Comune: trasparenza
è dovere non capriccio

A Natale siamo tutti più buoni. Ma non necessariamente più fessi. Dalle parti di Palazzo Cernezzi - località popolata da statisti di ogni ordine e grado - sembra invece che ci prendano tutti quanti per un branco di idioti.

Giusto una settimana fa, abbiamo pubblicato il documento choc depositato dai periti incaricati dal Tribunale di Como di accertare eventuali anomalie del ponte che collega via Oltrecolle con la Pedemontana. Bene, in quella perizia si scrive che l’opera è ormai del tutto compromessa, senza essere più in grado di garantire un comportamento strutturale certo e prevedibile. Quindi è urgente intervenire perché l’intero viadotto è a rischio. Punto. E allora, da domenica scorsa fino a oggi abbiamo pubblicato tutti i giorni due pagine nelle quali il nostro Paolo Moretti - il cronista di razza che ha trovato la notizia - ha illustrato i dettagli della vicenda, ricostruendo le fasi della realizzazione del ponte durante la giunta Bruni, gli omessi controlli durante quelle successive, il ruolo dei protagonisti del caso, le polemiche politiche a contorno eccetera eccetera. Insomma, un ottimo lavoro d’inchiesta, quello che fanno i giornali veri.

Eppure, per quanto paradossale possa apparire, il vero punto della vicenda non è questo. Il tema dirimente e addirittura più grave rispetto al pericolo per l’incolumità dei cittadini è quello della trasparenza. Della trasparenza negata. Della trasparenza insabbiata. E qui entra in scena - e, come suo solito, alla grande - la ridanciana giunta Landriscina. Che a precisa e legittima richiesta dei consiglieri della Lista Rapinese di poter avere accesso agli atti per esercitare il diritto di controllo delle minoranze sugli atti del governo, ha risposto tramite i suoi uffici di no. Da lì in avanti, Circo Barnum. E no e come si fa e non si può e qui mancano le controdeduzioni e qui mancano il bollo e il controbollo e qui manca l’editto papale e qui serve la ceralacca e poi la legge ce lo vieta e le norme polisemiche ce lo impediscono e la prudenza ce lo impone e poi ce lo ha sconsigliato anche il padre priore, il carabiniere di Pinocchio, il dottor Saputo, il nostro consulente legale Azzeccagarbugli e pure il ministro Toninelli, mio cugino e il Pagliaccio Baraldi. E tutti lì, i nostri meravigliosi uffici comunali, diretti dai nostri ancor più meravigliosi dirigenti, a loro volta governati dai nostri sempre più meravigliosi e spassosissimi assessori ad argomentare, a discettare, a troncare, a sopire, a moraleggiare, a trescare, a trombonare su quanto fosse impossibile, ma davvero impossibile, ahimè, signora mia, far vedere la perizia ai cittadini. E l’apogeo della vicenda lo si è toccato quando il sindaco - un attimo prima di essere sommerso dalle risate - ha vidimato con tutta la sua autorevolezza la decisione del segretario generale.

Bene, il giorno dopo gli abbiamo ricordato, sempre sul giornale, che esiste una precisa disposizione della Prefettura - che evidentemente i cervelloni del Comune non conoscono, ma d’altra parte è stata inviata solo nove anni fa… - che di fatto li vincola a garantire la massima trasparenza sugli atti pubblici. Interpretazione che ci è stata confermata da autorevoli avvocati amministrativisti. E così, dopo una settimana di plateale sbugiardamento a mezzo stampa di un’amministrazione che nasconde documenti che invece dovrebbe esporre in piena luce - perché è così che funziona nei paesi seri, quelli che non hanno niente da nascondere: perché, questa giunta ha forse qualcosa da nascondere? - non si poteva che arrivare alle comiche finali, con il vice del responsabile della segreteria generale che, sempre dalle colonne del giornale, ha smentito il suo capo e a cascata pure l’ignaro sindaco, autorizzando la visione degli atti visto che è “prevista dalla copiosa giurisprudenza sul tema”, evidentemente pure lei del tutto sconosciuta ai nostri eroi. Ma non è mica finita. Perché in coda è spuntata una clausola all’italiana, l’ultimo disperato ridotto valtellinese del Comune: la perizia non si può averla in copia, ma solo leggerla sul posto. Tutto vero.

Ora, ben sappiamo quanto il buonumore aiuti ad affrontare le infinite traversie della vita e non si può quindi che essere grati a un esecutivo che ha fatto di questa priorità la propria ragione sociale. Ogni giorno si va in scena. Il funambolico assessore che la sera esce dalla giunta agghindato da Pulcinella e la mattina dopo ci rientra travestito da Gianduja (e giù risate), i cimiteri cittadini trasformati in giungle boreali mentre il funambolico assessore di cui sopra degustava cannoli in Sicilia e il resto della giunta si scervellava su come procedere al taglio dell’erba, problema di difficoltà oggettivamente superiore alle sue capacità (e giù risate), gli orologi della città tutti rotti da anni e posizionati sui fusi di Bombay, Duluth e Asgabat e tutta la giunta a scervellarsi su come procedere alla riparazione degli orologi, problema di difficoltà oggettivamente superiore alle sue capacità (e giù risate), la grande programmazione culturale basata sulla mostra di Carlo Codega a Villa Olmo, la parata dei Firlinfeu sulle paratie e il saluto alle folle del cerchio magico del sindaco dal balcone della Casa del Fascio (e giù risate), senza parlar dell’imminente soluzione per Ticosa, Politeama e San Martino (è giù risate!!).

Anche se poi, a pensarci bene, non è che ci sia così tanto da ridere. Soprattutto quando si vede tale e tanta incompetenza connessa a tale e tanta arroganza. La trasparenza in tutto quello che si fa è un dovere, non un capriccio. Quindi questi facessero il piacere di dismettere certi atteggiamenti da sopracciò, da quaquaraquà, da capetti del quartiere, si diano il coraggio che non hanno, si prendano le responsabilità inerenti al loro ruolo e non pensino di governare in questo modo sino a fine mandato. Ci pensino bene. Perché altrimenti - almeno per quanto riguarda questo giornale – per loro i prossimi tre anni e mezzo si riveleranno davvero lunghissimi. Questo sì che è un regalo di Natale.

@DiegoMinonzio

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