato come, a partire dall’introduzione del piano Industria 4.0, il sistema manifatturiero italiano ha vissuto una fase di rinnovamento fino al periodo Covid. Durante la pandemia, siamo caduti più di altri perché abbiamo avuto un lockdown più duro e prolungato, ma poi siamo stati più virtuosi nella fase di ripresa perché siamo arrivati in questa crisi più preparati.

Il 2022, nonostante tutte le criticità, è partito nel migliore dei modi. Quali sono le sue previsioni per i prossimi mesi?

La prima parte dell’anno, secondo molte stime, avrebbe dovuto essere una catastrofe e invece non è andata così. Nel primo trimestre, la produzione industriale nazionale è aumentata ancora: anche dentro la crisi russo-ucraina, quindi, l’Italia ha dimostrato di avere una marcia in più. E il secondo trimestre potrebbe essere comunque positivo, con numeri migliori rispetto ad altri importanti paesi dell’Eurozona.

Quali settori hanno trainato l’ulteriore ripresa dell’economia nazionale in questa prima parte dell’anno?

Certamente il turismo, ancora una volta, e anche il ciclo delle costruzioni che è straordinario e che sta stimolando l’indotto manifatturiero.

Merito del superbonus al 110%?

Penso che si sarebbe potuto ottenere lo stesso risultato senza superbonus; sarebbero bastati bonus più moderati che avrebbero evitato un enorme esborso di denaro pubblico. Comunque il risultato è stato positivo per il settore e non solo”.

Lungo la strada di questa ulteriore crescita ci sono però due grandi ostacoli: la guerra in Ucraina e l’inflazione.

Sì, naturalmente fare previsioni in questa situazione non è semplice. Per quanto riguarda la guerra, bisogna capire quale sarà l’epilogo: se si troverà una soluzione negoziale, potrebbero aprirsi margini per un rientro dei costi energetici.

Al momento però lo scenario è problematico e certamente dobbiamo sorvegliare l’inflazione che potrebbe pesare sul nostro Pil nel secondo semestre. Con prezzi dell’energia ancora in tensione ed eventualmente anche con razionamenti, potremmo trovarci davanti ad un’inflazione che mina il morale dei consumatori, erodendone il potere d’acquisto. Indubbiamente, la fine del 2021 e l’inizio del 2022 rappresentano, in termini di prezzi, uno scalino rispetto al passato. È però possibile che, una volta terminata la guerra, anche i prezzi possano ridursi. In ogni caso, qualcosa è cambiato: nel 2023 potrebbe esserci una dinamica di inflazione più moderata, ma non dobbiamo attenderci di tornare alla situazione degli ultimi anni, caratterizzata da una bassissima inflazione.

Per evitare un crollo del potere d’acquisto delle famiglie, sono necessari interventi strutturali, ad esempio agendo sulla riduzione del cuneo fiscale?

Io credo che le parti sociali ed il governo debbano valutare oggettivamente la situazione e gestirla nel medio periodo. Proprio perché ci troviamo in una fase caratterizzata da scenari complessi e difficili da prevedere, ritengo che si debbano evitare politiche strutturali: ci troviamo infatti in un contesto che di strutturale ha ben poco. In questo momento di incertezza, è meglio gestire il presente. Anche perché riforme di grande portata avrebbero costi enormi per lo Stato. Dobbiamo superare l’emergenza, certamente evitando una spirale tra prezzi e salari che, in passato, ci ha esposto a gravi problemi in termini di competitività.

Tuttavia, ci sono categorie sociali che devono essere protette, sono necessari aiuti per le famiglie, così come interventi spot di sostegno per superare una fase di rincari pesanti o per congelare almeno parzialmente i prezzi dei carburanti. Quando ci sono turbolenze, non ci si può affidare al pilota automatico, ma bisogna navigare a vista. Se poi il pilota è una personalità ammirata in tutto il mondo ed esperta, i passeggeri sono in buone mani.

Si riferisce ovviamente al nostro presidente del Consiglio Mario Draghi.

Certamente. Nonostante le turbolenze dei partiti e i vari giochetti che abbiamo visto negli ultimi giorni e che sono l’annuncio di una lunga campagna elettorale, abbiamo la fortuna di avere alla guida del governo un uomo esperto ed apprezzato in Italia e all’estero. Con la sua sola presenza al vertice dell’esecutivo, Draghi può dare rassicurazioni sul buon utilizzo dei fondi del Pnrr.

Abbiamo adempiuto agli obblighi indicati dall’Unione europea, abbiamo alcune riforme importanti in cantiere ed il premier rappresenta certamente una carta in più per il nostro paese. In passato, proprio la scarsa credibilità di alcuni leader di governo ha generato un incremento dello spread, con conseguente aumento degli interessi sul debito pagati dal nostro paese.

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