Lariowood come il set di un film horror
Paesi fantasma e il futuro adesso fa paura

Il racconto di una pasquetta deserta sul lago più bello del mondo, abbandonato da tutti quanti. Bene il rispetto dei divieti, ma lo scenario amato dai turisti sembra lo sfondo del film “Io sono leggenda”

Il “Souvenir d’Italie” di questa Pasqua bisestile sono tre serrande abbassate e un Tricolore appeso alla terrazza. Di fronte: una strada vuota e a una scalinata bagnata da un lago piatto, increspato a tratti da refoli di vento e dal battito d’ali di qualche airone.

Sembra davvero un set cinematografico, questa Lariowood. Il remake di “Io sono leggenda”, il film con uno Will Smith sopravvissuto a una pandemia globale (quando realtà e finzione si sfiorano). E mentre lo attraversi quel set, a bordo del motoscafo della Guardia di finanza da Como a Bellagio, devi gestire le fratture dell’anima: da un lato lo stupore per la bellezza del lago più bello del mondo, per certi versi ancora più bello così incontaminato e silenzio, dall’altro l’angoscia e la tristezza di fronte alle strade deserte, le spiaggette vuote, le barche ormeggiate, gli ombrelloni dei bar chiusi, le persiane alle finestre degli hotel sbarrate, i tavolini dei ristoranti accatastati e incatenati, le strette scalinate dei borghi lariani scippate del chiacchiericcio dei turisti e dei passanti e dei residenti.

Niente barche né battelli

Da giorni, ormai, soltanto due imbarcazioni increspano l’acqua del lago: quella delle fiamme gialle, impegnata a far rispettare l’ordinanza Covid, e quella del pescator gentile di Lenno, che traghetta ogni mattina l’amica infermiera per accompagnarla al lavoro, in una casa di riposo aggredita dal virus.

Si parte dalla base del comando navale Lago di Como, accanto allo Yacht Club. Sembra un bellissimo e normale giorno di primavera, non fosse per il viale dello stadio deserto, senza neppure un’auto in sosta, e non fosse per le porte dell’hangar sbarrate, senza neanche un idrovolante che si lascia dondolare dalle acque del lago. Unica presenza, finanzieri a parte, una coppia di pensionati – il volto coperto dalla mascherina – sulla passeggiata che porta a Villa Olmo.

Mentre il Victor3006 si allontana dalla città non passa inosservata la zona del Monumento ai Caduti popolata soltanto da cigni, l’area del Tempio Voltiano con un’auto della polizia e basta, la diga foranea completamente deserta. «Di barche non ne troveremo di sicuro» vaticina l’equipaggio delle fiamme gialle. E così è, in effetti. Fermi, ovvio, anche i battelli. E pur i traghetti sono ormeggiati davanti agli imbarchi sbarrati. La maggior parte delle ville che si affacciano sul lago sono chiuse, con pochissime eccezioni. Passi da Blevio, e non vedi nessuno. La piazzetta di Torno è spettrale. Careno una frazione fantasma. L’Orrido di Nesso spaventosamente deserto. Ma è soprattutto Bellagio a fare impressione.

Bellagio irriconoscibile

La perla sembra essersi richiusa nella sua ostrica. Il motoscafo ormeggia accanto al molto privato del Tasel. Al secondo piano della casa sopra il negozio”Souvenir d’Italie” si affaccia un uomo: «Buongiorno. Bellagio così vuota? Neppure in inverno». La scalinata della salita Serbelloni, un classico degli scatti dei turisti, è un lungo serpentone di porte, saracinesche, cancellate chiuse. Anche qui unica presenza umana due persone affacciate al balcone. Il comandante della motovedetta si ferma a scambiare due chiacchiere: «Non c’è davvero nessuno in giro» confermano loro.

E pensare che a pasquetta Bellagio è inavvicinabile. Parcheggi pieni, strade affollate, bar e ristoranti da tutto esaurito. E non puoi non pensare che, forse, questa stagione è già finita e se lo è chissà quanti riusciranno a riaprire, a sopravvivere all’inevitabile crisi.

Sulla sponda opposta, la Regina, che di questi tempi è tutta un rombare di moto, sembra una stradina di periferia, di quelle che nessuno percorre perché non porta a nulla. La prima auto che si scorge dal lago, dopo un paio di minuti abbondanti di osservazione, è quella dei carabinieri. Gli hotel di Tremezzo sembrano pezzi di un domino che nessuno osa toccare. Edifici chiusi, persiane tappate, lungolago popolato soltanto da piccioni e anatra e cigni.

Qualcuno in più lo scorgi tra Ossuccio e Sala Comacina. Ma sono terrazzi e finestre e giardini privati. Sì, ci sono un ragazzo e una ragazza che se la danno a gambe appena vedono i finanzieri perchè sanno che il loro picnic viola il coprifuoco e sì, c’è l’anziana del paese che dà da mangiare alle anatre e pure lei, vedendo la finanza, preferisce andarsene. Ma poi il nulla.

Andrea Butti, il fotografo, scatta e riscatta e immortala: «Così il lago non lo vedremo mai più...». Almeno si spera. Che girando per il set di “Io sono leggenda” capisci che il Lario è meraviglioso. Ma anche che solo condividendo con gli altri la gioia di questi luoghi, puoi davvero celebrare la bellezza e la vita.

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