Ecco il discorso mito
di Steve Jobs

Il papà di Apple è morto a 56 anni dopo una lunga battaglia contro il cancro. Le sue parole, pronunciate in una giornata assolata il 12 giugno 2005 all'Università californiana di Stanford, nella solenne cerimonia per i neolaureati, hanno lasciato il segno e spopolano da anni su Youtube

NEW YORK - E' il discorso più famoso di Steve Jobs, morto a 56 anni dopo una lunga battaglia contro il cancro. Le sue parole, pronunciate in una giornata assolata il 12 giugno 2005 all'Università californiana di Stanford, nella solenne cerimonia per i neolaureati, hanno lasciato il segno e spopolano da anni su Youtube (disponibile anche con sottotitoli in italiano).
"Il vostro tempo - disse il fondatore della Apple ai giovani in quell'occasione - è limitato, allora non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. E non lasciate che il rumore delle opinioni degli altri affoghi la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il
coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno già cosa voi volete davvero diventare. Tutto il resto è secondario".

Il discorso è strutturato in tre parti. Nella prima Jobs racconta i difficili primi anni di vita: figlio di una ragazza-madre che lo dà in adozione, studente povero al Reed college con il coraggio di scegliere corsi inconsueti. Come il corso di calligrafia che inizialmente non aveva alcuna utilità pratica ma
che, anni dopo, avrebbe impresso una svolta decisiva alla sua attività. "Ma poi, dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh - racconta Jobs - mi tornò tutto utile. E lo utilizzammo per il Mac. E' stato il primo computer dotato di bellissime capacità tipografiche. Se non avessi partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o spaziati in maniera proporzionale. E, dato che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità".


La seconda parte del discorso riguarda, nelle sue stesse parole, l'amore e la perdita. La Apple, fondata nel 1974 in un garage insieme al suo amico Steve Wozniak diventa in dieci anni un colosso da 2 miliardi di dollari e 4 mila dipendenti. Ma a 30 anni Jobs, per divergenze con gli altri dirigenti e per il flop del modello Apple III viene licenziato.

Racconta ancora Jobs: "Non me ne accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la miglior cosa che mi potesse capitare. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi rese libero di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita. Durante i cinque anni successivi fondai un'azienda chiamata NeXT e poi un'altra chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar progredì per creare il primo film in animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione di maggior successo al mondo. In un significativo susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono tornato ad Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell'attuale rinascimento di Apple. Mia moglie Laurene e io abbiamo una splendida famiglia. Sono abbastanza sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. E' stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente".


Infine, il tema della morte, e della sua malattia. E' ancora Steve Jobs che parla: "Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: "Se vivrai ogni giorno come se fosse l'ultimo, un giorno avrai sicuramente ragione". Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: "Se oggi fosse l'ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?". E ogni qualvolta che la risposta è no per troppi giorni di seguito, capisco che c'è qualcosa che deve essere cambiato".


"Ricordarmi che morirò presto - è il messaggio - è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per aiutarmi a fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose - tutte le aspettative esterne, tutto l'orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire - tutte queste cose semplicemente svaniscono di fronte all'idea della morte, lasciando solo quello che c'è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di pensare che abbiamo sempre qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c'è ragione per non seguire il nostro cuore".


E ancora, rivolgendosi ai giovani: "Il vostro tempo è limitato, allora non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. E non lasciate che il rumore delle opinioni degli altri affoghi la vostra voce interiore. E, cosa più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno già cosa voi volete davvero diventare. Tutto il resto è secondario".


Infine, i due aggettivi-simbolo del suo pensiero, menzionati con una lunga citazione sulla creatività: "Quando ero un ragazzo, c'era una pubblicazione incredibile che si chiamava The Whole Earth Catalog, che è stata una delle bibbie della mia generazione. L'ha creata Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci aveva fatto vivere dentro tutto il suo tocco poetico. E' stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fatto con macchine per scrivere, forbici e foto Polaroid. E' stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni".


"Stewart e la sua squadra pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono l'ultimo numero. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io - dice ai neolaureati di Stanford - avevo la vostra età. Nell'ultima pagina di quel numero finale c'era la fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l'autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c'erano le parole: "Stay Hungry. Stay Foolish", siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish: io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso mentre vi laureate per ricominciare da capo lo auguro a voi. Stay Hungry. Stay Foolish".

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