La lezione tedesca
alla sinistra italiana

Poi uno dice “Deutschland über alles”, “la locomotiva d’Europa”, “loro sì che ci sanno fare”, magari rosicando un po’.

Certo, è stata dura in Germania, ma alla fine il governo l’hanno fatto. Una riedizione della “Grosse koalition” con le due corazzate Spd Cdu che salpano affiancate e dietro la torpedinieria Csu. C’è voluto tempo, 110 giorni, anche perché si è lavorato per fare un governo serio con un programma condiviso, costruito insieme punto per punto. Si saranno anche spartiti le poltrone, perché anche i tedeschi sono uomini e donne (vedi alla voce Merkel) con le loro debolezze.

Ma sono riusciti a sacrificare gli egoismi, i tatticisimi, le manovre di piccolo cabotaggio, gli interessi di bottega, la ferma volontà di non smenarci, la tentazione di sacrificare gli attributi per far dispetto alla conserte.

Tutti prodotti tipici invece della nostra politica. Dove non a caso – le parole sono importanti – quando i partiti di orientamento diverso si mettono assieme, non si parla di “Grande coalizione” ma di “ammucchiata” ed “inciucio”, anzi “inciucione”. Ci sarà un perché loro sono la Germania pronta a riconquistare l’Europa senza, per fortuna, mettere i chiodi agli scarponi e noi il solito caricaturale fiero alleaten che caracolla nelle strip di Sturmtruppen.

La Spd, la gamba di sinistra dell’alleanza, ha solo da perdere nella riedizione della “Grosse koalition” guidata ancora una volta dalla cancelliera Angela. Il partito era uscito a tocchi dalle urne proprio a causa della sua partecipazione al governo i cui provvedimenti erano apparsi penalizzanti per l’elettorato di riferimento dei socialisti. E poi, nel caso di un diniego che avrebbe mandato tutto a carte quarantotto poiché fallito il tentativo di una maggioranza Cdu-Csu, Verdi e Liberari, nessun altra era possibile, si sarebbe presentata l’occasione di far fuori la potente amica-nemica Merkel, Insomma, alla convenienza, alla vendetta, alla ritorsione, il partito di Martin Schulz, ex presidente dell’europarlamento che Berlusconi definì “kapo” nell’aula di Strasburgo, ha preferito il bene comune, la governabilità della Germania e comunque è riuscito a inserire nel programma molti punti importanti sul sociale

Chissà se dalle nostre parti qualcuno ha avvertito un sibilo nelle orecchie. Perché proprio mentre a Berlino viene siglato il patto per il nuovo governo, dalle nostre parti la sinistra ligita (ma dai, che novità!), si lacera (oh che notiziona!) di fronte alle nuove opportunità in Lombardia scaturite dalla tellurica rinuncia di Roberto Maroni al bis sulla più alta poltrona del governo regionale. Chiaro che per il presidente uscente, con questi chiari di luna nel centrosinistra, sarebbe stata una tranquilla passeggiata in Carroccio. Più in salita, stando anche ai sondaggi, la corsa di Attilio Fontana, esponente leghista di vaglia, ma forse non troppo noto al di fuori della sua Varese e con non molto tempo a disposizione per farsi conoscere. C’è poi questo tourbillon di stracci all’interno del movimento che fu “lumbard” tra lo stesso Maroni e il segretario Matteo Salvini che potrebbe avere ripercussioni sull’elettorato. Alla fine. Giorgio Gori, sindaco di Bergamo e candidato del centrosinistra ha visto un barlume di luce in fondo al tunnel della partita elettorale. Che si presenta ancora come un Benevento-Real Madrid senza l’appoggio di LeU (acronimo che sta per Liberi e Uniti, formazione alimentata dai fuoriusciti anti renziani del Pd, D’Alema e Bersani in testa al gruppo). Se il movimento scendesse dal gradino oltranzista in cui è collocato, il match potrebbe quantomeno assomigliare a un Benevento-Milan, sempre difficile ma con la speranza del colpo di scena di un gol del portiere al 94’. Da qui la lacerazione della sinistra-sinistra, a sua volta divisa in sinistra -sinistra e sinistra-sinistra-sinistra, con la prima propensa a turarsi il naso e scegliere il primo cittadino orobico per sperare di strappare la Regione al centrodestra e la seconda arroccata sul “gratta Gori e spunta Renzi”, perciò mai e poi mai. Però e per ora hanno prevalso i ”tanto peggio tanto meglio”. Intanto la locomotiva Germania riparte a tutto vapore e il pur efficiente trenino lombardo con un nuovo macchinista non cambierà percorso. Contenti loro.

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