Il vescovo: «Don Roberto
Il suo sacrificio non sia inutile»

In Duomo la celebrazione in suffragio: Monsignor Cantoni: «Tocca a noi il coraggio di svilupparne l’esempio»

Il sacrificio d’amore di don Roberto Malgesini «spalanca alla Chiesa e a tutta la società la possibilità di una straordinaria, inimmaginabile fecondità, che tocca a noi tutti però sviluppare con determinato coraggio evangelico, perché l’esempio di don Roberto non sia vano!».

La speranza

Sono parole cariche di fede e di speranza quelle pronunciate dal vescovo, monsignor Oscar Cantoni, durante la messa in suffragio del sacerdote ucciso martedì mattina da uno dei bisognosi cui più volte aveva prestato aiuto. Parole che rimandano all’immagine del «chicco di grano, di evangelica memoria - ha affermato monsignor Cantoni -, che caduto in terra muore e produce molto frutto». Parole rivolte all’intera città e alla Diocesi di Como, variamente rappresentate alla celebrazione di ieri mattina in cattedrale, presieduta dal cardinale Konrad Krajewski, elemosiniere pontificio.

Oltre a Mario, Caterina ed Enrico, i fratelli di don Roberto - mentre i genitori Ida e Bruno hanno seguito la diretta televisiva da casa, a Regoledo di Cosio - nelle prime file di banchi erano presenti le autorità civili e militari. Tanti i fedeli, in rappresentanza delle comunità dove don Roberto ha svolto il suo ministero, Gravedona e Lipomo, che lo hanno avuto come vicario parrocchiale, e la Comunità pastorale Beato Giovanni Battista Scalabrini, dove negli ultimi dodici anni è stato collaboratore, occupandosi dei più poveri, degli “ultimi” della città. Anche loro non hanno voluto mancare all’appuntamento in cattedrale, accompagnati dai volontari che affiancavano don Roberto e che ora proseguiranno nella sua opera. Significativa anche la presenza di diversi vescovi delle diocesi della Lombardia e decine i sacerdoti che da ogni parte di quella lariana hanno voluto essere presenti e pregare per il loro confratello defunto.

Alla variegata assemblea della cattedrale, «sede più idonea - ha spiegato il vescovo Oscar - perché la nostra Comunità, con un cuor solo, possa esprimere i sentimenti più profondi del cuore in questo momento di dolore e insieme di consolazione», si sono unite anche le decine di persone che hanno seguito il rito grazie ai maxischermi nelle piazze Cavour, Grimoldi e Verdi, con numerosi volontari ad assicurare il distanziamento e il rispetto delle norme anti Covid.

«Come credenti, oggi, sia pure con le lacrime agli occhi, mentre affidiamo al Padre il nostro fratello don Roberto, celebriamo la vittoria di Cristo sul male e sulla morte», ha affermato monsignor Cantoni nell’omelia, ringraziando per la loro presenza quei poveri «che don Roberto ha seguito con amore e sollecitudine, a cui abbiamo voluto assegnare uno spazio privilegiato, per ricordarci che nel Popolo di Dio i poveri devono occupare un posto previlegiato, dal momento che Dio li porta al centro del suo cuore».

Catena di testimoni

Monsignor Cantoni ha poi ricordato che «il sacrificio di don Roberto, martire della carità e della misericordia, è l’ultimo anello di una lunga catena di miti testimoni del Signore». E ha citato i beati Alfredo Cremonesi e Pino Puglisi, poi don Giuseppe Diana, don Daniele Badiali dell’Operazione Mato Grosso, come il valtellinese Giulio Rocca, don Renzo Beretta e suor Laura Mainetti, «che sarà beatificata il 6 giugno a Chiavenna».

Concentrandosi poi sulla figura di don Roberto, il vescovo ha ricordato che «manteneva i piedi per terra, ma quotidianamente alimentava la sua speranza con la fedeltà nella preghiera, a cui dava lungo spazio prima di iniziare il suo servizio». E il segreto della «sua vita consumata fino al dono totale di sé» stava nello «sguardo contemplativo, con cui sapeva intravvedere i “cieli nuovi e la terra nuova” promessi dall’albero della croce».

A chi, in questi giorni, si sia interrogato sul senso del sacrificio di don Roberto, il vescovo Oscar ha ribadito che «la risposta viene dal Vangelo: “se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?”. Don Roberto ci ha insegnato a mettere i poveri al centro delle nostre attenzioni e delle nostre cure, da qui la necessità di una presenza d’amore verso tutti, senza attendersi ringraziamenti o riconoscimenti umani, in piena gratuità. Si tratta di una strada di guarigione dal nostro cuore ferito dal peccato, per assomigliare al Padre che è perfetto. Egli non rinnega mai la sua paternità. Da qui l’invito a pregare perfino per coloro che ci fanno del male».

© RIPRODUZIONE RISERVATA