«Politiche attive, le risorse ci sono»

Intervista Michele Faioli, docente alla Cattolica: «Dal Pnrr arrivano cinque miliardi. Ora è fondamentale che tutte le Regioni diano attuazione ai progetti»

Per un pieno successo delle politiche attive per il lavoro agganciate al Pnrr «è necessario porre fine in Italia a un regionalismo differenziato e fare un patto serio fra Anpal e Regioni per far funzionare il programma Gol anche in Centro e in Sud Italia», afferma Michele Faioli, professore di diritto del lavoro in Università Cattolica e consigliere Cnel.

La legge di Bilancio del 2022 ha aperto la strada all’attuazione del Pnrr e alle attività per dar vita a nuovi programmi di formazione e riqualificazione, oltre che di sostegni all’Università e agli Its. In proposito è del 12 luglio la legge di riforma degli Its, gli Istituti tecnologici superiori post diploma per formare tecnici specializzati.

«Il Pnrr – afferma Faioli - ha tracciato la via che ora va percorsa in tempi rapidi. Per giovani e donne, soprattutto nel Sud Italia, fino ad oggi è stato fatto molto poco, ma ora la possibilità di recuperare c’è».

Professore, la crisi di Governo rischia di ritardare l’attuazione del Piano nuove competenze inserito nel Pnrr?

La missione 5 del Pnrr ha messo a disposizione quasi cinque miliardi redistribuiti per il programma Gol fra le Regioni italiane, che fra la primavera e l’estate di quest’anno hanno presentato all’Anpal i rispettivi piani di attuazione. Mi risulta che quasi tutte le Regioni lo hanno fatto e in particolare, al solito, le grandi regioni del Centro Nord sono già operative e hanno all’attivo le prime rendicontazioni secondo un meccanismo impostato e condiviso col Governo e che quindi sta già procedendo.

Di nuovo un’Italia a due velocità, dunque?

Alcune Regioni del Centro e Sud sono lente, non hanno ancora attivato il percorso e questo ovviamente è un male perché il Pnrr ha fra le finalità quella di mitigare le diseguaglianze anche nell’ambito delle politiche attive. Invece per le solite questioni delle diverse velocità fra Regioni efficienti e non efficienti si sta creando un effetto boomerang. Chi sapeva fare ha fatto e chi non sa fare continua a non fare. Non è un problema né europeo né di qualsiasi Governo, ma delle Regioni. In Emilia, Veneto e Lombardia il Piano per le politiche attive sta funzionando.

Il programma Gol, connesso al piano di potenziamento dei Centri per l’impiego e al Piano nuove competenze, avrà successo anche con quella fascia di lavoratori a bassa scolarizzazione oggi difficile da inserire?

Ricordo che il programma Gol ha un set di destinatari che non sono solo i disoccupati o gli inoccupati complessi, include anche i disoccupati di breve periodo. Ogni Regione ha dovuto impostare il proprio piano in base alle proprie analisi le misure, dall’inserimento al reskilling, alla ricollocazione e ha introdotto anche la gestione di fasce più o meno difficili da gestire. Ovviamente il problema sta nell’attuazione delle misure: se si introduce l’assegno per il lavoro oppure azioni territoriali oppure attività attraverso le unità di crisi in regioni dove i livelli delle strutture amministrative sono adeguate e funzionanti la misura ha effetto, altrimenti i programmi restano sulla carta.

I consulenti del lavoro esprimono scetticismo sul fatto che Gol riesca in modo significativo a inserire al lavoro le persone con scolarizzazione e competenze scarse. È d’accordo?

No. Gol e il Pnrr si pongono target diversi a seconda delle caratteristiche dei candidati e hanno la possibilità di agire a più livelli, con missioni diverse che vanno dal reinserimento all’upskilling. Le possibilità di successo stanno solo nello standard della struttura amministrativa che deve fare le relative operazioni. Tutte le misure sulle politiche attive già inserite in legge di Bilancio concorrono al bene del Paese, ma a monte c’è il male del regionalismo differenziato. Capisco chi nel Nord lavora bene da anni e non vuole ridurre il proprio standard, ma va trovata una soluzione per le regioni che hanno un maggior bisogno di politiche attive, dove la macchina pubblica non funziona.

Come si risolve?

Il Pnrr non ha superato questo scoglio, ha agito su una differenziazione regionale esistente. Al Sud non si sta dando risposta a due target di interesse del Pnrr, i giovani e le donne, per i quali abbiamo ricevuto oltre 200 miliardi. Serve un accordo serio fra Anpal e Regioni e serve un meccanismo di rimonitoraggio. Serve, in alcuni casi, anche l’esercizio del potere sostitutivo.

Quindi il commissariamento?

Diciamo un accompagnamento strutturale.

A conti fatti qual è il suo bilancio sul Reddito di cittadinanza che, ci ha ricordato di recente l’Istat, ha salvato dalla povertà un milione di italiani?

Sul punto ha fatto definitivamente chiarezza la commissione di studiosi istituita dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e presieduta dalla professoressa Saraceno, che ha messo in evidenza i limiti della legislazione sul Reddito e ha dato suggerimenti a correzione. Certamente la legislazione va reimpostata. Il punto debole sta nella ricollocazione al lavoro, studio da anni questa materia e individuo in questo aspetto il punto su cui intervenire. Si è prodotta una norma che ha un aspetto prevalentemente passivo e non restituisce alle persone la dignità di rientrare al lavoro.

Come vede l’attuazione di quella parte del Piano nuove competenze destinato ai 15-25enni per attività di alternanza scuola-lavoro,che tanto fa discutere?

Di nuovo, il sistema duale riguarda una materia gestita dalle Regioni, con una serie di buone pratiche attuate in Nord Italia, da estendere al resto del Paese. Senza dubbio la legge di Bilancio per il 2022 pensa ai giovani e dà il via a una programmazione che parte dal Pnrr, il quale contiene una sezione sociale sull’occupazione con misure per favorire le competenze e l’occupabilità dei giovani oltre che delle donne e lo fa nel quadro dell’istituzione di politiche attive e attività di formazione e riqualificazione e di decontribuzione per favorire le assunzioni.

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