Lucini, perché piace
l’usato “insicuro”

Un tempo, per paradosso, quando le cose non funzionavano bene, si usava dire “arridatece Baffone”, nel senso di Stalin. Però succedeva quando quest’ultimo era già passato a miglior vita (unico modo per lasciare la carica di primo segretario del Pcus se non ti chiamavi Kruscev). Nel caso di Mario Lucini, l’inattesa richiesta di un “bis” sulla poltrona di primo cittadino comasco giunge mentre è ancora (ovviamente dal punto di vista politico) vivo. L’unica cosa in comune è che la cose, almeno in buona parte, non funzionano.

Perché visto che il tempo dei bilanci è ormai alle porte, non si può dire che, in molti ambiti programmatici, dall’urbanistica all’arredo urbano per esempio, questa amministrazione qualcosa abbia fatto. Poi se bene o male è un giudizio che appartiene agli elettori.

Su due questioni fondamentali e ormai annose come l’ex Ticosa e il cantiere del lungolago, punti qualificanti di una politica che guarda al futuro della città, è innegabile sostenere che nulla è stato portato a casa. L’area che ospitava la grande tintostamperia, al netto dell’inevitabile bonifica, è tornata al via dopo l’abbandono del progetto dei privati di Multi. Il cantiere delle paratie sembra avviato sulla stessa strada dopo che la Regione ha deciso di rifare l’appalto, un’ipotesi scartata da Lucini.

Nonostante questo ci sono esponenti del mondo delle imprese, delle categorie, del sindacato e della politica che vedrebbero con favore un secondo mandato dell’attuale sindaco. Lui, peraltro, si è chiamato fuori da tempo, annunciando la volontà di non ricandidarsi. Non per il problema del lungolago ma per ragioni di natura personale. Chissà, se di fronte, a questi appelli che arrivano da una parte della città, rinuncerà a vestire i panni del Cincinnato. Il fatto che Lucini abbia ancora autorevoli fan sorprende fino a un certo punto. Innanzitutto tra i papabili del centrosinisitra, senza offesa per nessuno, non si vedono novelli Churchill. Poi il sindaco attuale non ha mai rinunciato, neppure nei momenti più difficili della sua esperienza alla guida del Municipio, al dialogo con i cittadini. Infine tutti possono mettere la mano sul fuoco senza scottarsi a proposito dell’onestà del personaggio. Il che per un politico, di questi tempi, rappresenta un requisito non da poco. Insomma, anche se molti tra i lettori di questo articolo non saranno comprensibilmente d’accordo, Lucini ispira ancora fiducia nonostante quello che ha fatto, o meglio non ha fatto, durante il suo mandato.

Va detto che alcune categorie, imprenditori, sindacalisti e politici non rappresentano tutto il corpo elettorale. E che, durante le consultazioni avviate dal Pd, sono emersi anche altri nomi e altri ancora sono valutati nei consessi della Como influente. Però, se Lucini decidesse di non resistere al richiamo, lo scenario del centrosinistra potrebbe cambiare in maniera radicale. Innanzitutto, con ogni probabilità, non ci sarebbero le primarie, con buona pace degli aspiranti assessori che vedono la partecipazione alla contesa come un biglietto sicuro per la futura giunta. Inoltra la riproposizione dell’attuale sindaco rappresenterebbe forse la soluzione meno divisiva all’interno del Pd e di una parte del centrosinistra. L’usato “insicuro” insomma rappresenta qualcosa di più di una boutade. Decisivo, comunque, sarà il referendum del 4 dicembre il cui esito influenzerà le scelte politiche anche a livello locale e in tutti gli schieramenti.

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