Giuseppe, 102 anni e cuore d’oro: ospita due profughi dall’Ucraina

Tremezzina Sono i giovani nipoti della sua badante, scappati da Cherson a causa della guerra: «Come facevo a dire di no a volti così innocenti? Li ho conosciuti e sono ragazzi a modo»

Questa non è solo una storia di ordinaria accoglienza e umanità, con il conflitto ucraino sullo sfondo dentro una delle città simbolo di questa “fase due” della guerra, Cherson, dove i russi stanno imponendo moneta e passaporti e dove ora è in atto la controffensiva ucraina, nella speranza di riprendere il controllo sul fiume Dnepr.

Questa che vede protagonista Giuseppe Arnaboldi , 103 anni il prossimo 29 dicembre, è molto di più. Perché questo ultracentenario conosciuto stimato a Lenno e in Tremezzina (lui che rivendica con orgoglio le sue origini canturine) ha deciso di ospitare i nipoti di Natalia, la badante che da otto anni si prenda cura di lui.

Sofia e Denis, 20 e 21 anni, sono arrivati a Lenno una settimana fa. Hanno viaggiato in auto ininterrottamente per una settimana, perché con quasi tutte le vie di fuga chiuse hanno dovuto transitare dalla Crimea (sotto la minaccia russa) e da lì in Georgia, Turchia, Bulgaria e così sino ad approdare in Italia. «Io, mio padre e mia madre abbiamo guidato sette giorni e sette notti senza mai fermarci, salvo brevissime soste», fa notare Denis. E mentre il padre e mamma Anna sono approdati in Toscana, i figli hanno raggiunto la nonna a Lenno.

Sette giorni senza fermarsi

«Come si fa a dire di no a due volti così innocenti. Li ho conosciuti in questi dieci giorni. Sono ragazzi a modo. Studiano e cercano di tenersi in contatto con il loro Paese - fa notare Giuseppe Arnaboldi -. Ho chiesto a Loredana, mia nuora, che tutto fosse in regola e cioè che la loro presenza qui fosse a norma di legge. Perché il rispetto della legge e delle regole mi ha accompagnato in tutti questi anni».

Natalia sorride mentre ascolta Giuseppe Arnaboldi raccontare il perché di questa scelta. Sofia e Denis annuiscono e, prima della foto di rito, con “nonno Giuseppe” nella loro lingua dicono di essere felici per l’approdo in Italia, mimando le difficoltà di questi mesi di guerra, con le bombe che cadevano sui ponti del Dnepr, obbligandoli a rifugiarsi in cantina.

Gara di solidarietà

Una volta a Lenno si sono però subito messi all’opera, attivando on line i contatti per poter frequentare le lezioni di Psicologia (Sofia) e dell’Attività connessa alle Dogane (Denis). Loredana Bonvini - anch’essa molto conosciuta sul territorio - aggiunge un altro dettaglio, che ben inquadra lo spirito che contraddistingue questa famiglia: «Mio suocero ha accolto ben volentieri questi due ragazzi e io ho fatto altrettanto con l’altra figlia di Natalia, Olga, che è a casa mia con il marito ed i due figli. È giusto che anche in questa fase chi può accolga queste persone provate da sei mesi di guerra».

Giuseppe Arnaboldi annuisca prima di lasciare senza alcun aiuto la poltrona per la foto di rito con nuora, badante ed i due nipoti acquisiti. La vita l’ha messo di fronte a dure sfide - ne avevamo dato conto nell’articolo a corredo della festa per i 100 anni - con la perdita di due figli e della moglie. «Sono qui e la mia casa da qualche giorno è la loro casa», chiosa il signor Giuseppe, accompagnando quest’affermazione con uno dei suoi sorrisi rassicuranti che le due comunità di Lenno e Ossuccio hanno imparato a conoscere.

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