«Non trovo personale per il bar. Preferiscono andare a lavorare in Svizzera»

Appiano Gentile Renato Lopetrone apre una nuova attività, ma con orari ridotti. «Non c’entra il reddito di cittadinanza, ma la concorrenza della Svizzera»

Cerca personale per aprire un nuovo bar, ma rispondono in pochi. Sarà costretto a partire con orario ridotto. La carenza di personale nel settore della ristorazione è una piaga con cui, ormai è chiaro, bisogna fare i conti. A farne le spese stavolta è Renato Lopetrone, già titolare del Caffè del centro in piazza Libertà, in procinto di riaprire la caffetteria Timecaffe che fino a dicembre era gestita dai precedenti proprietari, Fabio Arrigoni e Marzia Campanella, andati in pensione.

In vista della riapertura del locale che ci chiamerà New Timecaffe, prevista per marzo – aprile, è iniziata la ricerca di personale con risultati deludenti.

Cerca quattro persone

«Avrei bisogno di almeno quattro persone, perlopiù donne sotto i 35 anni residenti in zona da inserire come bariste-cameriere, e un uomo – spiega Lopetrone – Con grosse difficoltà finora siamo riusciti a trovare due ragazze, ma non bastano per garantire l’apertura del nuovo locale dalle 7 alle 23. Saremo costretti a partire, se riusciamo a marzo, con apertura solo mezza giornata, dalle 7 alle 15».

La situazione

Scelta forzata nell’impossibilità di reperire il personale che servirebbe. «Offriamo un’assunzione regolare come barista di quinto livello, con contratto collettivo nazionale del lavoro nel settore del commercio (circa 1.300 euro) – spiega Lopetrone – Molti di quelli che hanno risposto all’annuncio poi hanno rifiutato l’offerta perché vogliono avere libero il weekend e non lavorare di sera. Il nostro è un lavoro che sotto questi aspetti richiede sacrifici e tanti non sono disposti a farli. Dopo il Covid il settore della ristorazione ha problemi di carenza di personale. Chi lavorava in questo ambito durante la pandemia si è ritrovato a stare a casa nel fine settimana e di sera e anche dopo l’emergenza sanitaria ha preferito orientarsi su altri tipi di lavoro, magari anche meno gratificanti, ma che permettono di avere più tempo libero. Tanti mandano il curriculum, ma non corrispondono ai requisiti (hanno risposto anche dal Lazio, con richiesta di alloggio). Altri fissano il colloquio e neppure si presentano».

Sulla difficoltà a reperire personale non pesa il reddito di cittadinanza. «Nessuno di quelli a cui abbiamo fatto un colloquio ha rifiutato perché percettore di reddito di cittadinanza – conferma Lopetrone - Il vero problema è la vicinanza con la Svizzera. Le persone capaci e con ha voglia di lavorare in questo settore vanno in Svizzera dove vengono pagate 2.800-3.000 franchi al mese e se sono brave anche di più. Noi non ci possiamo neanche avvicinarci a stipendi di tali importi. Possiamo offrire cento euro in più, ma non possiamo dare quello che prendono in Svizzera perché in Italia, al datore di lavoro, il personale costa il doppio rispetto a quello che arriva in busta paga al dipendente, mentre in Svizzera le tasse sono al 20%».

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