Cosa succede quando si ammala il midollo? La leucemia è anche una questione di età

Intervista Circa 4.500 nuove diagnosi all’anno in Italia, di cui 3mila in forma acuta: colpisce soprattutto oltre i 70 anni. Il rischio di evoluzione da cronico ad acuto è alto: «Bisogna curare subito con il trapianto delle cellule staminali»

La leucemia nel nostro territorio sembra ormai essere diventata una malattia non più così rara. Una conseguenza, spiegano gli esperti, del generale invecchiamento della popolazione. Secondo l’Airc, l’associazione italiana per la ricerca sul cancro, sono circa 17,5 i casi di leucemia ogni 100mila uomini e 10,5 i casi tra le donne.

Professor Matteo Della Porta, responsabile all’Humanitas della sezione Leucemie e mielodisplasie, iniziamo dalle basi, può spiegarci in cosa consiste questa temibile malattia?

È una malattia del midollo osseo. In termini più scientifici significa che si ammala la cellula staminale, che è deputata alla produzione dei globuli bianchi, dei globuli rossi e delle piastrine. Tre prodotti importantissimi perché, rispettivamente, difendono il nostro organismo, portano la benzina per nutrire le nostre cellule e riparano le emorragie. Se si ammala la cellula staminale la produzione rallenta o peggio si arresta. Il che ci rende estremamente deboli, a volte tanto da essere in pericolo di vita.

Quanto è frequente?

Circa 4.500 nuove diagnosi all’anno in Italia, di cui 3mila in forma acuta. Colpisce più gli uomini, nei grandi numeri si manifesta oltre i 70 anni. Ecco perché oggi apparentemente la leucemia sembra più diffusa, perché la popolazione lombarda è più longeva.

La speranza di vita?

La differenza sta tra le forme meno severe, croniche, con un impatto sulla salute più gestibile e le forme che invece diventano acute.

Quanto spesso diventano acute?

Il rischio di evoluzione da cronico ad acuto è alto. Bisognerebbe curare subito in maniera radicale e definitiva la malattia, con il trapianto delle cellule staminali. Ma oltre una certa età non sempre è possibile. Il trapianto diventa troppo rischioso, tossico, sui giovani invece il rischio di mortalità da trapianto è molto più ridotto. Oggi però abbiamo una nuova classe di farmaci, delle terapie che pur non essendo risolutive correggono l’insufficienza del midollo e ritardano l’acutizzazione.

Farmaci biologici?

Esatto, oltre al trapianto disponiamo di strumenti che dieci anni fa non esistevano. Si va verso una medicina personalizzata, con farmaci capaci di colpire obiettivi diversi da paziente a paziente.

Perché il midollo osseo si ammala?

Questa è forse la domanda più importante. Di sicuro sappiamo che un fattore chiave è l’età.Oltre i settant’anni le cellule staminali invecchiano. Il nostro corpo tende a difendersi meno bene dagli errori che normalmente avvengono nel nostro Dna. Le cellule più giovani si riparano oppure distruggono ciò che può dare problemi. Mentre un midollo vecchio è meno efficiente. Così non fosse del resto saremmo eterni. Comunque, semplificando, queste mutazioni del Dna possono trasformare una staminale in una cellula tumorale.

Che poi prolifera?

Sì, le cellule malate si diffondono a discapito del sangue sano minando la produzione dei prodotti necessari al nostro organismo.

I fattori ambientali contano?

Causano la leucemia le radiazioni ionizzanti, le conseguenze dei disastri atomici. Oppure alcune sostanze come il benzene e i suoi derivati. Le leggi oggi ci tutelano molto: confidiamo che la guerra non arrivi mai a tanto.

Le cure oncologiche?

Anche quelle possono risultare tossiche. Le persone molto fragili, già a rischio, possono sconfiggere un tumore solido con la chemio o la radioterapia, che però hanno un sottile rischio leucemia. Anche qui vale lo stesso ragionamento. Oggi milioni di persone per fortuna sopravvivono ai tumori più comuni rispetto al passato, l’incidenza del rischio leucemia dopo le cure quindi in assoluto è più rilevante.

E la genetica?

Giusto, nonostante l’età ci sono delle forme giovanili di leucemia a cui non è possibile applicare il modello dell’invecchiamento. Quindi supponiamo abbiano una predisposizione genetica. Tra il 5% e il 10% delle leucemie acute ha questa radice.

Conoscere i geni è importante?

Conoscere le cause di una malattia in medicina consente sempre di immaginare delle cure migliori. Individuare nella leucemia le forme genetiche associate ci permette per esempio di scegliere il donatore ottimale per un trapianto, magari tra i familiari che non hanno le stesse alterazioni. È importante anche per monitorare i parenti che hanno quel difetto genetico.

La diagnostica molecolare?

La malattia in ogni paziente ha una diversa severità e un diverso rischio evolutivo. Le indagini molecolari e genetiche possono darci informazioni sulla possibile prognosi. Se la patologia è molto probabile diventi presto acuta ci si orienta subito dove possibile verso il trapianto. Al contrario se il trapianto non è indicato la diagnostica può suggerire al medico i farmaci più indicati da usare.

Come si fanno questi test?

Oltre agli esami del sangue la valutazione principale consiste in una piccola biopsia del midollo. È facile, si fa vicino al bacino, asportando anche un frammento d’osso.

Così è possibile prevenire la leucemia?

Questo è un concetto molto delicato. Noi sappiamo che certe mutazioni nelle cellule possono portare alla leucemia e che questi segni possono essere presenti anche molti anni prima rispetto alla manifestazione della malattia. Si chiama emopoiesi clonale, è un precursore che conferisce un aumento del rischio leucemia. Si vede già nel sangue periferico. Ma come ovvio non è pensabile proporre un intervento prima che la malattia si palesi. Si può monitorare, si può forse interessare i familiari portatori dello stesso segno. Ma la leucemia potrebbe comparire chissà quanto tempo dopo e occorre valutare molti fattori, entrano in gioco argomenti come detto delicati. Diciamo, piuttosto, che questo tema stimola la ricerca scientifica.

Il trapianto del midollo fa paura?

È importante dire che è una procedura sempre e per forza sicura per il donatore. Un’équipe terza, indipendente e imparziale valuta le condizioni del donatore e lo esclude in caso di minimo pericolo. L’operazione di per sé non è drammatica, la facciamo da sessant’anni.

Di leucemia si è parlato per via di Silvio Berlusconi..

Per quel che sappiamo dalla stampa Berlusconi soffre, data l’età, di una leucemia cronica, un’insufficienza di midollo e un rischio evolutivo verso una patologia acuta. È una malattia che escluso il trapianto è da gestire con delle terapie farmacologiche specifiche. La fragilità che ne deriva però può esporre il paziente a diverse complicanze e infezioni. Nel caso specifico a una polmonite.

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