Guerra e pandemia il bello della diretta

In Occidente, negli anni Venti del nuovo Millennio, il futuro e il presente sembrano compressi e inseparabili nel magico cerchio del desiderio. Grazie all’introduzione dell’“on demand” come modello di business - e filosofia di vita - l’attesa tra desiderare e ottenere si è contratta in una sottile parentesi di piacere.

Se cercassimo una linea di demarcazione per scandire l’esplosione dell’on demand, potremmo scegliere l’avvento di Netflix e la sua diffusione su scala globale. La rivoluzione culturale messa in atto dal servizio di streaming online ha sbaragliato qualsiasi concorrenza. La possibilità di fruire di contenuti svincolati da un palinsesto non era certamente nuova ma Netflix ne ha ridefinito gli standard facendo collimare il concetto di qualità con quello di streaming. Improvvisamente, l’offerta di televisione commerciale, servizio pubblico e reti digitali è apparsa obsoleta, inadeguata.

Un’intera generazione ha trovato su Netflix narrazioni inedite e entusiasmanti, capaci di parlare al loro nuovo universo di valori. Mentre la televisione subiva la prima ondata di questo mutamento, che in meno di una decina d’anni ne ha ridefinito il sistema, anche il mercato andava trasformandosi. Con Amazon Prime, ventiquattr’ore per ottenere tutto ciò di cui tu abbia bisogno; con i servizi di food delivery, comodamente consegnati da rider pronti a sfidare qualsiasi avversità; con i negozi online più disparati, tra i più bizzarri quelli che arrivano a consentirti di comprare cimeli dell’antichità e pagarli alla consegna.

Farsi il proprio palinsesto

Le nostre esistenze, ingolfate nel vecchio sistema lineare, da sempre compresse in un’agenda definita da altri, hanno reagito a questa novità infiammandosi.

La rivoluzione dell’“on demand” ha reso frizzante la nostra società liquida, creando un’infinità di nuove bolle psichiche, emotive, sentimentali. Ne sono un esempio app di incontri come Tinder, in cui un algoritmo promette amore su richiesta proponendo un’immensa offerta di uomini e donne con cui rimediare un appuntamento.

Nuove scale di valori

Al moltiplicarsi delle possibilità, fermarsi e intraprendere una storia esclusiva con un solo partner parrebbe la scelta meno vantaggiosa. Queste nuove strutture, che abbattono intere gerarchie di valori attraverso l’agilità di un’app, non agiscono passivamente. Spesso, anzi, rivendicano il loro ruolo di trasformatori, proponendosi come nuovi baluardi di civiltà. Così diritti umani e inclusività diventano cuore pulsante delle narrazioni seriali di Netflix; il piccolo artigianato trova nuovo vigore nella vendita online; il libero amore si fa espressione di un modo diverso di intendere le relazioni, crollato il modello della famiglia tradizionale.

Tutto sembrerebbe parlare di futuro, non fosse che il lineare, il palinsesto, il vecchio mondo gerarchizzato esistono ancora e sembrano avere la forza di bucare le fragili celle di questa nuova riorganizzazione.

Le occasioni per accorgercene, di recente, non sono mancate. Prima l’esplosione della più grande pandemia dell’ultimo secolo, poi lo scoppio delle tensioni tra Ucraina e Russia, che assume sempre più i tratti di un terzo conflitto mondiale.

Eventi tanto traumatici devastano in maniera irreparabile lo storytelling scanzonato dell’“on demand”. La storia e il tempo escono dalla compressione dell’istante per riassumere la propria solennità di grandi scansori degli eventi. Così la televisione e la radio recuperano terreno: la narrazione del mondo si ripropone cronologica, consequenziale, perfettamente calata in un flusso che scorre sempre in avanti. I notiziari tornano ad essere rilevanti, si riappropriano dello scettro della credibilità perduta nella frammentazione dell’informazione online. La diretta si riprende lo spazio di una narrazione ininterrotta che sa parlare come nessun altro di un presente ferito e in mutamento.

Quando la società liquida, rapida e scostante, si scontra con situazioni in cui la sopravvivenza sembra dipendere più dal villaggio reale che da quello globale, gli esseri umani riscoprono riti, concretezza, tribalità. I vicini di casa che cantano con noi dal balcone; l’appuntamento serale con il bollettino dei contagi; le ore di diretta dall’Ucraina; la corsa a svuotare i banchi del supermercato per accaparrarsi beni di prima necessità.

Se risulta difficile tracciare una prospettiva chiara di quale tendenza connoterà il nostro futuro, altrettanto complesso è doversi adattare a questo nuovo ambiente ibrido, in cui le spinte di società, tecnologia e istinto sembrano stracciare ogni equilibrio.

Ma quale spazio ha, in questa tensione, la nostra felicità?

L’abbiamo forse confusa con il desiderio, come diceva Bauman, in una frenesia di consumo in cui passiamo di oggetto in oggetto, fino a bramare il desiderio stesso più della sua realizzazione. In questo senso, forse, essere gettati violentemente nel tempo può restituirci la prospettiva che rischiamo di perdere nella bolla dell’“on demand”. Può ridefinire la felicità come obiettivo da costruire nel lungo periodo, che assume un significato diverso nella condivisione. Può portarci ad integrare nuovi valori in antiche strutture sociali, facendoci evolvere.

Scrivere narrazioni che tengano conto di questo cambio di prospettiva e riformulare i nostri ritmi biologici e esistenziali su un senso di comunità che sembrava perso potrebbe permetterci di ottenere risultati inattesi. Come essere felici.

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