Tre lavori per ogni persona. Possibile con la formazione

Andrea Malacrida, amministratore delegato del gruppo Adecco Italia e autore del saggio “Immaginare il lavoro” «Il mondo è cambiato, ma le competenze sono rimaste ferme. Uffici di collocamento? Personale non attrezzato»

Le criticità del mondo del lavoro in Italia, i tentativi di riforma che si sono succeduti negli ultimi decenni, le sfide del prossimo futuro connesse all’attuazione del Pnrr sono al centro della riflessione di Andrea Malacrida, amministratore delegato del Gruppo Adecco Italia, nel libro “Immaginare il lavoro” edito da Marsilio. Un saggio che disegna una grande mappa di un presente complesso e ricco di sfide, stimolandolo a immaginare un futuro del lavoro all’insegna del digitale, della sostenibilità, dell’inclusione.

Dottor Malacrida, il libro parte dal racconto della sua esperienza personale e professionale. Per quale motivo iniziare da qui?

Ho scritto questo testo perché nel 2022 si celebrano i venticinque anni del pacchetto di leggi Treu sul lavoro. Il professore è stato uno dei pochi ministri del Lavoro degli ultimi anni preparati e desiderosi di trovare soluzioni per migliorare concretamente il mercato del lavoro nazionale. Le leggi del 1997 ebbero risvolti inaspettati e le conseguenze di quanto accaduto si intrecciano con la mia vita personale e lavorativa. Il mio percorso infatti è stato parallelo allo sviluppo di Adecco in Italia. Il libro è quindi anche la storia di Adecco nel nostro paese ed il racconto dei cambiamenti repentini e decisivi avuti dal mercato. La prima parte del testo può quindi ispirare chi si sta formando, per capire quale bagaglio di esperienze costruirsi e come utilizzare di volta in volta quanto si è appreso, tenendo conto di un contesto in costante mutamento. Inoltre, cerco di raccontare una storia vera che altri imprenditori possono leggere rivivendo gli anni di sviluppo della propria azienda. La nostra impresa è nata in seguito ad un cambiamento legislativo, con alcune intuizioni giuste ma soprattutto con grande passione. La mia storia e la storia di Adecco rappresentano un messaggio per i giovani: se ce l’ho fatta io, dico spesso scherzando ma non troppo, ce la possono fare tutti.

La prefazione scritta dal professor Treu mette in luce le gravi criticità del mercato dal lavoro in Italia. Siamo messi così male?

Io e Treu condividiamo uno sguardo critico sulle squadre di governo che negli ultimi anni si sono succedute in Italia e riteniamo che alcune soluzioni proposte, soprattutto per le fasce più deboli, siano state più propagandistiche che realmente risolutive. Il problema più grave è dato dall’allergia dell’italiano medio rispetto al concetto di formazione e di aggiornamento. Se ti formi solo in seguito ad un bisogno concreto, rischi di essere in ritardo. L’obsolescenza delle competenze è un problema che diventa sempre più grave quanto più il cambiamento accelera. Quando il governo è intervenuto in piena pandemia con fondi straordinari per la cassa integrazione, ho proposto di collegare l’effettiva erogazione del contributo ad ore di formazione. In un anno e mezzo il mondo del lavoro è cambiato, ma la maggior parte delle competenze è rimasta ferma al 2019.

Quali sono stati i più grandi mutamenti dovuti alla pandemia?

Ce ne siamo accorti tutti subito. Molti imprenditori si vantavano di avere costruito grandi ed efficienti dipartimenti di digital trasformation ma la maggior parte di loro, dopo l’inizio della pandemia, si sono accorti di essere totalmente impreparati. Le poche imprese che davvero erano pronte sono esplose e sono cresciute in modo esponenziale, mentre altre si sono fermate e hanno alzato le mani, iniziando ad affrontare la questione digitale in modo più realistico e pragmatico.

Nel libro lei sostiene che, senza una riforma radicale delle politiche del lavoro, anche il Pnrr rischia di essere un’occasione persa. Quanto è concreto questo pericolo?

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è un’opportunità straordinaria ma, di fatto, ancora oggi non è partito. Lo ripeto anche in questo caso: probabilmente bisogna cambiare i percorsi di formazione delle classi dirigenti politiche che non riescono a far avanzare in modo spedito progetti fondamentali. Un caso emblematico, sempre restando nel mondo del lavoro, è quello degli uffici di collocamento: il problema non è tanto il numero elevato dei dipendenti, quanto piuttosto il fatto che, in molti casi, non sono adeguatamente indirizzati e formati. Ecco perché le agenzie per il lavoro funzionano meglio degli uffici di collocamento.

Il suo libro presenta cinque pilastri per immaginare un mondo del lavoro in Italia “a prova di futuro”. Il primo e il più importante riguarda l’innovazione nella scuola e nella formazione per creare un maggiore collegamento con le imprese. Quale soluzione propone?

Ci sono state alcune novità importanti introdotte dal Jobs Act nel 2015, purtroppo in parte modificate dai governi successivi a quello di Matteo Renzi. Tra le misure del Jobs Act ci fu anche l’alternanza scuola – lavoro, oggi in parte criticata ed anche a ragione. Ma io ritengo che sia stato un primo passo importante. Poi su questo tema si è fatto davvero poco: lo strumento è lasciato all’intraprendenza e alla lungimiranza di singoli imprenditori e di singoli dirigenti scolastici. Io credo che questa sia l’unica strada percorribile per un avvicinamento tra mondo della scuola e mondo del lavoro: altri percorsi sono troppo difficili in Italia. Incontro tanti imprenditori che costruiscono in azienda le loro politiche attive del lavoro; ci sono tante realtà che accompagnano i ragazzi verso il mercato del lavoro cercando di costruire percorsi che diano risposte alle effettive esigenze delle imprese. Non è la soluzione migliore, ma è auspicabile in questa fase: tante singole pratiche lungimiranti, infatti, possono contribuire a costruire un sistema. Non possiamo aspettare che cambi il mondo politico.

Il libro racconta anche la storia della startup Phyd. Di cosa si tratta?

Phyd sta per Phygital ed è una piattaforma digitale che si è trasformata anche in un luogo fisico. Al sito web tutti possono accedere in modo gratuito. L’idea è nata per creare un luogo di aggregazione e rispondere al forte bisogno di orientamento che c’è in Italia. Abbiamo voluto creare un posto accogliente che potesse anche essere stimolante. È stato costruito un algoritmo che misura l’indice di occupabilità di chi si iscrive. In passato il lavoro era a tempo indeterminato e l’occupazione tendenzialmente era la medesima per tutta la vita. Oggi è impossibile pensarci, nella vita di ciascuno ci sono almeno due o tre carriere o professioni: la flessibilità è una parte integrante del percorso. Phyd nasce per proporre un indice scientifico: sul sito web è possibile inserire il proprio background ed indicare una o più professioni a cui tendere. Dopo aver sottoposto alcuni test all’utente, il sistema indica un indice di occupabilità numerico da zero a cento, grazie ad un algoritmo costruito insieme a Microsoft. Dal giorno dopo, questo indice permette di ricevere costantemente sollecitazioni per percorsi formativi, seminari, eventi, letture; a queste iniziative è possibile partecipare sia sulla piattaforma digitale sia fisicamente a Milano in via Tortona. Una soluzione per orientare il singolo lavoratore che resta il vero protagonista. Se il tuo indice è 25 e vuoi persistere su questa strada senza migliorare, questa è una tua scelta. L’importante è esserne consapevoli.

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