Mamma di due figli travolta dall’auto: due anni e otto mesi all’investitore

Oltrona Michela Russo, 32 anni, camminava sulla Lomazzo-Bizzarone nei pressi di casa. Il conducente si era allontanato, tornando poco dopo: «Scappato? No, non mi ero accorto»

Era la sera del 19 ottobre 2018. Michela Russo, 32 anni di Arcisate, madre di due bambini, camminava lungo la Lomazzo Bizzarone nel tratto che passa dal territorio comunale di Oltrona San Mamette. Erano le sette della sera, era buio, e la donna si trovava in un punto che passa in mezzo al bosco e dove non ci sono marciapiedi.

Michela era con un amico che se la vide volare via davanti, travolta da un’auto che sopraggiungeva. Fece appena in tempo ad avvertire l’amica: «Michela, la macchina», ha testimoniato in una udienza dai forti contenuti drammatici.

La donna morì dopo due giorni di agonia in ospedale, senza mai riprendere conoscenza.

La sentenza

Ieri mattina, davanti al Collegio del tribunale di Como presieduto da Valeria Costi (a latere Veronica Dal Pozzo e Maria Lombardi Stocchetti) le parti hanno concluso ed è arrivata anche la sentenza che ha condannato l’uomo che era alla guida – il marocchino Hamid Karim, 30 anni, difeso dall’avvocato Tiziana Vignoni – alla pena di 2 anni e 8 mesi con in più la sanzione accessoria della revoca della patente di guida. L’accusa è stata quella di omicidio stradale, ed il pubblico ministero Simone Pizzotti aveva chiesto una pena più alta (cinque anni) non riconoscendo le attenuanti generiche equivalenti come invece fatto dal Collegio nel dispositivo.

L’imputato, come aveva già chiesto nella precedente udienza tramite il proprio legale, ieri ha parlato davanti ai giudici prima della camera di consiglio.

Il marocchino ha detto di non essersi accorto di aver colpito una persona, di pensare che fosse qualcosa d’altro ma non una donna.

E ha poi detto di essere tornato indietro perché aveva visto del traffico crearsi lungo la strada, trovandosi di fronte ad un pattuglia della finanza che aveva raccontato l’accaduto e a cui aveva a quel punto detto di essere lui l’uomo che guidava l’auto.

Nel corso delle udienze del processo era emerso, in precedenza, la dinamica di quello che era accaduto in quella drammatica serata.

La dinamica

Michela Russo era uscita con dei colleghi di lavoro per bere un aperitivo. Aveva poi deciso di andare a recuperare una amica a casa.

Era arrivata ad un centinaio di metri dall’abitazione ed era scesa dall’auto proseguendo a piedi, assieme ad un altro collega, per andare a recuperarla. Qui, mentre attraversava la strada – entrambi avevano in mano in telefonino con le torce accese – era sbucata l’auto che l’aveva travolta.

La donna era stata immediatamente soccorsa dall’amico che aveva chiamato il 118 e i carabinieri.

L’automobilista invece si era allontanato per poi tornare indietro dopo qualche minuto presentandosi ai militari per dire di essere lui l’autore di quell’investimento.

Ieri, infine, l’epilogo con la condanna a due anni e otto mesi.

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