Sì, anche la Brianza
ora urla alla tv

Non ne possiamo più di sentire balle». Giovanni Guerrieri cita Berlusconi e Napolitano ma ce l’ha con la politica nel suo insieme. E dire che lui, uno dei piccoli imprenditori che medita di andarsene in Svizzera, nella politica ci ha pure creduto dato che tuttora è capogruppo del Pdl a Mariano. “A Roma sono lontani anni luce dalla realtà” si è sfogato in diretta su La7 lunedì sera dando sfogo alla rabbia diffusa tra i suoi colleghi. Già, lontani anni luce ed è in effetti la rappresentazione di un’Italia divisa in due quella offerta dalla trasmissione.

A Carugo, nel capannone del marmista Caggiano, quelli oppressi dal fisco e dalla burocrazia, sfiancati da una crisi economica che sembra non finire mai e traditi da un’amministrazione pubblica che, questa perlomeno la loro percezione, li considera nemici.

In studio con Formigli l’Italia di Roma, quella che parla e si muove con i riti e i ritmi della vecchia politica, quella che parla attraverso gli slogan, promette, dimentica e non mantiene mai. Qui la Brianza che, prima volta nel dopoguerra, arranca e cerca di stare a galla e là gli uomini e le parole del palazzo.

Sembra infinito il solco che divide le due arene e fa effetto perché si tratta di una situazione inedita ai nostri occhi. In passato, a urlare nelle piazze dei talk show di Formigli e Santoro, erano di casa i luoghi più problematici del profondo Sud. Era abituale la piazza in rivolta vuoi per l’odiosa pressione del racket, vuoi per i veleni delle discariche.

Trovare a “Piazza pulita” i nostri vicini di casa dà la misura di quanto la società italiana negli ultimi anni sia cambiata. Se anche il popolo delle fabbricchette ha deciso di andare a urlare in tv significa davvero che il tasso di esasperazione ha raggiunto livelli di guardia. La pazienza è finita e del resto che questa storia della Svizzera non fosse solo una provocazione si è capito dal successo raccolto dall’incontro organizzato nei giorni scorsi dal Comune di Chiasso (oltre un migliaio le aziende che hanno manifestato interesse, un quinto quelle che hanno potuto partecipare).

Certo, fare armi e bagagli non è come andare in gita a Chiasso per comprare il Toblerone. Si tratta di confrontarsi con un sistema politico, economico molto diverso dal nostro. Anche se il modello ticinese ha una peculiarità specifica, non da oggi. Attrae da tempo migliaia di frontalieri, soprattutto dalle province lombarde di confine, anche perché gli stipendi sono il triplo di quelli italiani.

Da qui però a considerare la Svizzera italiana una specie di Eldorado il passo non è breve.

Tutta la regione del Mendrisiotto è una sorta di imbuto, occupata da vigneti, già percorsa da strade, autostrade e ferrovie. Non si può ipotizzare di esportare lì le aziende e i capannoni italiani. Si tratta di un territorio che non ha che limitate capacità di espansione, incassato com’è tra le montagne. Altro è invece il discorso su tutte quelle aziende che producono per così dire beni immateriali. Aziende che sviluppano la produzione di tecnologie avanzate, che puntano sulla globalizzazione, su ogni tipo di agevolazione fiscale e di promozione. Che non occupano molto spazio, che si trovano bene nel piccolo.

Il Canton Ticino può essere sicuramente un punto d’approdo naturale. D’altro canto basta studiare la storia e la composizione sociale della Svizzera Italiana negli ultimi due secoli per cogliere come sia stata veramente una piccola patria degli italiani delusi, talvolta traditi, dal loro Paese.

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