Demenze, casi in crescita: in Italia sono un milione

Neurologia Nel mondo si registra una diagnosi ogni tre secondi. Costi sociali altissimi, l’età rientra tra i principali fattori di rischio

Una condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che porta a un declino delle facoltà cognitive della persona. Le demenze sono in aumento anche nel nostro Paese. Fondamentale la diagnosi precoce in quanto si tratta di patologie molto invalidanti e che coinvolgono inevitabilmente tutta la famiglia.

Secondo i dati forniti da “linee di indirizzo Nazionali sui Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali per le demenze”, aggiornati al 8 settembre 2022, la demenza è in crescente aumento nella popolazione generale ed è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) una priorità mondiale di salute pubblica.

Un incremento progressivo

«Attualmente si stima che nel mondo – spiega Maria Ernesta Leone, neurologa del Cof Lanzo Hospital-oltre 55 milioni di persone convivono con una demenza. I dati del Global Action Plan 2017-2025 dell’Oms indicano che nel 2015 la demenza ha colpito 47 milioni persone in tutto il mondo, una cifra che si prevede aumenterà a 75 milioni entro il 2030 e 132 milioni entro il 2050, con circa 10 milioni di nuovi casi all’anno».

La stima è così di una diagnosi di demenza ogni tre secondi nel mondo, per costi che si aggirano oltre un trilione di dollari l’anno, con un incremento progressivo e una continua sfida per i servizi sanitari. Sempre secondo i dati Oms la Malattia di Alzheimer e le altre demenze rappresentano la settimana causa di morte nel mondo. Attualmente il numero totale dei pazienti con demenza in Italia è stimato in oltre un milione e di questi circa 600mila pazienti hanno la malattia di Alzheimer che quindi costituisce il 60% di tutte le forme di demenza. «Il maggior fattore di rischio – aggiunge Leone - associato all’insorgenza delle demenze è l’età e, in una società che invecchia, l’impatto del fenomeno è di dimensioni allarmanti. Tuttavia è doveroso tener conto del fatto che nel 10% dei casi le demenze interessano soggetti di età inferiore ai 65 anni, quindi, ancora in età lavorativa e che sono circa 3 milioni le persone coinvolte direttamente o indirettamente nell’assistenza al paziente con demenza con conseguenze rilevanti anche sul piano economico e organizzativo». Altro importante fattore di rischio, in particolare per la demenza di Alzheimer, è il sesso femminile.

Le forme non degenerative

«È importante ricordare – prosegue la specialista – che quando si parla di demenza non c’è solo l’Alzheimer, nonostante questa sia la forma prevalente e non riguarda solo la memoria. Essa può dipendere da fenomeni degenerativi che inducono la morte di cellule del cervello organizzate per determinare specifiche funzioni cognitive come la memoria, l’attenzione, la capacità di organizzare le attività della vita quotidiana e come la capacità di mantenere comportamenti congrui ai contesti ambientali». Tra le demenze degenerative si parla così anche di Demenza Fronto-Temporale, Demenza da corpi di Lewy, demenza associata alla malattia di Parkinson ed altre. «Devono essere considerate – dice ancora la neurologa – anche le demenze non degenerative, che sono indotte da sofferenza dei piccoli vasi cerebrali nelle persone con ipertensione arteriosa non controllata, obesità, diabete, dislipidemie. Esistono anche demenze secondarie a stati carenziali, come quelle da carenza di vitamina B12 o di acido folico, infine, le demenze legate a malattie endocrine come ipo o ipertiroidismo e altre». È un’accurata visita neurologica a dare la possibilità di una diagnosi per individuare la forma di demenza. «Le persone in genere – precisa Leone - si presentano dal neurologo da soli o accompagnati per manifestazione di disturbi di memoria, di attenzione, di orientamento spazio-temporale o per manifestazione di disturbi comportamentali o improvvisa comparsa di difficoltà nello svolgere compiti routinari».

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