Truffe, giù le mani
dai nostri nonni

Giù le mani dai nostri nonni. Pochi altri reati sono odiosi come le truffe ai danni degli anziani. E pochi altri delinquenti sono più squallidi e vigliacchi di chi carpisce la buona fede e quell’incrollabile ottimismo nei confronti del prossimo tipico solo dei bambini e dei vecchi.

Nonostante ciò per le truffe non è possibile arrestare chi viene colto sul fatto, la prescrizione è brevissima e le pene sono così basse da suonare ridicole. Ma spessissimo le truffe hanno conseguenze e ripercussioni ben più gravi di tanti altri reati considerati, dal codice penale, più meritevoli di severità. Lungi dal voler chiedere un nuovo articolo bis, tris o quater alla già affollata collezione di norme che affollano la giurisprudenza italiana, però è impossibile non notare l’abisso che esiste tra le blande conseguenze previste dalla legge per gli sciacalli che approfittano dei nostri nonni e la legittima aspettativa di vedere tutelata una categoria di persone oggettivamente più indifesa e debole rispetto alle altre.

Sabato pomeriggio, a Como, una donna di 85 anni è stata derubata di duemila euro da un delinquente che ha finto di essere amico del figlio. Quel delinquente, anche se fosse stato sorpreso sul fatto dalle forze di polizia, non sarebbe finito - come avrebbe meritato - dietro le sbarre, ma se la sarebbe cavata con una denuncia a piede libero e al massimo un patteggiamento ampiamente entro i limiti della condizionale.

È andata peggio, fortunatamente, a quel ragazzotto pluripregiudicato che in compagnia del fratello ha preteso da un pensionato di 63 anni - un uomo esile e proprio per questo preso di mira - il pagamento dei danni mai patiti allo specchietto retrovisore dell’auto. I carabinieri che lo hanno bloccato hanno avuto l’abilità di inquadrare quanto accaduto nella giusta prospettiva: non già una semplice truffa, ma un vero e proprio tentativo di estorsione. Quindi: manette.

Al di là delle considerazioni giuridiche, che in ogni caso meriterebbero di essere affrontate seriamente, la nauseante moda di taluni malviventi di truffare gli anziani apre altre riflessioni. Innanzitutto l’esigenza di creare una rete di protezione a tutela delle fasce più deboli. Rete che esiste ed è particolarmente attenta quando si tratta di bambini - per ovvi e giustissimi motivi - ma che non sembra così efficace quando i protagonisti sono i nostri nonni.

In passato la cronaca ha raccontato di anziani che sono stati indotti a prelevare somme ingenti senza che nessuno, in banca, sentisse il dovere di comprenderne il motivo. Inoltre gli sciacalli aggrediscono sempre le loro vittime in pubblico, senza che mai ci sia qualcuno capace di rendersi conto che la scena a cui sta assistendo è l’antipasto di una truffa. Truffa che, al di là del danno economico, causa ferite profonde nell’animo delle vittime.

È come se ognuno di noi fosse talmente assorbito dalla propria bolla esistenziale da non accorgersi della realtà attorno. Un po’ come mister Magoo, il personaggio dei cartoni animati che a causa della sua miopia ignora tutto arrivando a non accorgersi dei pericoli, procediamo dritti come se attorno ogni cosa fosse invisibile e impalpabile. Invece basterebbe una domanda, un livello anche minimo di interesse verso gli altri per scongiurare la piaga delle truffa agli anziani. Proprio com’è accaduto con il pensionato a cui volevano far pagare uno specchietto che non aveva mai rotto. Giunto in banca per prelevare ha incontrato un conoscente che non si è voltato dall’altra parte. Ma ha impugnato il telefono e fatto arrestare lo sciacallo di turno. Ecco, forse più che una nuova legge basterebbe questo. Non voltarsi dall’altra parte.

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