Paratie, la Corte d’appello assolve tutti: la lunga odissea giudiziaria legata al lungolago di Como, dal 2016 a oggi

La sentenza I giudici milanesi “cancellano” il processo per il caso paratie. Oltre alle assoluzioni per intervenuta prescrizione (di cui si sapeva) dichiarano gli imputati innocenti perché il fatto non sussiste. Innocenti l’ex sindaco Lucini e i dirigenti comunali. Qui un riassunto della vicenda

La Corte d’appello di Milano ha assolto questa mattina l’ex sindaco Mario Lucini (in carica fino al 2017) - e con lui l’ex segretario comunale Antonella Petrocelli, i dirigenti Antonio Ferro, Maria Antonietta Marciano, Pietro Gilardoni, l’ex dirigente Antonio Viola - da tutte le accuse inerenti il caso paratie.

Oggi l’esito in Corte d’appello

Oggi la quarta sezione della Corte d’Appello di Milano (presidente del collegio Giuseppe Vanore) ha assolto e prosciolto anche altri imputati in secondo grado (sette le condanne dei giudici comaschi nel 2019). E’ stata assolta “perché il fatto non sussiste», tra gli altri, Antonietta Marciano, ex capo ufficio legale del Comune di Como e difesa dall’avvocato Davide Steccanella, che in primo grado era stata condannata per falso e già assolta dalla presunta turbativa. Due sole le condanne comminate dai giudici: a Pietro Gilardoni (ex direttore dei lavori delle paratie) e all’imprenditore Antonio Foti, ma con la rideterminazione della pena in 6 mesi, sospesa.

Tra l’altro, Gilardoni (4 anni per lui in primo grado), con un altro imputato, Antonio Viola, è stato assolto da un’imputazione di corruzione «perché il fatto non sussiste». Nei confronti di Gilardoni e Viola sono state anche revocate confische decise dal Tribunale di Como quasi quattro anni fa.

Per Viola e Marciano anche revocate le «statuizioni civili» a cui erano stati condannati in favore del Comune di Como, parte civile. Già in primo grado i giudici avevano decretato assoluzioni per gran parte dei 23 capi d’imputazione.

“Finalmente è stata fatta giustizia», ha commentato l’avvocato Steccanella.

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Il riassunto della vicenda

Una storia infinita per il cantiere che è passato alla memoria dei comaschi proprio così: il cantiere infinito. Avviato nel lontano 2008 e portato direttamente nelle aule dibattimentali del palazzo di giustizia.

L’idea, nel 1995, l’approvazione del progetto, 2004, e l’appalto a Saicam

Il cantiere era legato, alla sua origine, a un progetto per la realizzazione di paratie mirate a difendere la città dalle esondazioni del Lario, ma quello stesso cantiere aveva finito per deturpare uno dei laghi più belli del mondo, imprigionandolo per anni e rendendolo sostanzialmente invisibile ai cittadini e ai turisti. I lavori sono partiti, sono stati bloccati, poi ripartiti e di nuovo fermati in un valzer davvero poco armonico che era finito al centro di una lunga vicenda giudiziaria, una vera e propria odissea.

La prima data da tenere a mente in questo infinito caso è il 1995, anno in cui per la prima volta venne approvato il progetto dalla giunta di Como sebbene solo nel 2004 fosse stata realizzata la prima gara per appaltare i lavori. Fallito il primo tentativo, con un secondo i lavori sul lungolago erano stati assegnati a un’impresa veneziana, Sacaim che era stata peraltro già coinvolta in un altro scandalo legato all’edilizia, quello del Mose. Nonostante questo all’azienda venne affidato un appalto del valore di 15 milioni di euro.

L’inizio dei lavori nel 2008

I cantieri aprirono ufficialmente l’8 gennaio 2008 e secondo le promesse inizialmente avanzate alla città sarebbero dovuti durare poco più di tre anni. Un sogno mai realizzato.

Nel 2009 addirittura sul lungo lago era stato eretto, all’interno del cantiere paratie, quello che viene ricordato come “il muro”: una barriera di cemento alta due metri che nascondeva completamente il Lario alla vista. Partì allora l’indagine (poi archiviata) per abusi edilizi e reati ambientali che portò alle dimissioni dell’allora assessore ai Lavori pubblici Fulvio Caradonna, appartenente alla giunta di centrodestra capeggiata dal sindaco Stefano Bruni. Il muro venne rimosso nel 2010, ma l’odissea del lungo lago comasco era ancora ben lontana dall’approdo conclusivo.

La giunta Lucini e l’intervento di Maroni: 2012-2013

Con l’elezione di Mario Lucini e un cambio di giunta, con orientamento politico di centrosinistra, i lavori erano stati bloccati nel 2012 a favore di un progetto alternativo, da lì però non sarebbero più ripartiti. Di qui l’intervento nel 2013 di Regione Lombardia e dell’allora presidente Roberto Maroni, che si mosse per una chiusura celere dei lavori, mettendo in campo finanziamenti per un valore totale di 11,5 milioni di euro.

Ma nel 2016 il marasma del lungolago comasco cattura l’attenzione dell’Anac: l’Autorità Nazionale Anticorruzione segnalò “scostamenti dalle regole del codice dei contratti pubblici, carente conduzione tecnica e amministrativa dell’esecuzione del contratto, oltre ad errori in parte già riferibili al progetto originario” oltre a “l’inopportunità della più recente nomina del direttore dei lavori” che aveva in precedenza lavorato proprio con Sacaim. Dall’Anac la questione era arrivata sui tavoli della Corte dei Conti oltre che della Procura: e da qui scattarono le indagini che hanno portato al processo, alla sentenza di primo grado e poi al ricorso in corte d’Appello a Milano conclusosi con la sentenza resa nota oggi.

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