Smart working, sono scadute le agevolazioni per il lavoro da remoto

Attualità Le agevolazioni per alcune categorie erano state introdotte nel settore privato durante la pandemia. Il lavoro da remoto però è fondamentale, soprattutto per i pendolari: il focus nella nostra video inchiesta

I dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di 14 anni e i lavoratori considerati “fragili”, perché più esposti al rischio di ammalarsi di Covid erano le due categorie di lavoratori che, fino al 31 marzo 2023, ovvero ieri, erano agevolate in ambito professionale da maggio 2020. Le agevolazioni che permettevano a questi lavoratori di usufruire dello “smart working” garantito dalla legge erano state introdotte durante la pandemia dal decreto “Rilancio”, contenente una serie di misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, oltre alle politiche sociali connesse all’emergenza data dalla diffusione del Covid.

Con la fine delle festività pasquali e l’inizio del mese di aprile 2024 però le norme contenute in quel primo decreto e più volte prorogate non sono state rinnovate: da domani, quindi, a meno che il loro datore di lavoro non conceda altri mesi di lavoro da remoto, anche le categorie interessate dalle agevolazioni dovranno fare ritorno in ufficio o comunque dovranno tornare a lavorare in presenza. Non è escluso che numerose aziende scelgano però di introdurre nuove regole interne agli ambienti di lavoro per garantire ai loro dipendenti più fragili o con particolari esigenze di continuare a usufruire dello smart working, come peraltro accade sempre più di frequente anche per categorie di lavorati che non presentano fragilità o problematiche.

I dati emersi dalla ricerca del Politecnico

Un’ipotesi che trova sponda nei dati sullo smart working in Italia: il lavoro da remoto, introdotto per necessità nel corso della pandemia, è diventato per molte aziende un modus operandi regolare. E in continua crescita. Una ricerca realizzata dall’Osservatorio smart working della School of management del Politecnico di Milano rivela infatti che nel corso dello scorso anno, il 2023, i lavoratori da remoto sono aumentati, soprattutto nelle grandi imprese. Nel 2023 i lavoratori da remoto nel nostro Paese erano 3,585 milioni, in leggera crescita rispetto ai 3,570 milioni del 2022, ma ben il 541% in più rispetto al pre-Covid. E secondo le ricerche effettuate dal Politecnico, nel 2024 si stima che i lavoratori da remoto arriveranno a quota 3,65 milioni.

Nelle aziende di grandi dimensioni i dipendenti che godono della possibilità di fare smart working sono uno su due: 1,88 milioni di persone in tutto il Paese. Nelle piccole e medie imprese sono meno, attestandosi su 570mila lavoratori, ovvero il 10%, mentre nelle micro imprese non raggiungono nemmeno il 10% del totale, superato invece dai dipendenti pubblici: sono 515mila, ovvero il 16%, quelli che lavorano da remoto nelle Pubbliche amministrazioni.

Da domani sarà quindi meno facile lavorare da casa, con il ritorno alle vecchie norme. Ma le possibilità offerte dal lavoro da remoto (conciliazione dei tempi della famiglia, minor inquinamento e congestione delle città) hanno lasciato il segno e ora si ipotizza un’evoluzione di questo strumento. Inizia giovedì, in Parlamento, la discussione sulla settimana corta, in sede referente in Commissione Lavoro della Camera, con l’avvio dell’esame della proposta di legge delle opposizioni.

Prestazione e risultati sono ciò che conta

«Alla prima fase di scetticismo, è seguita una fase di ottimismo eccessivo, che ha per certi aspetti sottovalutato la necessità di coniugare lo smart working con lo ’stile organizzativò delle imprese», sottolinea Francesco Rotondi, consigliere del Cnel. «Il punto di partenza - prosegue - per una analisi matura dello smart working dovrebbe essere il ripensamento del modus operandi della subordinazione, che sempre più deve tendere a rinsaldare il legame tra il modo di rendere la prestazione e i risultati attesi dall’imprenditore. Questo collegamento è insito nella stessa natura dello smart working, come lavoro non misurabile in base al solo tempo della prestazione, con sottoposizione a controlli sul luogo di lavoro, ma anche e soprattutto in base ai risultati prodotti».

Lavoro da remoto e viaggi in treno: lo smart working nella nostra video inchiesta

Dell’impatto dello smart working sulla vita quotidiana parlano spesso anche i pendolari che ogni giorno si spostano dal luogo di residenza al luogo di lavoro. All’interno della video inchiesta “Viaggi della speranza”, una serie che trovate in evidenza sull’homepage del nostro sito, diversi pendolari comaschi ci hanno raccontato come il lavoro da remoto acquisti un valore aggiunto anche alla luce dei frequenti disagi che chi viaggia sul treno è costretto a subire, permettendo così, almeno per qualche giorno alla settimana, di non doversi spostare fino al luogo di lavoro con il rischio di perdere tempo prezioso per la vita privata o lavorativa a causa dei ritardi e delle cancellazioni delle corse.

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