Natale: relax o stress? Cosa fare quando anche le vacanze diventano un problema

Approfondimento Non tutti sono in buoni rapporti con se stessi o con gli altri: ecco perché questo periodo può rivelarsi complicato. La psicologa: «Le ferie? Possono essere uno spazio tutto da inventare, ma per molti sono un periodo difficile»

Le festività natalizie sono per molte persone il momento per qualche giorno di vacanza. Ferie che possono essere attese da tempo da chi non vede l’ora di riposare e di trascorrere qualche ora con la famiglia, ma che in altri casi, quando sono imposte, possono diventare un problema. Il senso di vuoto che accompagna certe persone può manifestarsi proprio in questo periodo, come spiega Camilla Cappini, psicologa e psicoterapeuta agli Istituti Clinici Zucchi di Monza.

«Se per alcuni questi giorni di vacanza sono un’opportunità – conferma –, per altri il periodo può essere un po’ complicato, soprattutto quando non si è in buoni rapporti con gli altri o con sé stessi, con i familiari, o non si sono sviluppati dei buoni rapporti in generale».

Un “contenitore esterno”

Non solo le difficoltà nei rapporti personali, in questo periodo dell’anno, un po’ come avviene in occasione delle vacanze estive, ci sono persone che all’idea delle ferie sviluppano un forte senso di colpa nello staccare dal lavoro. «Questo accade perché a volte si ha bisogno di “contenitori esterni” per definire la propria identità – aggiunge Cappini – e il lavoro può essere proprio uno di questi contenitori, ma al di fuori degli stessi ci si può sentire smarriti. Senza un’agenda lavorativa per i giorni a seguire, ad esempio, si può avere la difficoltà a crearsi il presente».

Vivere una situazione di questo tipo mette la persona di fronte a diversi scenari. «Immaginiamo un pittore – prosegue – che ha di fronte a sé una tela vuota. Nello stesso modo fare le ferie può essere uno spazio vuoto tutto da inventare, ma molte persone non sono in grado di sfruttare questa opportunità. Di fronte al dubbio e all’incertezza, in assenza di quella cornice che ci definisce, si possono sperimentare sentimenti di impotenza che, per evitare di essere vissuti, si manifestano attraverso la colpa, o l’eccessivo controllo che a sua volta sottende sentimenti di onnipotenza».

Se in questi casi si parla di questioni identitarie, in altri casi il senso di colpa può nascere da un forte senso di responsabilità. Essere lontani dal luogo di lavoro, può portare ad avvertire un disagio. «In questi termini l’atteggiamento può essere definito “sano” – spiega la psicoterapeuta – e può essere anche l’occasione di imparare a delegare ai colleghi, creando coesione nel gruppo di lavoro. Quando questo senso di responsabilità diventa eccessivo fino a portarci a controllare tutto anche quando deleghiamo, allora l’atteggiamento può sfociare in onnipotenza e generare stress eccessivo».

Si tratta di una condizione in cui la persona non ha un senso di colpa perché in quel momento è lontano dalla sua professione perché in ferie, ma avverte un disagio perché qualcuno sta facendo comunque bene o meglio. «In questo caso non è un senso di responsabilità eccessivo – dice ancora Cappini – ma una resistenza. Quando il fatto che qualcuno sta facendo quello che di solito faccio io mi fa sentire impotente vivendo molto male questa situazione, percepisco di essere meno importante di quanto credevo di essere e questa è una ferita narcisistica per persone sofferenti e fragili».

Ma possiamo fare qualcosa? La scelta di un percorso con uno psicoterapeuta per raggiungere una maggiore consapevolezza, può essere importante per costruire attraverso l’aiuto di una persona esterna un saldo riferimento interno che alla lunga può costituirsi come un luogo di sicurezza, un contenitore interno diverso da quello che si conosce, in questo caso il lavoro, per potersi definire. È attraverso lo sviluppo e la creazione di questo contenitore interno che possiamo godere dell’esperienza della vita e riscoprire hobby e passioni maggiormente legati al nostro sentire. «Il pittore di cui abbiamo parlato – prosegue – può dipingere la sua tela quando si è riusciti a dare un senso al vuoto che in alcuni casi si occupa con il lavoro. Se dopo quattro giorni di vacanza, ad esempio, il quinto giorno inizio ad avere l’istinto di dedicarmi a qualcosa o semplicemente mi rendo conto che sto bene anche senza lavorare, allora sono sulla buona strada. Anche perché, quando lo spazio quotidiano è totalmente occupato dal lavoro e dallo stress può essere difficile intravedere un’opportunità o un’idea creativa». L’ozio, intenso in senso positivo, può così essere un’opportunità per guardarsi dentro e per scoprire nuove passioni o semplicemente per rispolverarne di dimenticate. «Va anche detto che non sempre si tratta di un percorso semplice – aggiunge la psicologa – ma è importante provarci. Sono tanti gli aspetti che possono essere coinvolti ma è fondamentale lavorare sulla dimensione della colpa e dell’onnipotenza e chiedersi come mai si ha così bisogno di lavorare e perché si ha la necessità che il lavoro definisca la propria identità».

Il bambino scopre se stesso

Come diceva lo psicoanalista Donald Winnicott, autore di matrice psicoanalitica cui si ispira la dottoressa, l’atto creativo è quando «il bambino scopre se stesso», e questo può avvenire solo all’interno di una relazione con una figura di riferimento che sia affidabile e attendibile al punto da lasciar liberi di sperimentarsi sviluppando una fiducia di base che permetterà lo sviluppo delle capacità artistiche e creative dell’esperienza.

Il Natale e le festività possono essere un momento stressante non solo per le vacanze, ma anche per la corsa ai regali, agli scambi di auguri, al rispetto di una serie di scadenze. Questo periodo può essere emotivamente difficile anche per chi ha perso un familiare e si ritroverà con gli altri parenti con un’evidente assenza. Sono tanti, insomma, gli aspetti della sfera emotiva che possono entrare in gioco. «Per quanto riguarda la corsa ai regali e agli auguri – dice ancora la psicologa – è importante capire che non bisogna attivare un pensiero prospettico catastrofico o si rischia di essere eccessivamente stressati. È importante vivere queste feste affrontando tutto con la giusta calma, momento per momento».

La sfera familiare

Il senso di responsabilità, di colpa e di onnipotenza possono influire anche sulla sfera famigliare. «Molto dipende dall’atteggiamento - precisa Cappini -. Se una persona lavora molto, ad esempio, ma lo fa con passione e non in modo automatico, allora ciò che viene trasmesso ai figli è il significato del senso di responsabilità ma nei confronti di qualcosa che amiamo e che ci definisce, ma che non è l’unico contenitore che ci rappresenta». È importante spronare i figli a seguire le proprie inclinazioni e desideri senza dimenticare certamente il senso del dovere, ma che può essere nello stesso tempo un senso di piacere.

«Se il lavoro invece è l’unico contenitore delle nostre frustrazioni, vissuto in modo passivo o automatico – prosegue – una fuga da una realtà che altrimenti non mi rappresenta e che non tollero, allora il rischio è che il tempo sottratto anche alla famiglia porti nel tempo i suoi membri a manifestare un disagio». I figli dovrebbero così essere educati a comprendere le responsabilità, ma anche aiutati a seguire le proprie passioni, senza che la famiglia sia totalizzante o che fornisca tutte le risposte, ma che permetta ai figli di sviluppare e formarsi un proprio pensiero attraverso l’esperienza e una propria unica esistenza che è quello che li differenzia dagli altri e che li e ci definisce come individui.

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