Crac Cartorama, “spariti” 25 milioni: a processo il presidente della società

Turate L’altro imputato ha scelto il patteggiamento, con un risarcimento da 230mila euro. Sotto accusa Claudio Gaggio. L’avvocato: «Distrazioni di capitale? No, legittime operazioni»

Un rinvio a giudizio e un patteggiamento, che segue un primo accordo sulla pena (da parte di un altro indagato) che risaliva ancora ai tempi delle indagini preliminari.

È andata in scena, nelle scorse ore, la vicenda giudiziaria che era nata dal crac del Gruppo Cartorama srl (già Cartorama Holding srl) con sede legale a Turate. Società dichiarata fallita con sentenza del Tribunale di Como datata 9 dicembre 2015.

Secondo l’ipotesi accusatoria, al centro del contendere ci sarebbero risorse finanziarie pari a oltre 25 milioni di euro che sarebbero state distratte dal patrimonio finanziario nell’ambito di diverse operazioni poi finite nel mirino delle indagini.

L’inchiesta

Davanti al giudice dell’udienza preliminare sono state discusse le posizioni di Claudio Gaggio, 71 anni, nato a Lomazzo ma residente a Franschhoek in Sud Africa, presidente del consiglio di amministrazione dal 18 dicembre 2008 al 28 ottobre 2014, e Franco Feudatari, 60 anni di Carimate, amministratore di fatto fino al 2011. Quest’ultimo (assistito dall’avvocato Domenico Raschellà) ha patteggiato 2 anni con la sospensione condizionale della pena, pagando anche 230mila euro di risarcimento alla curatela.

La posizione più complicata era invece quella di Gaggio, cui facevano capo tutti e nove i capi di imputazione, che tramite il proprio avvocato Fabio Gualdi ha deciso di sfidare l’aula in un pubblico dibattimento. L’imputato è stato rinviato a giudizio e comparirà a Como il 13 luglio 2023.

Le contestazioni

«Andremo a dibattimento sereni – commenta al riguardo l’avvocato Gualdi, per conto di Gaggio che rimane in Sud Africa - Affronteremo ogni capo di imputazione che ci verrà contestato portando in aula documenti e testimonianze per dimostrare che si trattava di operazioni che erano assolutamente legittime, senza indici di fraudolenza e per di più sotto la vigenza e l’osservanza della curatela».

La vicenda riguarda ovviamente il crollo dell’azienda che era leader a livello nazionale nel settore del commercio di prodotti di cartoleria e di cancelleria. Gruppo che era stato dichiarato fallito dal tribunale nell’ormai lontano 2015. Le accuse parlano di bancarotta fraudolenta con una distrazione di beni dell’azienda che avrebbe superato i 25 milioni di euro, cifra che solo a scriverla fa impressione. Ad indagare sul fallimento erano stati i militari della Guardia di finanza del Nucleo economico finanziario di Como. Al centro del capo di imputazione una lunga serie di presunte distrazioni di capitali, in cui Gaggio figurerebbe sempre al contrario di Feudatari cui vengono contestati solo – si fa per dire – quattro capi su nove.

Nei guai era finito anche un altro indagato, che per l’accusa era stato un amministratore di fatto «a partire dalla costituzione e sino alla dichiarazione di fallimento», che nel corso delle indagini aveva scelto di patteggiare la pena a 3 anni 8 mesi.

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