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Mercoledì 31 Agosto 2022
Mangiare bene e camminare: «Così proteggiamo le ossa»
Intervista L’osteoporosi colpisce il 23% della popolazione femminile oltre i 40 anni e il 14% degli uomini oltre i 60. «Parte della responsabilità è genetica, ma con il nostro comportamento possiamo combattere l’insorgenza»

«L’osteoporosi è una malattia sociale, ma possiamo prevenirla».
Il nostro scheletro è una grande città che viene rasa al suolo e ricostruita ogni sette anni. Ma circa quattro comaschi su dieci, oltre i 65 anni, incorrono in una frattura al femore e la colpa più spesso è la debolezza patologica delle ossa.
Il 23% della popolazione femminile oltre i 40 anni è affetta da osteoporosi, il 14% degli uomini oltre i 60.
Professor Giancarlo Isaia, presidente della Fondazione Osteoporosi e dell’Accademia della medicina, ma la fragilità delle ossa non è una condizione fisiologica legata all’invecchiamento?
In parte, le ossa di una persona di 40 anni sono certamente diverse rispetto a quelle di una persona di 90. Ma possono subentrare anche delle condizioni patologiche, spesso misconosciute, non curate. Non bisogna abbandonarsi al pensiero che invecchiare significa ammalarsi. Occorre per esempio controllare le malattie della tiroide, dei surreni, spesso responsabili dei problemi alle ossa.
E come noto molto dipende dal nostro stile di vita quotidiano, da come ci comportiamo ogni giorno dipende la salute del nostro scheletro. In generale si può dire che lo scheletro è come una banca. Una banca che mette da parte dei soldi, calcio e fosfato, durante tutta la fase della crescita. La parte di minerali eccedenti viene stoccata.
Invece raggiunta una certa età, dopo i 50 anni o dopo la menopausa per le donne, il nostro istituto di credito scheletrico inizia ad erogare importanti prestiti. Spende e non incassa più.
Entro certi limiti il deterioramento del tessuto osseo è normale, ma se accelera troppo è patologico.
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