La diabolica fantozziana
strategia della pensione

Anche nei film di Fantozzi più scadenti c’è sempre qualche scena memorabile. In “Fantozzi va in pensione”, uno dei peggio riusciti della saga, si salva la sequenza dei pensionati in una gita organizzata dall’Inps che ha come obiettivo la loro eliminazione fisica attraverso una serie di diabolici stratagemmi, allo scopo di salvaguardare il bilancio dell’ente statale per la previdenza. Una pellicola profetica alla luce delle decisioni di questi giorni del governo sull’aumento graduale dell’età pensionabile che porterà l’attuale generazione con il privilegio di un posto di lavoro a tempo indeterminato, ad abbandonarlo sulla soglia dei 70 anni.

Chiara l’astuta strategia di un governo e di un’Inps ben oltre la canna del gas. Come nella pellicola fantozziana, si tenta di far sì che un buon numero di italiani passino a miglior vita direttamente dall’officina, dallo scaffale o dalla scrivania, così da evitare di pagare loro le pensioni e assicurarle ai loro figli, ammesso che, nell’attesa di vedere liberare i posti occupati dai genitori lungolavoranti, non soccombano all’inedia.

Un paese peggio che fantozziano quello che ha consentito alle generazioni che hanno preceduto quella attualmente occupata di raggiungere la meritata (?) pensione con 20 e anche 15 di contributi, tanto la “Nave andava”, per dirla con un prima famoso poi famigerato leader politico. Una pletora di baby pensionati per lo più rimasti in attività ma senza più figurare nell’elenco dei contribuenti Inps che, beffa delle beffe, con le loro esistenze di alta qualità hanno magari contribuito a far crescere quell’aspettativa di vita che è uno dei parametri che ispirano l’attuale intervento sulle pensioni.

Pensate a un arzillo ottantenne andato in pensione 40 anni fa con 20 di contribuzioni. E’ rimasto inattivo (per le statistiche) il doppio dell’attività. E’ un attimo scassare la bilancia. Ci sarebbero poi quelli, e non sono pochi, che incassano assegni di gran lunga superiori a quanto versato da loro e dai loro datori di lavoro, o magari possono cumulare due pensioni mensili di importo tale da consentire una famiglia media tirerebbe avanti un anno.

Vai avanti così per anni, poi ti piomba addosso la crisi e realizzi che non ci stai più dentro. Panico! Che fare? Tranquilli, basta spostare avanti l’asticella e il gioco è fatto. Ovvio solo per gli altri. Perché i burocrati che suggeriscono a sprovveduti ministri queste trovate, mica segano l’albero su cui prosperano.

Non si fa fatica a capire che prolungare la vita lavorativa significa ridurre sempre di più quella successiva, almeno su questa Terra. Bisogna poi anche considerare che, complice la crisi e i bilanci pubblici malandati che hanno costretto gli italiani a modificare le proprie abitudini alimentari e fatto calare la qualità dell’assistenza sanitaria (a a rinunciare alle cure da parte d di molti cittadini meno abbienti), l’aspettativa di vita è calata, cosa che non accadeva più o meno dal Medioevo.

Alla fine lo Stato ci chiede di fare harakiri favore dei nostri figli che altrimenti, il termine “pensione” lo leggerebbero solo nei libri di storia e sulla Riviera romagnola. E lo facciamo volentieri, pur con l’incognita (per chi scrive piuttosto angosciante) della sopravvivenza del nostro settore merceologico sul mercato.

E ogni caso urta l’idea di doversi immolare per le decennali scelleratezze di un ceto politico scellerato e inadeguato. De Gasperi diceva che il politico guarda alla prossima elezione, lo statista alla prossima generazione. Purtroppo dopo di lui hanno buttato via lo stampo.

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