Il mostruoso e infantile
dispetto alla madre

Mario Bressi ha portato il suo segreto con sé, precipitando dai 96 metri del ponte della Vittoria che unisce Maggio a Cremeno, dopo aver soffocato i suoi due gemelli Diego ed Elena, di dodici anni, che lo seguivano ovunque, in lunghe e impegnative escursioni in montagna. Un sms per avvertire la moglie nella notte, il piano ruminato chissà da quanto tempo per devastare la sua famiglia, e il gesto ultimo di autodistruzione, il volo da un ponte che, ironia della sorte, fu costruito per celebrare la vittoria italiana nella Grande Guerra.

Non ha vinto, Mario Bressi, chi uccide è sempre perdente, ma l’orrore che covava nella sua mente non avrà mai un nome, una spiegazione precisa, un chiaro perché. Il perché non c’è, nessuno può leggere fino in fondo nella mente di un uomo, resta l’uccisione di due bambini felici, che adoravano il padre, come mostrano innumerevoli fotografie postate nella pagina Facebook del loro genitore.

Gite in Alta Val Badia, arrampicate, pedalate in mountain bike, nuotate al lago e al mare, tanto sport e tanto sole nelle immagini della famiglia Bressi divisa a metà, perché la madre di Diego ed Elena non vi compare mai, cancellata, dimenticata per strada, già condannata a soffrire per il resto dei suoi giorni.

«… e sono già 11!!! Auguri cuccioli», si legge il 12 febbraio 2019, con ben 17 fotografie postate dei due gemelli perfetti escursionisti, bardati di tutto punto e sorridenti, con lo sfondo di alte cime, ghiacciai o spiagge incontaminate. Mario Bressi creava per loro il paradiso in terra, li amava di un sentimento eccessivo, totalizzante, voleva essere il loro unico riferimento, la guida, in montagna come nella vita.

Dai post viene fuori un uomo appassionato di ogni sport, perfino del curling, calciatore dilettante con le vecchie glorie del San Carlo, tifoso dell’Arsenal e della Juventus, motore dei Pulcini della Cambiaghese, fan dei cantautori, da Guccini -nel 2014 era andato in pellegrinaggio a Pavana- a Van De Sfroos, ai Sulutumana e ai Baustelle, timoroso che i social network potessero attentare alla nostra salute mentale, firmatario della petizione per destinare i 20 miliardi, stanziati dal Governo per salvare il Monte dei Paschi di Siena, ai terremotati d’Italia. Perfino “osservante” l’8 marzo, con un post dedicato alla Festa della Donna, con tanto di citazione colta dello scrittore argentino Julio Cortázar.

Poi tanta, troppa montagna, in ogni mese dell’anno, con i bambini felici e sorridenti, sui prati e sulla neve, e Mario lì con loro, sempre, un filo di barba e gli occhiali dalla montatura rettangolare, da persona seria che si diverte il giusto, all’aria aperta e poi una bella cena con gli amici in una baita in quota.

Eppure il corto circuito, nella mente di quest’uomo normale, con le passioni di un uomo normale, la famiglia, il lavoro, i figli, l’impegno sociale, è scattato implacabile, una notte di giugno a Margno, nella casa di vacanza, il rifugio al piede delle montagne amate e conosciute sasso per sasso. Mario lo sportivo, il padre premuroso, l’uomo che teneva in sala la maglia di Llorente e fotografava i suoi figli a Caprera, seduti accanto alla statua di Garibaldi, è diventato assassino e suicida nello spazio di una notte, senza ripensamenti, con impressionante freddezza, scegliendo forse per Elena e Diego una morte mostruosamente “dolce”, uccidendoli senza armi, nel sonno. Paradossalmente, non avrebbe mai potuto far loro del male.

«Con i miei ragazzi sempre insieme», ha postato nella notte, bambino con i suoi bambini, non poteva follemente permettere che un’altra persona, che pure aveva amato, interferisse con quel mondo perfetto, da favola, pieno di sorrisi e montagne incontaminate, di sogni a occhi aperti da godere insieme, ogni momento dell’anno.

Perciò, quello che Mario ha fatto a sua moglie somiglia a un infantile, mostruoso dispetto.

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