“Imagine” incompresa
e il destino di Lennon

Dio è un concetto attraverso il quale misuriamo il nostro dolore», cantava il poeta e, per essere ben certo di essere compreso, ripeteva questa frase due volte («Lo dirò di nuovo: Dio è un concetto attraverso il quale misuriamo il nostro dolore») per poi proseguire in un crescendo dove elencava tutto ciò in cui non credeva, dalla magia fino ad arrivare ai – atto sacrilego supremo – Beatles, passando pure per Gesù. Un crescendo lennoniano, visto che la canzone, dal chiaro titolo “God”, “Dio”, è uno dei punti cardine del primo album in solitudine dell’ormai ex Beatle John. Una canzone che compie mezzo secolo giusto quest’anno. “Imagine” ha un anno di meno, ma la sua musica l’ha resa immensamente più popolare. Ma forse incompresa: ce lo dimostrano le reazioni esternazione fuori tempo massimo di Giorgia Meloni (in realtà giunta a soccorrere la collega di coalizione Susanna Ceccardi e immaginiamo con quanta voglia: «Aò, pure de Giòn Lennon me devo occupà!»). Certo, le due politiche sono pure in contraddizione tra loro: per l’europarlamentare che punta alla presidenza della Regione Toscana si tratta di un «inno marxista», mentre per la segretaria di Fratelli d’Italia non è altro che l’«Inno dell’omologazione mondialista delle multinazionali», forse leggermente in contrasto, quindi, con le tesi del “Capitale”. Tutti a difendere il povero John, che non ne ha bisogno e che non era certo estraneo alle polemiche per le sue affermazioni. Ancora in piena Beatlemania, aveva detto che il suo gruppo era «Più famoso di Gesù Cristo», scatenando un polverone che diede involontariamente inizio alla reazione a catena che portò al suo assassinio, perché l’ossessione di Mark David Chapman, che l’8 dicembre del 1980 freddò l’artista con quattro colpi di pistola, era iniziata proprio da quell’affermazione.

In America si bruciarono dischi dei Beatles, il Ku Klux Klan minacciò ritorsioni e Lennon fu costretto a scusarsi e minimizzare, utilizzando quella che è poi diventata la scusa principe per le frasi azzardate:

«Sono stato citato fuori contesto». Il contesto diceva che – riportiamolo integralmente - «Il Cristianesimo se ne andrà. Si rimpicciolirà e svanirà. Non c’è dubbio: ho ragione e verrà dimostrato che ho ragione. Ora noi siamo più popolari di Gesù. Non so se svanirà prima il rock’n’roll o il cristianesimo. Gesù era un tipo a posto, ma i suoi discepoli erano grossolani e ordinari. Sono stati loro a stravolgerlo, rovinando tutto, secondo me». Sarebbero state le ultime scuse: John Lennon non ebbe più peli sulla lingua, nell’arte come nella vita. Come tanti esseri umani, insomma, non era una persona monodimensionale, immacolata, di quelle che ci puoi fare un santino. E in tanti casi era indifendibile, diciamolo senza falsi pudori, così come Mick Jagger, Jim Morrison e tante altre icone del rock. Cantava «Preferirei vederti morta che con un altro uomo: corri per la tua vita, ragazzina» (“Run for your life”), diceva di avere dato fuoco all’appartamento di una donna dopo l’avventura di una sera (“Norwegian wood”), quando era sotto l’effetto delle droghe – che tutti biasimiamo, ma chissà perché nel rock sono sempre tollerate – si metteva a contare «Quante buche ci vogliono per riempire l’Albert Hall» e «Sono il tricheco, goo goo g’joob!». Poi, e questo non piacerà ai detrattori di quella povera donna, conobbe Yoko Ono. La pacifista Yoko, scappata dagli orrori della guerra in Giappone, artista contemporanea bistrattata dai fan dei beatles come una strega stracciona, rea di avere impalmato l’uomo dei sogni lei che non era abbastanza bella, e quindi indegna, prima di sciogliere, tutta da sola, i Beatles.

In realtà ebbe un effetto calmante sul ribelle John e “Imagine” (che ora porta anche la sua firma) deriva da una serie di prescrizioni del suo libro “Grapefruit”, dove si chiedeva al lettore di immaginare tante cose. Lennon, scopertosi pacifista, immaginò un mondo senza guerre, senza religioni né proprietà privata - in quanto cause di conflitti - insomma, un perfetto paradiso hippy che, all’epoca, mise tutti d’accordo. Non stupisca che quell’utopia e la politica di Fratelli d’Italia non coincidano. Sarebbe strano il contrario.

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