Diagnosticare il reflusso?Ora basta alzare le gambe

Prevenzione Pubblicati i risultati di uno studio del Policlinico San Donato: «L’esame tradizionale è impegnativo e lungo e può durare anche 4 giorni»

Il reflusso si può diagnosticare a gambe sollevate. Uno studio condotto dagli esperti del Policlinco San Donato, pubblicato sulla rivista scientifica Clinical Gastroenterology and Hepatology, ha dimostrato come la pressione endo-addominale possa aiutare l’accuratezza della diagnosi. L’intuizione è del professor Luigi Bonavina, responsabile dell’Unità di chirurgia generale universitaria e Centro esofago e di Stefano Siboni, chirurgo.

Iter più rapido

I due esperti, sono riusciti a dimostrare come una manovra semplice e rapida, e cioè sollevare le gambe del paziente mentre è sottoposto a manometria esofagea ad alta risoluzione, è in grado di migliorare la capacità di diagnosi della malattia da reflusso. Questo perché il sollevare le gambe permette di aumentare la pressione endo-addominale e mettere così sotto stress i meccanismi di protezione della barriera antireflusso.

«La diagnosi di malattia da reflusso gastroesofageo – spiega il professor Luigi Bonavina – può essere problematica in alcuni casi. Non sempre, infatti, il paziente riferisce di avere sintomi tipici come bruciore di stomaco o acidità, quindi, è necessario eseguire una serie di esami per poter arrivare a una reale diagnosi di reflusso e poter impostare una terapia. Si tratta di un iter che può essere abbastanza lungo. Un esame che ci consente di arrivare a una diagnosi precisa, ad esempio, è il monitoraggio del pH esofageo per 24-96 ore». Si tratta di un test che può durare fino a 4 giorni, eseguito con una microcapsula inserita nell’esofago nel corso di una gastroscopia. I dati del pH, grazie a un sistema wireless, vengono comunicati a un software e registrati. «È però un esame abbastanza impegnativo - prosegue il professore - anche per il paziente, ecco perché abbiamo voluto aggiungere alla manometria (che dura circa 20 minuti) una manovra che consentisse di accertare oppure di escludere la diagnosi di reflusso in tempo reale». Avendo a disposizione un altro test diagnostico, che è la manometria esofagea ad alta risoluzione, gli esperti del Policlinico hanno individuato questa modalità che, in pazienti selezionati, consente di capire se il paziente soffre di reflusso.

Per meglio comprendere i meccanismi coinvolti nella digestione è importante considerare che il tubo digerente è un continuo, nel senso che parte dalla bocca, scende all’esofago, fino ad arrivare all’intestino. Tra esofago e stomaco si trova una valvola naturale, lo sfintere esofageo inferiore o cardias, che consente la progressione del materiale digestivo ed evita la risalita del reflusso e del cibo ingerito. In condizioni normali, quindi questa valvola si apre quando la persona deglutisce e si chiude al passaggio del bolo. Se la valvola rimane aperta, la pressione addominale si trasmette all’esofago e questo viene evidenziato alla manometria mentre si fanno alzare le gambe.

Un lavoro internazionale

Lo studio prospettico internazionale ha coinvolto tredici centri in totale, di cui sei europei, cinque americani e due asiatici, per definire i valori anomali di pressione endo-esofagea rilevati in corso di manometria e indotti da questa manovra (denominata Straight Leg Raise- SLR). «Da un punto di vista pratico – aggiunge Stefano Siboni - la manovra SLR eseguita in corso di manometria esofagea potrà consentire di migliorare la capacità di diagnosi ambulatoriale del reflusso nei pazienti con sospetta MRGE, evitando di eseguire la pH-impedenzometria in molti casi e identificando precocemente i pazienti che sono candidati sia alla terapia medica che a quella endoscopica o chirurgica».

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