Senza il Superbonus non c’è transizione green. E i costi dell’incentivo sono sostenibili

Il dibattito Una ricerca di Nomisma focalizzata sul maxi incentivo. «Va reso strutturale o il Paese non raggiungerà gli obiettivi Ue sul clima»

“C’è transizione senza superbonus?”: la domanda è stata al centro di un recente convegno promosso a Bologna dall’Ance Emilia Area Centro. Nel corso dell’iniziativa è stata presentata una ricerca condotta da Nomisma e dedicata alle ricadute economiche, finanziarie, ambientali, energetiche e anche sociali del superbonus 110%.

L’analisi dimostra come l’incentivo, con le sue agevolazioni, le detrazioni e i rimborsi per le ristrutturazioni edilizie, sia ampiamente sostenibile per le casse dello Stato, nonostante in questa fase si faccia sentire l’esborso economico preventivo. La misura, infatti, considerando i cantieri conclusi o in corso, ha generato un valore economico di 124,8 miliardi di euro, pari al 7,5% del Prodotto interno lordo italiano.

Le ricadute

Nomisma ha infatti calcolato un effetto diretto del bonus per 56,1 miliardi (la spesa aggiuntiva in costruzioni genera infatti una ulteriore produzione nel settore stesso ed in quelli collegati), un effetto indiretto per 25,3 miliardi (ogni settore attivato direttamente ne attiva altri in modo indiretto) ed un effetto indotto per 43,4 miliardi (le produzioni dirette ed indirette remunerano il fattore lavoro con redditi che alimentano una spesa in altri consumi finali). L’istituto di ricerca prevede inoltre che, per ogni beneficiario, l’investimento statale consentirà di generare un risparmio annuo medio in bolletta di 500 euro.

Le prospettive per i prossimi mesi, secondo l’istituto di ricerca, indicano in 7,3 milioni le famiglie italiane complessivamente interessate, con 63.500 cantieri in attivazione entro la fine dell’anno e 38,7 miliardi di detrazioni previste a fine lavori (per quanto riguarda i cantieri in corso). I numeri dimostrano come l’investimento superbonus sia, in termini assoluti, negativo per le casse dello Stato, ma anche come il contributo alla generazione del Pil nell’intero sistema economico nazionale riesca a compensare la spesa e a generare un valore aggiunto. Anche il Consiglio nazionale degli ingegneri, ricorda Nomisma, ha evidenziano come, nel 2021, il disavanzo per il bilancio nazionale, pari a 6,4 miliardi, sia stato compensato da una generazione complessiva diretta del Prodotto interno lordo per oltre 12 miliardi.

Per quanto riguarda, invece, l’impatto ambientale, l’investimento pubblico effettuato può contribuire concretamente alla politica di transizione ecologica: quello delle costruzioni è infatti uno dei settori di maggiore impatto per quanto riguarda la produzione di anidride carbonica ed è responsabile di circa un terzo delle emissioni globali.

L’ambiente

Il bonus edilizio, evidenzia ancora il centro studi Nomisma, ha già consentito di contenere in maniera significativa l’impatto ecologico degli immobili, con una riduzione di 979mila tonnellate di CO2 (un quantitativo corrispondente alla capacità di immagazzinamento di circa 6 milioni di alberi). Inoltre, la misura sta garantendo un netto incremento di produzione di energia rinnovabile (attraverso fotovoltaico o pannelli solari) installata sul parco immobiliare italiano. Grazie al superbonus, infatti, sono stati immessi in consumo 106 milioni di kW annui di energie rinnovabili, con una previsione di inserimento di ulteriori 37 milioni per i cantieri ancora in attivazione. Un fattore chiave all’interno della strategia energetica nazionale, considerata la necessaria riduzione dei consumi imposta dalle conseguenze della guerra in Ucraina.

Il superbonus opera poi sul patrimonio immobiliare esistente, producendo effetti positivi per quanto riguarda il contenimento di consumo di suolo e minori investimenti sulla realizzazione di servizi e infrastrutture: il risultato di questi vantaggi è quantificabile in 15,3 miliardi di euro complessivi.

L’analisi di Nomisma si conclude evidenziando il valore sociale dell’incentivo: i 38,7 miliardi di euro già investiti hanno comportato un aumento di occupazione per un totale di 634mila occupati (410mila nel settore delle costruzioni e 224mila nei comparti collegati).

Per quanto riguarda le famiglie, nonostante alcune evidenze mostrino come la misura abbia favorito in media i ceti medio-alti, ben 483mila nuclei famigliari con reddito medio-basso (sotto i 1.800 euro mensili) hanno avuto l’occasione di effettuare lavori di riqualificazione energetica per la propria abitazione, a costo zero. Inoltre, la scelta di riqualificare la propria abitazione anziché acquistare un nuovo immobile conduce ad un risparmio stimato in 40mila euro per unità abitativa.

Non solo. I numeri di Nomisma mettono in luce come la riqualificazione dei cantieri conclusi ad oggi abbia consentito un incremento del valore immobiliare di circa 4,8 miliardi.

«La misura espansiva del 110% - ha commentato Leonardo Fornaciari, presidente di Ance Emilia, nel corso del convegno di presentazione della ricerca – non deve più essere oggetto di tanta disinformazione e di un ingiustificato atteggiamento di sfiducia. Abbiamo dimostrato con la chiarezza dei numeri – ha proseguito - che non può esistere un piano di transizione ecologica senza il superbonus: se la misura non verrà resa strutturale, non raggiungeremo gli obiettivi di riduzione delle emissioni al 2030 e al 2050 e non saremo in grado di rispettare gli impegni assunti in Europa; e ad oggi, questo processo è bloccato ed è prioritario ed urgente riavviarlo subito, rimettendo in moto il mercato delle cessioni dei crediti».

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