Comune da bocciare ma città da salvare

Como, città a vocazione sempre più spiccatamente turistica e vetrina credibile per le grandi mostre. Como città universitaria, con la sede centrale di via Valleggio in dirittura d'arrivo e una sempre più numerosa comunità di studenti stranieri. Como al passo con gli standard sanitari europei e un nuovo ospedale ormai a regime. Como che investe sulla cultura e l'ambiente, con il chilometro della conoscenza e la creazione di un enorme parco urbano da Villa Olmo a Villa Sucota. Como che può contare su un nuovo autosilo centrale da oltre 500 posti, davanti al Valduce e a due passi dal centro.
Como che si interroga sull'allargamento della zona pedonale, nel solco della svolta inaugurata da Spallino negli anni '70. Como che ha avuto il coraggio di cambiare i timonieri dell'istituzione che si occupa dei nostri nonni, la Ca' d'Industria. Como che non scorda la sua dimensione di provincia e garantisce una qualità della vita - soprattutto per le famiglie - ben superiore alle realtà metropolitane. Como che sorride al sole e dimentica per un attimo lo sciagurato piano neve.
Per trovare qualcosa di buono in fondo al tunnel di questi anni bui non resta che filtrare la realtà con le lenti dell'ottimismo, come farebbe il mitico Tonino Guerra. In realtà scrivere queste poche righe comporta uno sforzo notevole, soprattutto se il termine di paragone è il bilancio dell'amministrazione Bruni che, a differenza degli altri anni, diventa il giudizio definitivo e senza appello di un fallimento totale. Un naufragio che accomuna grandi opere e piccole cose. Da una parte il cantiere del lungolago al palo da un anno e quasi del tutto inacessibile; il nuovo quartiere Ticosa rimasto nel libro dei sogni (anche se, alleluja, è partita la bonifica); le incertezze legate al futuro villaggio dello sport di Muggiò; il buco dell'autosilo Valmulini (200mila euro di perdite in un anno); le grandi promesse non mantenute del campus universitario al San Martino e del metrò leggero; lo scandalo della gestione del patrimonio comunale. Dall'altra, alla voce "piccole cose", la città groviera costellata di buche; il piano asfalti rimasto sulla carta; gli impianti di illuminazione pubblica che funzionano a singhiozzo; il piano neve che più che un piano sembra un appello al cielo perché ci faccia la grazia. E dire, come conferma un recente sondaggio della lista "Per Como" su un campione di 1.300 comaschi, che sono proprio i piccoli grandi problemi di tutti i giorni a stare a cuore ai cittadini: la manutenzione di strade e marciapiedi (77%), il verde (31%), i parcheggi (26%), l'illuminazione pubblica (14,5%). Cioè tutte le cose rimaste in fondo all'agenda dell'attuale amministrazione.
È vero che la crisi generale e il progressivo inaridimento dei trasferimenti statali non hanno certo aiutato il Comune negli ultimi anni, ma è altrettanto vero che è proprio nei momenti congiunturali difficili che si vede la caratura di chi ci amministra. Invece, purtroppo, abbiamo assistito a una serie infinita di errori e inadempienze che hanno mandato a picco l'operatività di Palazzo Cernezzi, consegnando la giunta Bruni alle pagine più buie della storia recente di Como. Un consiglio (non richiesto) a chi verrà dopo il diluvio: crei le premesse per rimontare - uno alla volta, senza strafare - i macigni ereditati sulle grandi opere. Ma, sopratutto, abbia il coraggio di ripartire dalle piccole cose: le buche, la spalatura della neve, la pulizia della città, la cura del verde e dei marciapiedi.

Emilio Frigerio

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