Colpo a consumatori e aziende:
per il Wto il  "made in" è obsoleto

L'organizzazione del commercio mondiale sostiene che è passato il tempo delle etichettature per capire l'origine dei prodotti: "Non hanno più senso, ormai ci sono le catene produttive globali"

PARIGI - In Italia  ci si batte per etichettare i prodotti  e indicare così al consumatore la vera origine. La legge c'è, ma l'Europa minaccia sanzioni. A opporsi un po' tutti: produttiori e consumatori.
Ma non solo in Europa, è nel mondo che tira una brutta aria per provvedimenti di tutela.
L'ennesimo colpo arriva da Pascal Lamy, il direttore dell'Organizzazione mondiale del commercio. Sigle come "Made in Italy", in France o in China - ha detto - sono qualcosa di obsoleto: come lo sono tutte le sigle tradizionali sui paesi di fabbricazione di un bene dell'industria.
Secondo Lamy ormai "sempre più prodotti sono 'Made in the World'", o fabbricati nel mondo. Magari assemblati in un paese, ma sulla base di un progetto disegnato in un altro Stato e quindi non ha più gran ché senso, secondo Lamy, impuntarsi sul luogo di fabbricazione. Questi beni vengono ormai sfornati da "catene produttive globali".
"Il concetto di paesi di origine è diventato gradualmente obsoleto sui beni del manifatturiero - ha detto, secondo quanto riporta un comunicato del Wto - mentre diverse operazioni, dal design del prodotto alla fabbricazione delle componenti, all'assemblaggio e al marketing si sono sparpagliate nel mondo, creando catene produttive globali. Ai giorni nostri sempre più prodotti sono 'Made in the World', piuttosto che "Made in the UK' o 'Made in France'".
E ovviamente questo vale anche per il "Made in China", su cui il direttore del Wto ha citato l'esempio dell'iPod. Il popolare lettore musicale di Apple viene sì fabbricato in Cina, ma buona parte del suo valore aggiunto proviene dagli Usa e da altri paesi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA