Africa, le guerre dimenticate
Incontro con Leone Grotti, inviato speciale di Tempi

Africa, le guerre dimenticate - Incontro con Leone Grotti, inviato speciale di Tempi
Tutti i giorni – giustamente – sono in primo piano, all’attenzione di giornali e notiziari, le drammatiche situazioni in Ucraina e Medio Oriente; tuttavia, non meno grave e allarmante, seppure meno conosciuta, è la realtà variegata e complessa del continente africano, dove si stanno svolgendo nel quasi completo silenzio mediatico numerosi devastanti conflitti.
La città di Khartoum in Sudan, ad esempio, era una città di 8 milioni di abitanti con tutte le infrastrutture e i servizi di una capitale moderna, mentre oggi è praticamente distrutta. Dal 2023, infatti, è riesploso il conflitto tra l’esercito regolare e le milizie Rsf (Rapid support forces), che ha provocato la distruzione di numerosi villaggi e migliaia di morti, con il conseguente esodo di ben 14,3 milioni di rifugiati, oltre a una carestia che ha le proporzioni di una crisi umanitaria, soprattutto nella regione del Darfur. Non meno drammatica è la situazione in Sud Sudan, dove si dirige la grande maggioranza degli sfollati dal nord del Paese, mentre contemporaneamente vengono bombardati tramite droni ospedali, mercati e quartieri residenziali.
Bisogna, poi, ricordare i territori sub-sahariani (Mali, Niger), che sono di fatto diventati il nuovo centro nevralgico della lotta jihadista, come anche la fragile pace firmata appena lo scorso giugno fra Repubblica democratica del Congo e Ruanda.
Un altro tragico capitolo delle tragedie che affliggono il grande e ricco continente africano è la realtà della Nigeria, paese che si trova in testa alle classifiche delle persecuzioni contri i cristiani. Centinaia di persone – laici, religiosi/e e sacerdoti – sono stati uccisi a causa della loro fede, tanto che il vescovo di Makurdi, Monsignor Wilfred Anagbe, parla apertamente di genocidio (si calcolano 7000 vittime già solo dall’inizio del 2025) e di «una strategia di islamizzazione del Paese in corso da anni», sia attraverso la violenza, sia in modi più silenziosi, ma altrettanto efficaci, come cambiare il nome dei villaggi, imponendo quello arabo, oppure obbligare tutte le scuole a chiudere durante il Ramadan.
Un incontro organizzato dal Centro culturale Paolo VI, con il patrocinio del Comune di San Fermo della Battaglia.