Quando la ferita non cicatrizza: «Complicanza in un caso su 5»

Dopo gli interventi La riapertura o deiscenza non è affatto infrequente. Il dottor Vannelli del Valduce: «Motivazioni molteplici e nuove terapie»

Durante e dopo la sala operatoria non è detto che tutto fili sempre liscio.

Esistono diversi tipi di complicanze che possono insorgere e ostacoli imprevisti ai quali i chirurghi devono porre rimedio. La deiscenza, per esempio, consiste nella riapertura spontanea della ferita già suturata in particolare dopo la chirurgia addominale.

Frequente in chi è allettato

«Più che un ritardo nella cicatrizzazione della ferita - spiega Alberto Vannelli, primario della Chirurgia generale del Valduce – per deiscenza s’intende proprio una riapertura nelle fasi successive all’intervento. È un problema che capita piuttosto frequentemente. Non è una complicanza rara, direi che succede all’incirca nel 5% dei casi. Le motivazioni possono essere molteplici. La perdita di tensione della ferita può essere certo legata all’errore tecnico dei chirurghi, non siamo infallibili. Ma sono rilevanti anche altri fattori indipendenti. In particolare le possibili condizioni di salute scadenti del paziente, come una malnutrizione. Accade più spesso alle persone con poche forze a lungo allettate e molto meno ai candidati in forze. Nell’immediato post operatorio un’infezione può anche mangiare la zona cicatrizzata comportando la riapertura e impedendo che il taglio suturato si rimargini».

Dopo un lungo periodo di degenza subito dopo una operazione anche dei movimenti scomposti possono facilitare questo scollamento. «Gli interventi chirurgici eseguiti con le tecniche mini invasive laparoscopiche riducono la probabilità che insorga la deiscenza – dice Vannelli – la ragione è semplice perché invece di un lungo taglio rimangono solo piccoli fori o incisioni. Il vantaggio di ridurre la ferita diminuisce anche la possibilità che si infetti con minori possibili complicanze post operatorie».

Il capitolo della deiscenza è però molto vasto. La prevenzione passa sempre dalle misure d’igiene mentre i fattori di rischio anche in questo caso sono per esempio l’obesità, il diabete, il fumo, le carenze immunitarie. Sia nel caso della deiscenza che in quello del laparocele corrono maggiori pericoli i pazienti oncologici, chi sta facendo la chemioterapia o altre terapie che ci rendono maggiormente indifesi.

«Il trattamento della deiscenza dipende dalle dimensioni della chirurgia e in alcuni casi l’approccio è soltanto conservativo – spiega sempre l’esperto – ci sono medicazioni avanzate per risolvere principi d’infezione e garantire la tenuta della ferita. Per esempio la Vac Therapy».

Spugne per evitare l’infezione

Si tratta di particolari spugne da applicare con una pellicola isolante e un sistema automatico di aspirazione per riavvicinare i margini della ferita e al contempo rimuovere il materiali infettivo. Una pratica post operatoria affatto piacevole. Esistono anche altre medicazioni innovative per migliorare la cicatrizzazione e la guarigione della ferita.

«Nessuna complicanza post operatoria è certamente piacevole – dice Vannelli – intanto perché comporta uno sforzo non secondario da parte del paziente, ma anche perché è un impegno in termini economici per il sistema sanitario. Comunque, tornando alla deiscenza, non è una complicanza così grave, ma se il problema persiste bisogna tornare in sala operatoria. Di solito la complicanza viene individuata già in ospedale, ma può capitare anche se più raramente a dimissioni già avvenute. Nel caso in sostanza occorre rifare la ferita, pulire e suturare di nuovo».

I pazienti con una simile complicanza possono anche essere seguiti a casa una volta usciti dall’ospedale per cambiare le medicazioni e per impostare possibili terapie e sostegni.

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